Pochi giorni sono rimasti: giovedì prossimo il consiglio d’indirizzo dovrà trovare il nome da indicare al ministero per il ruolo di sovrintendente di Fondazione Arena di Verona. La querelle ha preso l’abbrivio delle tipiche tifoserie italiche, evitando così di affrontare le questioni con l’equilibrio necessario per sbrogliare le matasse più complicate – e nessuno può confutare che tutto quello che gravita attorno all’Arena non lo siano.

In precedenza non siamo stati teneri col sindaco Damiano Tommasi e con alcuni consiglieri comunali della sua coalizione, avvinghiati all’idea che solo una manifestazione di interesse fosse una procedura consona all’individuazione della figura, autorevole e competente, capace di caricarsi sulle spalle la conduzione del più grande teatro lirico all’aperto del mondo. Una posizione che la maggioranza dei componenti il consiglio di indirizzo ha giudicato inopportuna e intempestiva, al punto da farne motivo di fibrillazione politica in città e fuori dalle sue mura.

Come è nata la nomina

Meritano qualche riflessione le parole del sottosegretario Gianmarco Mazzi, manager che a Verona ha ottenuto risultati encomiabili, che si è espresso con affermazioni assertive, ben conscio che la delega sulle fondazioni è rimasta nelle prerogative del ministro Gennaro Sangiuliano, (con il quale il sindaco ha dichiarato di avere parlato non più tardi del 14 febbraio).

È indispensabile riportare la mente agli anni precedenti alla nomina di Cecilia Gasdia: al commissariamento che ha risanato i disastri delle gestioni precedenti, ai debiti ripianati grazie alla Legge Bray, alle erogazioni straordinarie governative ottenute anche coi sacrifici concordati coi lavoratori e le lavoratrici, che hanno rinunciato a due mesi di stipendio per tre anni.

Cecilia Gasdia con il sindaco Federico Sboarina alla presentazione del festival 2021, foto Ennevi.

I vantaggi della pandemia

Nominata direttore artistico nel gennaio 2018 con viatico politico, capolista alle amministrative del 2017 con Fratelli d’Italia, Cecilia Gasdia è diventata sovrintendente grazie al sindaco Federico Sboarina.

L’avvento della pandemia da Covid-19 ha stravolto l’attività di Fondazione Arena e vi è stato ovviato con soluzioni emergenziali, alcune di interessante sviluppo prospettico, ma di indubbio impatto positivo sui conti dal lato delle entrate. È un fatto che i trasferimenti dello Stato, parametrati ai valori storici e non alle effettive esigenze contabili, hanno consentito entrate straordinarie senza i costi relativi, corroborati da ulteriori sacrifici dei dipendenti in cassa integrazione per tutti i mesi autorizzati.

Grandi nomi in Arena, ma molti punti deboli

Il giudizio sulla conduzione artistica va quindi dato sul lavoro del cartellone precedente e successivo alle stagioni ‘20 e ‘21. A questo proposito dobbiamo riconoscere che dal 2021 Gasdia ha puntato sul richiamo di nomi altisonanti, alcuni validi, altri meno, sfruttando la possibilità offerta dall’opera di risanamento dei conti avviata da Gianfranco De Cesaris e che ha consentito di affrontare cachet altrimenti inaccessibili. Un merito senza dubbio, perché erano anni che la politica della Fondazione Arena era incentrata sul risparmio degli emolumenti dei cantanti e l’oggettiva incapacità di ingaggiare i più famosi, vista l’impossibilità di programmazione a lungo termine.

Placido Domingo è ospite ricorrente nel festival areniano. Lo scorso agosto l’orchestra ha protestato per scarsa professionalità a conclusione della Turandot da lui diretta.

È invece peggiorato significativamente il clima delle relazioni sindacali, la coesione dei reparti, il significato per i dipendenti di lavorare per il principale produttore di contenuti culturali della città. Gasdia non ha brillato per capacità innovativa nella gestione, nella scelta dei collaboratori e nella loro motivazione e coordinamento, scivolando sulla vicenda umana e prestazionale di Placido Domingo e sulle pratiche dell’agenzia svizzera Ariosi, che rimane il referente di Fondazione Arena per il 70 per cento delle sue collaborazioni artistiche.

