Un salto indietro nella storia recente per voce sola. Lo spettacolo di questa sera, Ramy Essam – The voice of revolution, al Teatro Camploy per Babilonia Teatri con la direzione di scena di Luca Scotton, produzione di Teatro Metastasio di Prato e coproduzione del Festival delle Colline torinesi, riverbera il canto di denuncia nato il 25 gennaio 2011, data d’inizio della rivoluzione egiziana.

A far scoppiare la rivolta l’uccisione da parte di due poliziotti di Khaled Said, oggetto di una perquisizione all’interno di un internet café nel quartiere di Sidigaber. Forse la sua “colpa” è stata l’aver caricato su Youtube un video ripreso segretamente col cellulare, in cui si vedono due poliziotti egiziani trafficare con uno spacciatore. Gli uomini in borghese che lo arrestano lo portano in caserma e lì sarà torturato e ucciso. Il corpo massacrato, al punto da sfigurarne il volto, verrà poi abbandonato in mezzo a una strada. È il 6 giugno 2010: l’accusa delle forze dell’ordine è di resistenza e possesso di armi, renitenza alla leva, spaccio di droga, sospettato di terrorismo.

Siamo tutti Khaled Said

Ramy Essam nella foto di Eleonora Cavallo.

Un giovane uomo, ventotto anni, di famiglia benestante, impiegato in un’azienda di import-export, aveva studiato programmazione negli Stati Uniti, suonava e componeva musica. Grazie alla foto che il fratello riesce a scattargli all’obitorio, in pochi giorni quel viso sfigurato arriva ai milioni di utenti Facebook in Egitto, grazie alla pagina “We are all Khaled Said”.

A gennaio, pochi mesi dopo il fatto e a seguito di proteste di singoli che si appiccano fuoco, il 25 gennaio vede scendere in piazza al Cairo più di 25mila persone che chiedono riforme politiche e sociali, ispirati dalla rivoluzione del gelsomino scoppiata in Tunisia. La manifestazione diventa scontro aperto con la polizia, quattro le vittime rimaste a terra per i tumulti, tra cui un poliziotto.

Pochi giorni dopo, viene destituito il presidente Hosni Mubarak.

Ramy Essam, voce della rivoluzione

In quel giorno, che ha dato il via alla “rivoluzione del Nilo”, era presente anche Ramy Essam, a cantare per tutti i Khalid Said che come lui, prima o dopo, hanno subito la stessa sorte. Da allora, Ramy non ha mai smesso di cantare contro i regimi che si sono susseguiti in Egitto: in esilio dal 2014, non può tornare nel suo Paese natale dato che sulla sua testa pende un mandato di cattura per terrorismo.

Nel mirino delle istituzioni egiziane, Ramy pubblica sui social canzoni che raggiungono anche i 10 milioni di visualizzazioni. Voce della rivolta, della sete di giustizia, con la sua arte tiene vive le domande di un popolo che vuole vedere riconosciuti i propri diritti.

Domande e diritti calpestati

Sul palco del Camploy dalle ore 20.45 Ramy canterà tante domande: cosa significano Stato, giustizia, potere, polizia, processo, legalità, carcere, tortura, opinione pubblica, giornalismo e libertà di informazione.  

Grazia, poesia, nostalgia, rabbia sono gli ingredienti della sua arte in musica, canto di un uomo condannato all’esilio, i cui diritti inviolabili sono invece calpestati. E nel suo percorso possiamo riconoscere le nostre stesse domande, da cittadini che vogliono continuare a vivere in uno Stato di diritto.  

A recensire lo spettacolo, i nostri Spettatori Attivi, domani su Heraldo con le loro pillole.

Ramy Essam durante lo spettacolo The voice of revolution, in scena al Teatro Camploy per Babilonia Teatri.

©RIPRODUZIONE RISERVATA