Lunedì scorso 15 aprile, su molti giornali di tutto il mondo sono apparse le foto di un parlamentare che colpisce con un pugno in faccia il suo collega che parla dalla tribuna. Uno scontro scoppiato all’interno del Parlamento della Georgia – un paese ex- sovietico al confine con la Russia -, che ha ottenuto lo status di paese candidato a entrare nell’Unione europea nel dicembre scorso.

La rissa è avvenuta nel giorno della reintroduzione da parte del Governo di un controverso disegno di legge “Sull’influenza straniera”. Il parlamentare colpito- un segretario esecutivo del partito di maggioranza “Sogno georgiano” Mamuka Mdinaradze – stava presentando il disegno di legge.

«Questi furfanti ci stanno trascinando nel mondo russo», ha dichiarato Rusiko Nikuradze, una giornalista georgiana, alla quale abbiamo telefonato per sapere come si sta sviluppando la situazione e come reagisce la società civile. “I furfanti” sono l’oligarca filorusso Bidzina Ivanishvili e il partito Sogno georgiano da lui fondato, nonché il presidente russo Vladimir Putin che, secondo i sostenitori dell’opposizione, “dà istruzioni” alle attuali autorità georgiane.

La legge della discordia

La “legge sull’influenza straniera” chiede ai media e alle entità non governative che ricevono più del 20 per cento dei loro finanziamenti dall’estero di registrarsi come organizzazioni che agiscono nell’interesse di potenze straniere.

Secondo Mdinaradze di Sogno georgiano, «l’obiettivo è che i cittadini georgiani sappiano come vengono spesi centinaia di milioni di dollari. Vediamo il settore delle ONG interferire nella politica, invocare rivoluzioni, fare dichiarazioni contro la Chiesa, spingere la propaganda a favore di uno stile di vita non tradizionale, mettere in dubbio la legittimità delle elezioni.»

Il disegno di legge è stato ampiamente condannato dai partner europei della Georgia.

Josep Borrell, l’Alto rappresentante UE per la Politica Estera ha commentato: «L’adozione definitiva di questa legge avrebbe un impatto negativo sui progressi della Georgia nel suo percorso verso L’UE. Questa legge non è in linea con i normi e valori fondamentali dell’UE.»

Il Sogno georgiano ha avviato la discussione del documento il 15 aprile. Il 17 aprile il partito al governo ha votato 83 voti a zero a favore della legge. Mancano ancora la seconda e terza lettura, ma dopo l’accettazione in tre letture del progetto, lo stesso sarà inviato alla presidente della Georgia, Salome Zourabishvili, la quale è oppositrice del Sogno Georgiano e critica severamente la legge: «È una legge “russa», ha dichiarato, «è un duplicato esatto della legge di Putin che è stata adottata alcuni anni fa e poi integrata per schiacciare la società civile.»

Zourabishvilli ha suggerito che la legge è intesa a far fallire il tentativo del Paese di aderire all’Unione Europea dopo che gli è stato concesso lo status di candidato nel dicembre di 2023:

«La Russia sta avviando la sua strategia ibrida, la sta rinvigorendo e sta cercando di fermarci su quella strada…», ha aggiunto.

Le preoccupazioni della Presidente sono molto fondate: in Russia a dieci anni dall’applicazione della legge è sparita la libertà di parola e non esistono più ONG indipendenti: ora nessuno può esprimere un’opinione diversa da quella del Governo. Salome Zurabishvili ha perciò già dichiarato che se dopo la terza lettura questa legge sarà approvata, intenderà porre il veto. Però questo non significherà, purtroppo, la fine della battaglia perché il veto presidenziale può essere annullato dal Parlamento. Nel 2017 la Georgia ha adottato una nuova Costituzione, secondo la quale il Paese è diventato una Repubblica Parlamentare e i poteri del Presidente sono stati significativamente ridotti.

“Siamo georgiani, ragazza!”

Con una certa ansia ho chiesto a Rusiko Nikuradze: “E se le autorità riusciranno a far approvare questa legge?”. «Siamo georgiani, ragazza!», mi ha risposto con una certa enfasi. «Abbiamo costretto le autorità a fermarsi un anno fa e continueremo a combattere anche adesso. Migliaia di persone, giovani e anziani tutti sono scesi in piazza! Con gli slogan “No alla legge! No a Ivanishvili, No a Putin!”. Noi vinceremo, vedrai!»

