Una kermesse cresciuta a dismisura negli ultimi anni. E un’occasione di visibilità per politici, attori, musicisti e sportivi.

Bere per dimenticare. A Verona, a una settimana esatta dal controverso World Congress of Families, che aveva suo malgrado posto la città al centro della scena nazionale e internazionale, scorrono da giorni fiumi di vino. E, per dirla alla Jalisse, anche di parole.

In occasione della 53esima edizione del Salone internazionale del vino e dei distillati, in arte Vinitaly, il capoluogo scaligero è diventato per sei lunghi giorni – da venerdì 5 con l’inaugurazione del Vinitaly and the City fino a oggi, mercoledì 10, quando si chiuderà la fiera vera e propria, aperta domenica 7 aprile – la capitale mondiale del “succo d’uva”. La fiera, fra le più importanti a livello mondiale del settore, ricolloca il capoluogo veneto nuovamente al centro dell’interesse della politica, ma in questo caso anche del mondo dello spettacolo, dello sport, della cultura.

Una kermesse, la più grande di sempre con  4.600 espositori provenienti da 35 nazioni su oltre 100 mila metri quadrati netti espositivi, che si è ingigantita negli anni a tal punto da essere diventata a tutti gli effetti un evento che ormai trascende di gran lunga l’aspetto prettamente enogastronomico ed economico, diventando una sorta di passerella per gli esponenti dei vari settori. Con ovviamente quello politico in primis. D’altronde le Elezioni Europee, in programma il 26 maggio, sono all’orizzonte e fra i principali leader italiani nessuno ha voluto far mancare la propria presenza. Dai vari esponenti dell’attuale Governo, con il tridente Giuseppe Conte, Matteo Salvini e Luigi Di Maio divisi nel celebrare le varie giornate, ai segretari dei vari partiti e partitini, con il neoeletto segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti e Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia in prima linea. Fino ad arrivare ai tanti politici locali. Sottosegretari, capi e capetti vari che hanno stretto mani, parlato con le persone, distribuito sorrisi e, ovviamente, scattato gli immancabili selfie di rito. Fra i tanti, non poteva assolutamente marcare visita l’immarcescibile governatore regionale Luca Zaia, che ha colto l’occasione per regalare la bandiera del Veneto al vicepremier Di Maio. Un modo per attirare l’attenzione sull’argomento più caro ai veneti, cioè quello dell’autonomia?

A proposito del vicepremier campano: il Sindaco di Verona, Federico Sboarina, all’indomani della chiusura del WCF gli aveva intimato di starsene lontano dal Vinitaly, per aver a suo dire offeso la città di Verona avendo definito i partecipanti al Convegno come degli «sfigati di destra», a meno che non fossero arrivate le sue scuse ufficiali ai veronesi. I quali, per inciso, non si sono mai identificati nei partecipanti al contestato evento e quindi non si sono nemmeno sentiti chiamati in causa più di tanto dalle parole di Di Maio, riferite evidentemente a ben altro.

La stretta di mano fra il sindaco Sboarina e il ministro Di Maio

Tant’è che poi, nonostante le scuse non siano mai arrivate, Di Maio e Sboarina l’altro ieri brindavano insieme, come nulla fosse, fra gli stand del Vinitaly. Così è se vi pare, insomma. Il tutto sotto lo sguardo attento dei sottosegretari Mattia Fantinati, l’esponente veronese del M5S, Carlo Sibilia e Anna Pesce. Al Vinitaly hanno partecipato anche Giovanni Toti, governatore della Liguria, Antonio Tajani, presidente del Parlamento Europeo, Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato, e Gian Marco Centinaio, ministro delle Politiche agricole alimentari forestali e del Turismo. Tutti rigorosamente accompagnati dalle rispettive scorte. “Non manca più nessuno, solo non si vedono i due liocorni” verrebbe da intonare, alla fine della celebre filastrocca. Effettivamente la politica che conta (ma anche quella che non conta, a dire il vero), a Verona, era presente tutta, nessuno escluso.

