I Serbi, in maggioranza nel Kosovo settentrionale, nei giorni scorsi volevano impedire l’insediamento dei sindaci albanesi eletti dalla minoranza albanese a causa del boicottaggio dei serbi. Kosovo-Serbia e le ferite ancora aperte.

Per il Cardinale e Segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin i Balcani “hanno bisogno di investire nella cultura dell’incontro”.  Il delegato del Papa in Slovenia, all’incontro interreligioso in corso il 17 e il 18 giugno a Capodistria sul dialogo e la pace nei Balcani, sottolinea la vicinanza della Santa Sede ai popoli della regione, appoggiando l’aspirazione dei Paesi dei Balcani occidentali ad un’integrazione nell’Unione Europea, per “alleviare il senso di abbandono” e “per un futuro di crescita e prosperità”.

Pietro Parolin

Papa Francesco immagina l’Europa come un “cammino di fraternità”, un “baluardo di pace” fatto di Stati “che non si sono uniti per imposizione ma per libera scelta del bene comune, rinunciano per sempre alla prospettiva del confronto” e sogna un’Europa così anche per tutti i Paesi della regione balcanica, “che ha molto cari” avendoli visitati più volte.

Parolin ribadisce la vicinanza del Papa e della Santa Sede nel suo intervento al Forum sul dialogo e la pace nei Balcani che si è tenuto il 17 al 18 giugno, a Capodistria, in Slovenia. Un incontro interreligioso dal titolo “Pace a te, Europa! Pace a te, Balcani!” promosso dalla Conferenza episcopale slovena, al quale partecipano rappresentanti di alto livello del cristianesimo, con esponenti cattolici, ortodossi e luterani, islam ed ebraismo, da 15 Paesi della penisola balcanica e della vicina penisola dell’Asia Minore.

I Balcani, “polveriera” ma anche esempio di coesistenza pacifica

Nel suo intervento all’incontro di apertura, la mattina di sabato 17 nella sala protocollo di San Francesco d’Assisi, come delegato speciale del Papa, dopo aver ringraziato per l’invito monsignor Petar Štumpf, vescovo di Murska Sobota e vicepresidente della conferenza episcopale slovena, il cardinale Parolin sottolinea che è significativo “che questo Forum sia organizzato in Slovenia, che, pur non facendo parte geograficamente della regione balcanica”, rimane così comunque fedele “alla sua vocazione di crocevia di popoli e di ponte tra mondi e culture diverse”.

E aggiunge che nel mondo di oggi, “dilaniato da guerre come quella in Ucraina e da altri conflitti, è fondamentale discutere di pace e dialogo”. Ed è ancora più appropriato farlo in relazione alla regione balcanica, che a volte è stata definita la “polveriera d’Europa”, ma è anche stata testimone “di straordinari esempi di coesistenza pacifica tra persone di etnie, culture e religioni diverse nel corso dei secoli”.

In Europa la data del 24 marzo coincide con il tragico ricordo dell’avvio dei bombardamenti compiuti nel 1999 sulle città di Belgrado in Serbia e di Pristina in Kosovo da parte di aerei NATO decollati da aeroporti italiani.  Il conflitto in Jugoslavia fu la prima vera guerra in Europa dopo il 1945, pertanto quel fatidico 24 marzo 1999 segnò l’inizio di una delle pagine più buie della storia recente dell’Europa.

Quel giorno, verso le ore 16, la Forze Alleate (Allied Force) della Nato – costituita da Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Canada, Spagna, Portogallo, Danimarca, Norvegia, Turchia, Paesi Bassi e Belgio – avviò la sua operazione contro la Repubblica Federale di Jugoslavia di Slobodan Milosevic, consistita in una intensa campagna di attacchi aerei a fine strategico durata oltre due mesi, fino al 10 giugno, evitando scrupolosamente l’opzione dell’attacco terrestre. 

Nel 1999 il governo presieduto da Massimo D’Alema autorizzò l’uso dello spazio aereo italiano per la guerra della Nato contro la Serbia di Milosevic, scoppiata per la crisi in Kosovo. Anche i nostri aerei andarono a bombardare. D’Alema ha affermato: “La nostra preoccupazione fu di fare la guerra con gli Alleati, ma anche creare i presupposti per un accordo – rivendica il presidente della Fondazione Italiani europei. – I primi a entrare a Pristina furono i soldati russi che facevano parte del contingente internazionale ONU con l’obiettivo primario di garantire i diritti umani nel Kosovo.

L’intervento armato, che ha fatto seguito ad un’intensa azione diplomatica alla quale l’Italia ha partecipato attivamente, si è rivelato necessario e inevitabile per porre fine alla persecuzione della popolazione del Kosovo e per consentire la ripresa del negoziato, fallito per responsabilità di Milosevic .”

La Grande Serbia

La pulizia etnica nei Balcani venne attuata durante la guerra scoppiata tra i Paesi che componevano la Jugoslavia federale (Serbia, Croazia, Slovenia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Macedonia). Violenze e tensioni politiche insanguinarono l’area tra il 1990 e il 1999. In questo l’occasione storica per realizzare il progetto di una Grande Serbia giunse con la disgregazione della ex Jugoslavia, con una crisi nata dopo la morte del maresciallo Tito nel 1980 e precipitata nel 1990-91, con la proclamazione di indipendenza delle repubbliche di Slovenia e Croazia. In quel quadro si sviluppò anche il genocidio di Srebrenica, città della Bosnia-Erzegovina, l’11 luglio 1995.

Nei Paesi occidentali si ha la tendenza a considerare i Balcani come parte di un mondo primitivo, lontano dalla nostra cultura. Forse è proprio questo il motivo per cui quell’orribile conflitto è stato quasi cancellato dalla memoria pubblica: la Bosnia-Herzegovina, la Jugoslavia, i Balcani nel loro complesso sembrano distanti dal nostro mondo, ma in realtà sono più vicini di quanto crediamo. Non è poi così difficile manipolare le opinioni delle persone in nome del nazionalismo e della religione, creando violenza e pregiudizi, e sarebbe bene che anche in questo caso la Memoria non si perdesse mai.

La fine della Jugoslavia ha tante date simboliche, ma una è più simbolica di tutte le altre. Perché il 4 febbraio del 2003, 20 anni fa, la Jugoslavia scomparì proprio come nome: la Repubblica Federale di Jugoslavia venne infatti ribattezzata Unione Statale di Serbia e Montenegro, chiudendo per sempre un’epoca. E aprendone un’altra, quella della cosiddetta Jugonostalgia, un movimento culturale, ma soprattutto un sentimento, che di quell’esperienza ricorda solo il buono.

© RIPRODUZIONE RISERVATA