Sogno georgiano aveva, infatti, già tentato di approvare questa legge, ma la furiosa protesta dei cittadini ha costretto le autorità a ritirare la legge e fare finta di abbandonare questa idea. Sono diventate virali le drammatiche immagini di una donna che davanti al Parlamento di Tbilisi sventolava una bandiera dell’UE, resistendo strenuamente agli idranti della polizia a marzo del 2023.

Le immagini delle proteste a Tbilisi fanno impressione: la gente riempie tutta la piazza davanti alla sede del Parlamento e il viale Rustaveli, la via centrale della capitale georgiana. La polizia agisce in a maniera molto severa sparando gas lacrimogeni e usando manganelli. Decine di arresti anche   tra i giornalisti.

Secondo un sondaggio condotto a dicembre dal National Democratic Institute, quasi l’80% dei georgiani sostiene l’integrazione europea. I georgiani sono consapevoli che il loro futuro europeo, in questo momento, è a forte rischio.

Le origini dell’influenza russa e il “cavallo di Troia” di Putin

Anche se la maggioranza della popolazione georgiana sostiene il vettore europeo e l’adesione all’UE, il Paese si ritrova un Governo filorusso. Il partito Sogno Georgiano nacque 12 anni fa.

Il fondatore, come detto, è l’oligarca Bidzina Ivanishvili (ovvero Boris Ivanishvili), il quale deve molto alla Russia e a Putin: ha creato la sua ricchezza in Russia negli anni ’90, acquisendo imprese metallurgiche per una miseria dopo il crollo del URSS.

Il Sogno georgiano è arrivato al potere nel 2012 con la promessa di un futuro europeo e di uno sviluppo democratico del Paese: questi, d’altronde, erano i desideri dei cittadini. Tuttavia, le dichiarazioni delle autorità circa la loro intenzione di aderire all’UE e alla NATO sono in contrasto con i passi concreti compiuti negli ultimi anni: un flirt continuo con Mosca, le restrizioni di libertà di parola, l’abuso dei diritti LGBT.

Il popolo georgiano prova sentimenti confusi nei confronti del vicino settentrionale, la Russia. Da un lato c’è un passato comune, come parte dell’URSS, ma dall’altro tutti ricordano le sanzioni economiche contro le merci e i vini georgiani nel 2006 imposte dalla stessa Russia, la cessazione del traffico aereo e poi l’aggressione diretta nell’agosto 2008 – la cosiddetta “Guerra dei cinque giorni” – quando la Russia inviò truppe in risposta alle azioni dell’esercito georgiano, che stava cercando di risolvere un conflitto locale in una delle regioni della Georgia che rivendicava l’autonomia.

Il Sogno georgiano e il governo formato da Ivanishvili hanno proclamato una “politica pragmatica” nei rapporti con la Russia. Con l’inizio dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte dell’esercito di Putin nel 2022, il popolo georgiano si è completamente schierato dalla parte dell’Ucraina, condannando l’aggressione e raccogliendo i fondi per aiutare gli ucraini. Le autorità georgiane, invece, non hanno mai aderito alle sanzioni contro la Russia annunciate dagli Stati Uniti e dall’UE e la leadership georgiana ha evitato in ogni modo i contatti con Zelenskyj e i viaggi a Kiev.

“Non possiamo provocare Mosca” è la giustificazione del Governo georgiano del suo approccio “pragmatico” nei confronti della Russia. La Georgia ha paura di diventare una nuova vittima dell’aggressione russa: più del 70 per cento del popolo georgiano teme un’invasione dopo l’inizio della guerra in Ucraina.

In segno di gratitudine per questa posizione delle autorità georgiane, Putin ha ripristinato il traffico aereo tra Russia e Georgia, che era sospeso da cinque anni, e ha facilitato il regime dei visti per i cittadini georgiani che entrano in Russia.

Il governo georgiano sta utilizzando attivamente le “ricette” di Putin per reprimere l’attività politica civile: la polizia nelle strade delle città georgiane sta disperdendo le manifestazioni antigovernative in modo sempre più severo e i diritti umani vengono abusati sempre più spesso: di recente Sogno georgiano ha presentato un disegno di legge che limita i diritti delle persone LGBT+.

Il lessico del governo georgiano è molto simile a quello della Russia putiniana: “I nostri sono i valori tradizionali, la chiesa, la sovranità del Paese, no alla rivoluzione e no a LGBT”. E nonostante una serie di problemi con diritti umani e democrazia, lo scorso dicembre alla Georgia è stato concesso lo status di paese candidato all’adesione dell’UE.

