Quando la prima cosa che ti viene in mente di scrivere riguardo ad un libro come “La vita altrove” (La nuova Frontiera, 2023) di Guadalupe Nettel è di razionarne la lettura, altrimenti si rischia di divorarlo in una mattinata, capisci di essere di fronte ad un testo unico nel suo genere. Infatti, il vero problema della raccolta della scrittrice messicana è che finisce troppo in fretta: solo otto racconti per un totale di 160 pagine. Una costante dell’autrice messicana, che non propone un numero più alto di storie, ma costruisce le poche scelte con drammatica precisione.

A Verona dopo la presenza al Festivaletteratura

Guadalupe Nettel è nata a Città del Messico nel 1973 ed è considerata una delle scrittrici latinoamericane più importanti dei nostri giorni. Nella sua carriera ha scritto opere sia in spagnolo che in inglese, ed è stata tradotta in più di 17 lingue.

In particolare, in Italia sono state pubblicate sempre da La Nuova Frontiera le sue due raccolte di racconti precedenti: “Bestiario Sentimentale” (2018) e “Petali e altri racconti scomodi” (2019), e i suoi due romanzi: “La figlia unica” (2020) e “Il corpo in cui sono nata” (2022). Vincitrice di numerosi premi letterari, è stata quest’anno insignita nel premio El Grand Balam per il triennio 2024-2026.

Recentemente ospite del Festivaletteratura di Mantova, è approdata lunedì 11 Settembre alla Feltrinelli di via Quattro Spade di Verona per presentare in anteprima il suo nuovo libro “La vita altrove” nella conversazione in spagnolo con Susana Benavente Ferrera, collaboratrice ed esperta linguistica presso il Centro linguistico di ateneo dell’università di Verona.

Al centro, la scrittrice Guadalupe Nettel durante l’incontro alla libreria Feltrinelli. Foto Sara Begali.

L’amore per la forma del racconto

Citando fin da subito la sua raccolta precedente di cinque racconti “Bestiario Sentimentale” (in originale “El matrimonio de los peces rojos”), la scrittrice ha ammesso di prediligere questo genere.

«Non mi pesa essere inserita nella lunga lista di scrittori dell’America Latina e della Spagna, sento anzi di appartenere a questa tradizione e vivo questa cosa giocosamente. Credo che dei tre generi che pratico il racconto sia quello in cui mi sento più comoda, ma mi piacciono molto anche il romanzo e il saggio. È certo però che nel racconto si può essere più perfezionisti che nel romanzo. Mi piace correggere e ritornare sui miei passi più e più volte».

Non per niente la moderatrice ha paragonato i racconti della Nettel a delle miniature medievali perfette nella loro minuziosità, cosa che la scrittrice ha confermato. «Sì, sento che i miei racconti sono come dei romanzi in miniatura».

Delle miniature che si potrebbero tuttavia definire non solo naturali, ma anche fantastiche. Tipico di una scrittrice a cui piace giocare sul filo del surrealismo e il cui linguaggio, all’apparenza estremante semplice, può esprimere concetti e immagini molto complicati, alla stregua della poesia che la Nettel afferma ti amare molto, ma precisa ironicamente che non sarebbe in grado di scrivere, poiché «non sono stata toccata dalla musa della poesia».

La metafora senza tempo dell’albatros

Un aneddoto divertente riguarda il titolo scelto per questa nuova uscita, in originale “Los divagantes”. Sia il titolo spagnolo che “La vita altrove” in italiano fanno riferimento a due racconti inclusi nella raccolta, ma il primo è stato tradotto come “Albatros vaganti”, animale molto caro all’autrice e alla letteratura in generale, basti pensare a “L’Albatros” di Charles Baudelaire.

«L’albatros è un animale per me e altri scrittori molto particolare, metafora del poeta, poiché incarna un’eleganza, una delicatezza, una maestosità nelle grandi altezze. Vola con grande maestria ma quando tocca terra si trasforma nell’essere più goffo del mondo: non riesce a camminare, inciampa continuamente. È in sostanza l’idea del poeta stesso, che può toccare mondi eterei, fare con la mente e l’immaginazione cose sublimi, però nel quotidiano non è in grado di fare nulla».

Cita poi il grande scrittore argentino Jorge Luis Borges, perché aveva una cultura smisurata ed era in grado di scrivere cose incredibili, «ma non sapeva allacciarsi le scarpe. Bisognava addirittura aiutarlo a vestirsi».

La vita altrove è un vagare fuori rotta

La copertina di La vita altrove di Guadalupe Nettel, edito da La nuova frontiera, 2023.

Questi animali coprono volando distanze lunghissime, sfruttando correnti e rotte fisse. Nel racconto in questione gli albatros però sono divagantes: si perdono o escono da queste rotte di vita prestabilite, errando senza tornare mai nel loro luogo d’origine. Secondo l’editore della scrittrice messicana questo termine in italiano per gli albatros non esiste, ed è quindi stato scelto un altro titolo, diverso da quello in spagnolo.

La vita altrove” riassume tuttavia il tema ricorrente in tutti i racconti di questo nuovo libro, poiché tutti i suoi protagonisti escono da quell’utopia che era stata pianificata per loro cambiando completamente rotta, non sempre per decisione consapevole, ma spesso per caso; “La vida en otro lugar” è il punto di arrivo per tutti loro.

La natura come specchio senza filtri

In effetti in tutte le raccolte di Guadalupe Nettel il mondo animale, o in maniera più completa quello naturale, sono protagonisti. In “Bestiario sentimentale” il rapporto con un animale domestico rivela una grande profondità e rispecchia la vita che conduciamo, e ugualmente emerge che pure l’umano ha comportamenti dettati dalla biologia.

Di più: in confronto agli animali, noi viviamo in gabbie emotive da cui non siamo in grado di uscire.

Così in “La vita altrove” si parla molto della ferocia all’interno della famiglia. Ne sono un esempio il racconto in cui una famiglia rinchiusa in casa decide di mettersi a dormire per periodi sempre più lunghi, perché sognare è preferibile alla vita che attende loro là fuori.

Oppure in “L’Araucaria” la malattia di un albero millenario genera una riflessione sulle radici profonde che non collegano soltanto le piante, ma anche parenti di per sé lontanissimi nel globo, pur appartenendo allo stesso tronco famigliare.

Nella cultura messicana, afferma infatti l’autrice, non c’è una vera divisione tra Natura e Uomo, in una sorta di panismo che noi potremmo definire dannunziano. Molto c’è da dire nella scrittura di Nettel sul ruolo rivestito dalla natura nei suoi racconti. Al lettore il piacere di scoprirlo.

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