Più opere in cartellone acuiscono i problemi

E la critica che ha detto? Che i tempi concessi alle prove sono stati insufficienti (sarebbe da chiarire quanto abbia influito su questo problema l’affollamento degli eventi extra lirica in anfiteatro), con evidenti carenze nei cambi scena, percepiti finanche dal pubblico pagante, e nella gestione dei cantanti e del coro in palcoscenico.  

Di Gasdia possiamo dire che non ha saputo gestire il marketing con visione prospettica, sebbene ne sia la titolare ad interim, con la pretesa di aumentare il numero delle opere in cartellone (si arriverà a otto per il centenario) senza un confronto oggettivo con la realtà. Inoltre, non ha ovviato alla sparizione delle collaborazioni dell’orchestra e degli artisti di Arena di Verona fuori Italia, a cui si aggiunge la traumatica interruzione con la periodica tournée in Oman, le cui motivazioni sono tutt’ora avvolte dal mistero.

Non ha dato nessun contributo innovativo alla fruizione degli spazi scenici, malgrado l’esperienza coi pannelli olografici nella stagione ‘21, disattendendo come i predecessori le prescrizioni della Sovrintendenza sul tema. Non ha cercato soluzioni innovative alla disposizione del pubblico nella cavea e nulla ha eccepito circa l’abuso di Piazza Bra a servizio del ricovero delle scenografie.

L’inscalfibile stereotipo areniano

Insomma, manca innovazione in molti campi, dalle collaborazioni coi teatri del mondo, alle tecniche di vendita dei biglietti, alle iniziative che possono sfruttare le potenzialità del web nel testimoniare la produzione musicale la formazione ed esercizio di cantanti e musicisti, fino alla politica di presentazione dell’opera al mondo della scuola (nazionale invece che locale).

Ma, quello che è più importante, non ha virato di un grado dalla consueta, storica e ripetitiva proposta di titoli, che non si discostano dallo stereotipo areniano.

Che dire poi della lunghissima lista di cause del lavoro pendenti, frutto dell’oltranzismo con cui Gasdia, supportata dal presidente che l’ha nominata, ha gestito annose questioni di precariato e contratti a tempo determinato, oggettivamente non più rinnovabili? E delle vicende giudiziarie connesse alla gestione degli appalti a ditte in odore di camorra di cui alle recenti perquisizioni della Guardia di Finanza?

Aida di Giuseppe Verdi nell’allestimento aureo di Franco Zeffirelli.

I meriti di Gasdia

Gasdia sovrintendente ha consentito il ritorno in Arena di cantanti all’apice del successo.

Ha sì innovato proponendo la collaborazione col ristoratore Perbellini per una cena nell’area dell’ala riservata a un pubblico selezionato.

Ha lavorato al lancio e sviluppo del progetto 67 colonne aprendo un nuovo canale di collaborazione con imprese, di ogni provenienza e dimensione, che hanno l’opportunità di promuovere il teatro presso il proprio pubblico di riferimento, avvicinando la reputazione delle aziende alla cultura e al territorio, con indubbie ricadute positive.

Si è ridotta l’emolumento a 100mila euro all’anno, pur ricoprendo ruoli dirigenziali ad interim, nell’erculea capacità di svolgere in contemporanea il ruolo di sovrintendente, direttore artistico, direttore marketing e responsabile della sicurezza…

Alla vexata quaestio, Gasdia sì o Gasdia no, sarebbe da rispondere: chi ha la responsabilità della sua conferma o della sua sostituzione? Il presidente del Consiglio di indirizzo, che è per legge il sindaco di questa città.

Eppure c’è qualcuno che pretende di condizionarlo, caricando sulle sue spalle gli effetti degli atti e delle decisioni di chi non ha più la sua fiducia. Con quale autorità e coscienza? Risposto picche a un metodo oggettivamente improponibile, non saranno le argomentazioni espresse dal sottosegretario che possono essere definitive sull’argomento.

Purchè si guardi al bene dell’istituzioni e non si seguano pretestuose polemiche politiche.

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