Le rimesse sono l’insieme dei fondi o transazioni a titolo gratuito che gli emigrati inviano alle loro famiglie rimaste in patria. In altri termini un lavoratore che emigra in un Paese straniero si preoccupa di inviare alla famiglia d’origine soldi per aiutarla nel sostentamento quotidiano. Se ne sta parlando in queste settimane perché sono usciti i dati elaborati da Fondazione Moressa, istituto di ricerca creato e sostenuto dalla CGIA di Mestre, sulle rimesse inviate nel 2021 dai lavoratori immigrati in Italia.

Il dato totale sorprende perché è stato raggiunto un record storico: sono 7,7 miliardi di euro le rimesse totali inviate dagli immigrati in Italia alle loro famiglie. Una cifra considerevole, anche se il record assoluto si è toccato nel 2011, quando le rimesse raggiunsero gli 8 miliardi.

La Fondazione Moressa, basandosi sui numeri forniti da Banca d’Italia, registra un continuo aumento degli invii di denaro in patria a partire dal 2017.

La pandemia non ha inciso sulle rimesse

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Nemmeno la pandemia è riuscita a frenare le rimesse, e questo probabilmente è avvenuto per due cause. La prima è di natura logistica: le frontiere sono state chiuse. Anche chi viveva in Paesi tutto sommato vicini (come quelli dell’est Europa) e che normalmente portava con sé soldi e regali durante le visite in famiglia ha utilizzato mezzi di trasferimento monetario tracciabili.

La seconda sembra essere di natura prettamente psicologica-affettiva: la pandemia ha colpito soprattutto i Paesi con economie di seconda o terza fascia e perciò chi si trovava all’estero ha cercato di aiutare la famiglia d’origine il più possibile. Più di quanto abbia fatto in passato. Tale ipotesi è confermata anche dalla Banca Mondiale che segnala un calo delle rimesse solo nel secondo trimestre 2020, registrando una diminuzione di appena l’1,7%, rispetto all’anno precedente.

Osservando la situazione in Veneto, Fondazione Moressa mette la nostra Regione al quarto posto nella classifica nazionale, con un totale di rimesse di 635,6 milioni di euro, mentre Verona, arriva ad essere la decima provincia italiana per invio di aiuti economici informali, con 154 milioni di euro.

Il Bangladesh è il Paese che in assoluto riceve più rimesse dall’Italia. La Romania è il quarto, mentre in decima posizione si trova proprio l’Ucraina. Da segnalare che nel 2021 i primi sette Paesi riceventi raggiungono da soli poco più del 50% delle rimesse e nessun Paese supera il 12%. Ciò significa che è aumentato il numero dei Paesi destinatari.

Ultimo dato da riportare: osservando il rapporto tra rimesse e popolazione residente per ogni Paese d’origine, mediamente ciascuno dei 5,2 milioni di residenti stranieri ha inviato 125 euro al mese in patria. Osservando le prime venti comunità straniere presenti in Italia, i valori massimi si registrano tra i cittadini del Bangladesh (460 euro medi pro-capite).

Il paradosso

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Come segnala la stessa Fondazione con un report del 23 maggio 2022, i dati sui redditi 2020 degli stranieri segnala un calo di contribuenti stranieri di quasi il 2%.

I contribuenti stranieri in Italia sono 4,17 milioni e nel 2021 hanno dichiarato redditi per 57,5 miliardi, versando 8,2 miliardi Irpef. In pratica, rappresentano il 10,1% dei contribuenti e versano il 5% dell’Irpef totale.

Ma con la pandemia è calato anche il volume dei redditi dichiarati dagli stranieri (-4,3%) e quello dell’Irpef versata (-8,5%). Rimangono in aumento, invece, le rimesse, ovvero i risparmi inviati ai Paesi d’origine.

Il Governo italiano, nel 2020, ha stanziato solo 3,67 miliardi di euro per la cooperazione internazionale (0,22% del PIL). Il minimo storico, visto che dal 2017 ad oggi l’importo è stato costantemente diminuito, ogni anno.

Un lavoratore straniero negli ultimi due anni ha guadagnato di meno, ma ha inviato più denaro a casa.

La riflessione che ne consegue è che nonostante la disuguaglianza di reddito (tra i contribuenti nati all’estero quasi la metà, il 48,7%, ha dichiarato un reddito annuo inferiore a 10 mila euro, mentre tra i nati in Italia, in quella classe di reddito, si attesta sotto quel reddito “solo” il 29,5% dei contribuenti) e nonostante l’abbassamento del reddito, il primo pensiero per gli immigrati che lavorano in Italia è quello risparmiare per inviare denaro a casa.

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