Se la definizione e il significato di “filosofia” e “narrazione” sono di dominio comune, la formula “filosofia della narrazione” spinge la maggior parte di noi ad un personale tentativo di interpretazione e deduzione di senso. Allo stesso modo, la definizione di “medicina narrativa” suona ai più quasi come un ossimoro.

La parola “biblioterapia” ci avvicina maggiormente, invece, a quest’ambito perlopiù sconosciuto, prestando una deduzione etimologica più intuibile. Ci introduce a queste discipline emergenti Irene Monge, filosofa della narrazione e counselor educativa, spiegandoci come tali parole interagiscano tra loro, e possano essere una risorsa di benessere personale.

Raccontare come arte socratica

«La filosofia della narrazione è un metodo che è partito dai miei studi. Durante il periodo universitario mi sono avvicinata alla medicina narrativa e ho preso un diploma di biblioterapia – afferma Monge -. Ho cercato un ambito che potesse esprimere le mie due competenze principali, traendone una vera e propria pratica quotidiana e persino un lavoro. Nella filosofia della narrazione il metodo socratico-filosofico e dell’arte maieutica si incontra con un approccio narrativo. Il mio ruolo è quindi di facilitatrice, attraverso il mondo della narrazione posso stimolare gli altri a tirar fuori ciò che hanno già dentro.»

Irene Monge prepara un incontro di biblioterapia.

Dopo una formazione accademica in ambito comunicativo e filosofico, Irene Monge si è specializzata in medicina narrativa e biblioterapia, oltre che essere formata in letteratura per l’infanzia e adolescenza e in play therapy. Attualmente lavora come filosofa della narrazione in una struttura, convenzionata con l’Unità operativa di Malattie metaboliche ereditarie di Pediatria all’ospedale di Borgo Trento a Verona.

Leggere fa bene

Inoltre, Monge è docente a contratto presso il master di primo livello di Biblioterapia all’università di Verona e propone privatamente itinerari di fioritura personale e progettazione educativa, per una cura rivolta a tutte le fasi educative della vita, bambino, adulto, anziano.

“Leggere tutti: io, tu, noi. Percorso di promozione alla lettura condivisa” è il titolo di una serie di incontri recentemente tenuti alla Biblioteca civica, una formazione di lettori volontari in cui la distinzione fondamentale è tra il piacere della lettura e la promozione del benessere attraverso la lettura.

«Il mio lavoro non è identificare e saper consigliare la lettura perfetta per una determinata situazione personale. Ogni libro può essere buono per un percorso di biblioterapia, perché ogni libro ha una sfumatura di emozioni infinita». Di fatto, il lavoro di Monge riguarda una lettura più profonda del sé grazie all’ausilio della filosofia della narrazione per approcciare il testo.

La cura passa anche dai libri

Inevitabilmente, nel proporre le proprie conoscenze e il proprio lavoro, Irene Monge ha incontrato una certa perplessità da parte dei contesti cui si è rivolta: inserirsi in un ambiente spesso ‘tradizionalista’ come quello ospedaliero ha suscitato nel personale interrogativi su cosa ci facesse una filosofa in ospedale.

Foto di cottonbro studio, Pexels

Oppure è anche capitato di essere scambiata più volte per una segretaria. «Con il tempo i medici e il personale sanitario hanno toccato con mano quanto il mio lavoro potesse integrare il loro e il benessere dei pazienti, rendendosi conto che non fossi così fuori luogo», sottolinea Monge.

Si tratta quindi di costruire un’alleanza terapeutica tra il lavoro strettamente sanitario e la parte di approfondimento del sé e del reale. In questo, sostiene Monge, sembra aver contribuito anche la crisi sanitaria e sociale del Covid-19, che «ha nuovamente evidenziato l’urgente e delicata relazione che c’è tra vulnerabilità fisica da parte del paziente e quella vulnerabilità interiore, in quanto persona».

“Con ali di carta” per far sentire la propria voce

La capacità dell’arte – e non solo la scrittura – di favorire l’ascolto e di dare espressione a sé stessi ha dato il via a un concorso, “Con ali di carta“, alla sua prima edizione, dedicato a bambini/e e ragazzi/e dai 3 ai 18 anni. Tre le categorie: colibrì (3-6 anni), pettirossi (7-12 anni) e gabbiani (13-18 anni), cui possono aderire tutti coloro che frequentano l’ospedale della Donna e del bambino a Borgo Trento, ma anche i loro amici che desiderino mettersi in gioco sul tema “Super eroi e Anti eroi”. Si può partecipare con racconti, poesie e anche graphic novel: la scadenza è fissata al 26 febbraio, con premiazione il 1 aprile 2023 (qui le informazioni e il regolamento, ndr). Ideato in collaborazione con l’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, il concorso è patrocinato dalla libreria Il Minotauro e dalla Sima, Società italiana di medicina dell’adolescenza.

La biblioterapia, un modo per fiorire

Monge è la prima in Italia ad avere un contratto lavorativo come biblioterapista, fatto che attesta quanto questa figura sia ancora poco riconosciuta e accreditata come risorsa sociale. «Anche la terminologia allontana o spaventa spesso le persone. Il fatto che nella definizione ci sia la parola “terapia” può creare dei timori negli adulti – spiega Irene. – In questo senso, il primo incontro conoscitivo è essenziale perché chiarisce quali siano le competenze, le modalità e le intenzioni dei percorsi proposti. La letteratura è tante cose e le persone che mi si rivolgono devono aver ben chiaro che non sto proponendo un corso o un gruppo di lettura, ma un percorso per sé stessi e per utilizzare i libri e la narrazione in un modo che scoprono nuovo e diverso».

Irene Monge con un piccolo lettore.

È fondamentale con gli adulti trovare il canale giusto per aiutarli ad aprirsi ad una possibile fioritura personale attraverso la lettura. Al contrario, lavorare con l’età infantile differisce nel fatto che «il bambino ha bisogno di pochissimi stimoli rispetto all’adulto, perché ha il suo mondo ancora in costruzione e quindi è il primo a porsi domande di senso per necessità – chiarisce la biblioterapista -. In questo senso la filosofia della narrazione lo aiuta perché lo stimola ulteriormente e lo mantiene in allenamento.»

Così, i libri che leggiamo, e che spesso sono contenitori delle vite degli altri, possono assumere un significato altro, rispetto ad essere “solo” occasione di evasione. Diventare un modo per tornare a noi stessi.

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