Arshdeep Singh – cittadino indiano arrivato in Italia circa nove mesi fa, senza impiego e senza fissa dimora – è stato pestato da alcuni residenti di un quartiere di Roma dopo aver tentato di scippare un’anziana, ed ora è intenzionato a denunciare i suoi aggressori.

Un (gravissimo) fatto di cronaca, al centro del dibattito politico di questi giorni. Ma il pestaggio, in realtà, più che dividere l’opinione pubblica – che pare in gran parte parteggiare per i sei giustizieri – divide piuttosto la nostra coscienza di cittadini perché se da una parte umanamente possiamo anche comprendere la giustizia fai-da-te a fronte di un fatto accertato e violento (il buon Singh ha tentato di strappare la borsa a un’anziana di novant’anni, facendola cadere a terra e trascinandola per alcuni metri), d’altra parte entriamo in contrasto con uno dei principi dello Stato liberale, ovvero che, entrando in società, l’individuo cede allo Stato l’amministrazione della giustizia e della difesa della sua incolumità.

Poco importa per questo discorso che sul sito Corriere.it sia già partita una campagna per dimostrare che il tessuto sociale in realtà è sano e di fatto si tratterebbe di pregiudicati avvezzi alla violenza e non di comuni cittadini esasperati; conta invece di più una fame di giustizia fatta in casa che prende anche chi la sicurezza dovrebbe gestirla. Come segnala Fanpage.it, Marco Milani, segretario dei vigili locali di Roma, ha spiegato: «Scippo di un’anziana al Quarticciolo: esempio di principio rieducativo della pena. Sembra si sia impegnato a non farlo più.»

Delitti in diminuzione? Sì, no, forse…

Siamo così di fronte a un bel conflitto, tra la realtà dei dati, la percezione e il diritto a un reale rispetto del diritto alla sicurezza del cittadino. Realtà del dato che, come  segnala il Rapporto Di Ricerca Maggio 2023La Criminalità Tra Realtà E Percezione Sintesi, “nel 2022, i delitti commessi registrati sono 2.183.045, con un incremento rispetto al 2021 del 3,8%. È, tuttavia, importante sottolineare la particolarità degli anni 2020 e 2021, caratterizzati da limitazioni al movimento delle persone. Pertanto, effettuando il confronto con il 2019, i delitti commessi nel 2022 risultano in diminuzione.”

È tutto un abbaglio dunque? Probabilmente non del tutto, vista la percentuale di reati non denunciati e il ridotto successo delle forze dell’ordine nel recuperare il maltolto, specie quando si tratta di somme di piccola entità. Partiamo da un dato però: già nel 2018, prima della pandemia, il Censis segnalava che “gli italiani hanno paura: non più legata esclusivamente al timore di rimanere vittima di reato, la paura è diventata uno dei tratti fondamentali del nostro tempo, alimentata dall’insorgere di un insieme di insicurezze di diversa natura.”

Di fatto, guardando anche la nostra piccola isola felice di Verona, il senso di insicurezza è ben presente, anche in luoghi pubblici di grande passaggio (Gran Guardia, Valverde, Stazione, alcuni quartieri…) eppure, se guardiamo l’Indice della Criminalità de IlSole24, la situazione della nostra città non è affatto allarmante.

La trasfigurazione della realtà è così soggetta a molti fattori: culturali, sociali, persino demografici: secondo una rilevazione di Eurispes “fra i crimini che più preoccupano gli italiani sul piano della sicurezza, spicca il furto in abitazione (26,6%), segue con notevole distacco l’aggressione fisica (17,7%) e, successivamente, la paura di subire uno scippo/borseggio (11,1%)” ma, ad esempio, le percentuali cambiano con l’età: “il furto in abitazione risulta essere una minaccia particolarmente avvertita dagli italiani over 64 (31,8%); per i più giovani è invece l’aggressione fisica il reato più temuto (29,2%); la paura del furto dei dati personali su Internet si registra in particolare fra i 25-34enni con il 14,6%. I 18-24enni hanno maggiore timore di subire una rapina (7,9%) e di essere vittime di violenza sessuale (9%)”. La percezione della realtà oggettiva, dunque, è quanto mai soggettiva.