Il cammino europeo o nell’orbita di Mosca?

Bizina Ivanishvili, nominato all’inizio di quest’anno “presidente onorario” del suo partito, da anni mantiene un’influenza forte non solo sul partito al governo ma sulla vita politica di tutto il Paese. Oggi deve bilanciare tra l’Europa e Mosca per rimanere al potere e vincere le elezioni parlamentari per quarta volta ad ottobre 2024.

L’opposizione georgiana non molla e resta fiduciosa: «Il processo politico oggi si trasforma in un referendum: “Europa o Putin?», sottolinea Salome Samadashvili, deputata del parlamento ed ex-diplomatica. «I georgiani non permetteranno che questa legge venga approvata! Non possiamo vanificare 30 anni della lotta per la libertà e la democrazia: siamo contrari alla re-sovietizzazione!»

«Un governo sovrano non potrebbe prendere una decisione del genere», prosegue. «Questo è un processo controllato da Mosca. Ivanishvili è una sorta di “cavallo di Troia” per Putin, perché in Georgia è impossibile portare al potere una forza apertamente filorussa. Non appena un politico dimostra di voler abbandonare il percorso europeo, il suo indice di consenso crolla immediatamente. Ivanishvili rappresenta gli interessi russi. È salito al potere e da allora, silenziosamente, li ha rafforzati.  Ora la Russia chiede un cambiamento nel vettore europeo, ma tutto ciò potrebbe costargli caro: i georgiani sono uniti nella loro scelta europea», conclude Samadashvili.

La Russia fa pressione: la legge “sull’influenza straniera” e le proteste dei cittadini a Tbilisi sono stati commentati e criticati da alcuni influenti personaggi della politica russa, tra cui Dmitry Peskov, il portavoce di Putin, Alexander Dugin, l’ideologo della guerra “che sussurra a Putin”, e l’ex-presidente della Russia Dmitry Medvedev.

Alcune ragazze georgiane protestano con cartelli espliciti contro il governo – Foto di Sophie Demina

Sogno georgiano è determinato ad arrivare fino in fondo e per forza approvare la legge, nonostante le proteste dei cittadini. Secondo la procedura, la legge dovrà essere finalizzata entro il 17 maggio. Intanto il partito al governo ha annunciato una manifestazione dei suoi sostenitori. Si terrà davanti al Parlamento il 29 aprile. “Esortiamo voi, concittadini patriottici di tutto il Paese, a dire NO alla rivoluzione in Georgia per il denaro straniero”, è scritto nel comunicato ufficiale diramato dal partito.

La manifestazione dei sostenitori di Sogno georgiano sarà organizzata dalle autorità: i lavoratori statali di tutte le regioni saranno costretti dagli enti locali ad andare con i pullman nella capitale per creare una “folla di sostenitori” del partito al governo. Questo è una modalità tipicamente russa, usata molto spesso dal Cremlino per celebrare l’ennesima “vittoria” di Putin. «Certamente nei Paesi democratici questo trucco non funzionerebbe», racconta Rusiko Nikuradze. «Le autorità georgiane vogliono mostrare che godono di enorme sostegno del popolo.»

Le prossime settimane saranno molto importanti per determinare il futuro della Georgia e molto dipenderà dal sostegno della società civile georgiana filoeuropea e dalle reazioni del governo della UE.

Chi sarà la “nuova Ucraina”?

Tre Paesi post-sovietici, che hanno scelto la via europea, sono già nel mirino di Putin: l’Ucraina, la Georgia e la Moldavia. In Ucraina è in corso una feroce battaglia di resistenza per preservare la stessa indipendenza. La fragile democrazia georgiana e la sua società civile stanno attraversando una prova durissima sotto l’influenza filorussa.

Dopo “l’allarme in Transnistria” a marzo, la “mano di Mosca” è stata notata anche in Moldavia:

domenica scorsa i membri dei partiti di opposizione filorussi della Moldova hanno fondato un blocco politico antieuropeo a Mosca e questa iniziativa rappresenta un tentativo di influenzare le imminenti elezioni presidenziali in Moldavia, previste il 20 ottobre di 2024. Su questo fronte i leader europei dovrebbero riflettere attentamente sui potenziali pericoli della politica volta a “placare l’aggressore” e non rimanere tentati dall’idea “business as usual” con la Russia di Putin.

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