C’era, poi, anche chi avviava – chissà – improbabili alleanze nel mondo della moda, come il patron del colosso mondiale Calzedonia, Sandro Veronesi, e quello della Diesel, Renzo Rosso, avvistati sorridenti e a braccetto fra un padiglione e l’altro. Ma sono ancora tanti i vip che hanno partecipato all’evento, anche fra i rappresentanti del mondo dello sport, di ieri e di oggi. Fra gli altri, gli indimenticati Paolo Rossi, mitico goleador del Mundial ’82, Francesco Moser, ciclista dalle imprese epiche, Alberto Malesani, tecnico di successo, Kristian Ghedina, campione dello sci, e Sara Simeoni, olimpionica del salto in alto. Gran parte di loro ha investito i risparmi di una vita – si dice così, in questi casi – in un qualche appezzamento di terreno dove produrre il proprio immancabile vino. È il business, bellezza, e chi sono loro, d’altronde, per autoescludersi dalla moda del momento?

Annoveriamo, fra i presenti, anche Michele Placido, Fabio Testi, Carlo Cracco, Gianluca Vissani, Red Canzian dei Pooh, Jerry Scotti, Luca Telese, Pif e poi ancora Joe Bastianich, Frankie Hi NRG, Tricarico, i Negrita e le Vibrazioni al gran completo. E chi più ne ha più ne metta, aggiungiamo. Una carrellata senza fine di vip, che non si sono risparmiati il loro personalissimo bagno di folla. Perché l’importante era esserci. Senza se e senza ma. Tutti a loro modo presenti non solo per degustare fra i padiglioni della fiera veronese i vini rossi, bianchi e rosé provenienti da Europa, Sud America, Australia e Sud Africa, ma anche per partecipare al Fuori Salone, diventato a tutti gli effetti una manifestazione a sé, cresciuta esponenzialmente negli anni e in grado di portare in riva all’Adige, nell’arco di pochi giorni, interessantissimi eventi, gratuiti e aperti al pubblico. Concerti acustici e reading dedicati, veri e proprio incontri culturali e lezioni di sommelier ed esperti di vino, c’era quasi sempre un disco o un libro da promuovere, ma anche tanta gente “assetata”, desiderosa di ascoltare il vip di turno. La sera, sulla facciata della quattrocentesca Loggia di Fra’ Giocondo, sotto lo sguardo perplesso di Dante Alighieri, uno spettacolo di luci laser e musica a tema vino, ça va sans dire, chiudeva tradizionalmente la giornata, rimandando le libagioni al giorno successivo.

La città di Romeo e Giulietta, soprattutto nelle serate di venerdì, sabato e domenica, anche grazie alla clemenza del meteo, è stata una vera e propria esplosione di popolo, con dj set, concertini improvvisati, degustazioni offerte dalle tante cantine disseminate sul territorio veronese e non solo. Una festa senza fine che ha saputo incanalare nelle piazze centrali e nei luoghi simbolo della città (Piazza Erbe e dei Signori, Cortile del Mercato Vecchio, l’area antistante l’Arsenale, Castelvecchio, Piazza San Zeno) la gran parte dei partecipanti, che negli anni passati si affollavano soprattutto fra i padiglioni fieristici e poco altro. Lì si è preferito, anche complice un proibitivo biglietto d’ingresso da 80 euro, mantenere un profilo più professionale, relegando la parte più ludica e in qualche modo “turistica” al centro della città. Il risultato è stato per alcuni soddisfacente. Gli albergatori e i ristoratori esultano, con un fatturato che parla tranquillamente di cifre a sei zeri, e il Sindaco Sboarina, dopo le polemiche legate al WCF, può finalmente tirare un sospiro di sollievo.

Verona, in qualche modo, ha retto, anche se il traffico a dire il vero è stato a dir poco devastante in questi giorni e i cittadini alla fine non vedono l’ora, come sempre, che tutto questo finisca per riappropriarsi finalmente, della loro città. Fino al prossimo grande evento. Già, perché in fondo è il destino delle realtà a grande vocazione turistica. Un cammino prezioso, ma che, una volta intrapreso, è difficile, difficilissimo, da abbandonare.