Era noto da tempo che attorno alla gestione dell’Arena di Verona da anni si stesse consumando un famelico banchetto. Ed era scritto in carte giudiziarie di cinque anni fa (Operazione Jonny) che a questo banchetto stessero partecipando sia un’impresa “vicina ad alcuni politici veronesi, che le assicurano importanti commesse pubbliche” sia il solito giro di famiglie di ‘ndrangheta che della fatturazione falsa hanno fatto il loro marchio di fabbrica.

Per fare luce alla Procura di Venezia mancavano solo alcuni tasselli e li ha forniti Domenico Mercurio, detto Mimmo, vulcanico imprenditore calabrese, arrivato a Verona trent’anni fa. Personaggio con solidi legami nel mondo del crimine così come in quello della politica e della Verona che conta.

“Mimmo” all’Arena ci andava con lo smoking alle serate di gala in compagnia di persone che ora negherebbero persino di averlo sentito nominare. Da un paio d’anni Domenico Mercurio collabora con la Procura e i risultati potrebbero presto arrivare.

E potrebbe anche essere un’altra storia rispetto ad altri collaboratori come Giuseppe Giglio o Angelo Cortese che il mondo della ‘ndrangheta lo conoscevano sì, ma non erano addentro alle fitte relazioni con politici e imprenditori che avrebbero garantito al crimine di prosperare per decenni all’ombra dell’Arena e non solo.

Mercurio, le fitte relazioni le conosce eccome essendone stato al centro fino a poco tempo fa. In particolare, nel mondo della politica per cui nutre una passione per certi versi autentica.
Gli indagati in quest’ultima inchiesta sono per la maggior parte veneti. E sarà cautela o sarà per un caso, ma i conterranei tirati in ballo da Mercurio sono già nei guai per altre vicende: questo ennesimo procedimento non cambia vite comunque accidentate.

Al centro dell’inchiesta, ancora una volta il meccanismo della falsa fatturazione, messo a punto dagli ‘ndranghetisti d’Emilia su suggerimento di imprenditori locali. Un dispositivo geniale che mette d’accordo tutti: permette sia il riciclo di denaro sporco sia il guadagno derivante dal credito dell’Iva che genera la falsa fatturazione reciproca tra soggetti grazie ad un’articolata rete di società che scambiano fatture per attività in tutto o in parte inesistenti.

La parte in eccedenza veniva recuperata in contanti da chi aveva saldato la fattura e poi divisa tra i diversi attori. Nell’ordinanza della Procura vengono passate al setaccio tutte le società e le compagini indiziate di essere – o essere state – funzionali alla fatturazione falsa.
Tra i tanti nomi citati nell’ordinanza troviamo anche quello (che non è comunque fra gli indagati) di un amministratore di primo piano a Verona, socio fino al 2014 di una società fondata insieme allo stesso Mercurio, a Chievegato e un altro socio.

I fari della Procura veneziana in questa inchiesta illuminano comunque un ambiente di personaggi occupati nel mondo cangiante dei servizi e del terziario che potremo definire “arretrato”, popolato da sbrigafaccende e traffichini occupati in attività disparate e precarie, sempre a galla grazie ad un ricorso sistematico all’illegalità, soprattutto la fatturazione falsa.
Ma a galla ci rimangono anche grazie alle distrazioni altrui verrebbe da dire: come mai, si domandano sindacati, la Fondazione che gestisce le attività all’Arena di Verona ha pagato 150-200 mila euro in più al mese per i servizi resi dalle società oggi coinvolte nelle indagini?
“Nessun dorma” canta Turandot nel dramma di Puccini andato in scena nell’agosto di quest’anno. “Con la compiacenza di quali soggetti è avvenuto tutto ciò?” domandano i sindacati.

Michele Bertucco

È stato grazie all’esternalizzazione decisa dalla politica che la Euro Company Group srl di Giorgio Chievegato ha potuto mettere le mani sui servizi necessari alla messa in scena degli spettacoli all’Arena, servizi fino a 15 anni orsono in mano al pubblico.

«Sulla condotta dell’Euro Company di Chievegato abbiamo sempre nutrito forti dubbi e richiesto più volte chiarimenti», racconta Michele Bertucco, instancabile fustigatore di amministrazioni disinvolte e ora alle prese con l’assessorato al Bilancio della Giunta Tommasi.

È bene comunque ricordare che la Fondazione ha dichiarato di essere “parte lesa” in tutta questa storia. E ricordare anche che senza la politica, come Mercurio sa bene, non si accede ai banchetti che contano.

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