Milano - periferia, violenza sulle donne, giovani stranieri, media - giornale Heraldo.it

Realtà vs. Percezione

Ci si trova dunque a un bivio, tra il riuscire a leggere la realtà nella sua concretezza – ovvero, i crudi numeri – e la percezione, composta dalla miriade di microsoprusi e storture che dobbiamo subire nel quotidiano (contro i quali siamo impotenti) e la percezione trasmessa dall’informazione, non sempre verificata oppure proposta in modo non proporzionato alla realtà del fenomeno.

In un mondo sempre più interconnesso con la rete, per cui il concetto di realtà oramai è inscindibile dalla vita social, i lanci sensazionalistici dei giornali, la frequenza sui maggiori social di notizie suggerite dall’algoritmo in base alle nostre preferenze, la condivisione di video che mostrano, ad esempio, case occupate o borseggiatrici colte sul fatto e, nonostante questo, sempre a piede libero e pronte a ricominciare ottiene l’effetto di indebolire la fiducia nelle istituzioni e nella sua capacità di intervenire concretamente a difesa del cittadino.

Così, a fronte dei numeri che abbiamo visto, sempre per Eurispes, sostiene che “dovendo esprimere un’opinione sul modo in cui i mass media rappresentano il problema della criminalità, il 27,9% del campione indica che la narrazione dei media è realistica, secondo il 26,1% la criminalità è rappresentata in modo meno grave rispetto alla realtà”: ovvero già più del 50% fonda il proprio pensiero sulla post-verità. Prendiamo, per fare un esempio, le sole notizie del quotidiano locale L’Arena selezionate dall’algoritmo di Meta per chi scrive nel giorno 9 settembre 2023:

Scrollando una pagina social così il senso di insicurezza vola come falco alto levato, eppure i dati della Polizia di Stato a Verona sono incoraggianti: “Si rappresenta che i dati interforze sulla delittuosità nella provincia di Verona, aggiornati al 31 marzo 2022, indicano un aumento del numero totale dei delitti pari al 18,0%. Tale crescita risulta motivata, almeno in parte, dal fatto che nel 2020 le limitazioni alla libera circolazione dei cittadini, imposte per fronteggiare la pandemia da Covid-19, avevano contribuito ad una significativa riduzione del numero di reati in tutto il Paese, compresa la provincia scaligera. Con la progressiva eliminazione di tali restrizioni si è registrata anche una ripresa della delittuosità che, in termini numerici, resta comunque al di sotto dei valori rilevati nel 2019, anno precedente all’emergenza pandemica”.

Arriviamo così all’apparente paradosso del sindaco di Piacenza che, a fronte di un calo consistente (constatato dallo stesso Primo Cittadino) dei reati nella sua città nel 2022 e nel 2023, chiede comunque un ulteriore presidio dei militari in stazione. Dato che Caivano ci ha dimostrato che nessuna limitazione è possibile per i social, per ottenere qualche risultato ci vorrebbero dunque interventi concreti dello Stato per far percepire, anche visivamente, la presenza delle forze dell’ordine sul territorio e incidere così sia sulla sostanza che sulla percezione stessa della sicurezza. È quanto sta accadendo?

Pare di no. Nulla di concreto è stato finora fatto per sanare il deficit delle risorse umane della polizia che andranno in pensione tra il 2023 e il 2024; i fatti di Caivano in concreto hanno restituito un documento pieno di buone intenzioni e nessuna vera decisione né tanto meno risorse. Così, pur nel miglioramento dei dati nazionali (e locali a Verona), la mancanza di presidi visibili e “palpabili” nei luoghi più a rischio e una comunicazione della rete così aggressiva può rendere più comprensibile – anche se ovviamente non giustificabile – come il cittadino possa decidere di farsi giustizia da sé.

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