Il giornalista Toni Capuozzo è stato il protagonista della conferenza di venerdì 25 marzo in Porta Palio a Verona. Una serata moderata dal Consigliere comunale Andrea Bacciga, introdotto dai saluti dal deputato e Consigliere Vito Comencini e con la presenza dell’Assessore del Comune di Verona Francesca Toffali, che ha posto le prime due domande allo storico inviato di guerra.

«Non sono un sostenitore di Putin, ma in tempo di conformismo e di arrivismo se uno oggi solleva dubbi – e il guaio è non avere dubbi, specie in tempo di guerra – vieni etichettato come filoputiniano» ha esordito il cronista. E di dubbi Toni Capuozzo ne ha sollevati diversi, portando gli oltre trecento presenti a riflettere non solo sulle dinamiche di stretta attualità, ma anche sulla necessità di sapere cosa sorgerà da questa situazione.

«Ai tempi di Mao c’era un detto terribile, bastonare il cane che affoga – ha citato Capuozzo –  Qualcuno dice che l’esercito russo ora è impantanato, ha perso migliaia di uomini, Putin è in difficoltà, le sanzioni faranno il loro lavoro, addirittura un giornale ha avuto il coraggio di far balenare l’idea che forse l’opera di un sicario potrebbe essere la soluzione migliore».

«Io credo – ha aggiunto – che un leader responsabile dovrebbe porsi il problema del dopo. Abbiamo fatto fuori Gheddafi in Libia, Saddam in Iraq e sia chiaro, non erano stinchi di santo, ma cosa è successo dopo? Ci abbiamo provato con Assad in Siria, e dopo? Se non ci fosse stato il pazzo Putin, avremmo ancora lo Stato islamico – e ripeto non mi auguro che duri per sempre, sarò felice il giorno in cui la Russia approderà a uno stile di vita simile alle nostre democrazie occidentali, pur con tutti i loro difetti».

Le domande, a noi stessi, ai nostri politici, sono dirette, precise: «Una volta scomparsa l’Unione Sovietica, perché è diventato necessario trovarci un nemico? Entrare nella Nato è facilissimo, ma se guardate le esercitazioni del 2021, vedrete che la Nato in Ucraina era di casa, mentre per entrare nell’Unione Europea serve un processo lunghissimo. Che senso aveva espanderci con la Nato? Lo posso capire per i Paesi baltici, per la Polonia, che hanno il terrore di dover tornare a vivere i tempi grigi del socialismo reale, ma noi che interesse avevamo a espandere la Nato invece dell’Unione europea? Io sarei felice di sentire che alle prossime elezioni europee voteranno anche gli ucraini perché fanno parte del Parlamento europeo».

Ricorda il periodo storico dell’equilibrio del terrore, a rimarcare la necessità, urgente come non mai oggi, di ritrovare la nostra umanità, la capacità di fermarsi a riflettere: «Oggi non esiste più il telefono rosso con cui un capo di Stato maggiore chiama il suo omologo e ammette di aver sbagliato. Oggi di dottor Stranamore sono pieni gli schieramenti. Credo che adesso il problema sia questo meccanismo da Grande Fratello, da Isola dei famosi, da tifosi. Noi siamo un Paese che scrive nella Costituzione di ripudiare la guerra e che oggi discute di quante armi mandare- ha espresso con amarezza.

«La tradizione che ci ha fatto importanti – ha proseguito ancora – è la mediazione. Siamo stati capaci, con gli Andreotti, gli Spadolini, di essere alleati fedeli degli Stati Uniti e non ostili all’Unione Sovietica, abbiamo costruito le automobili in Russia. Eravamo amici degli Israeliani ma eravamo in buoni rapporti con i Palestinesi. Rispetto i nostri militari, ma la nostra grande virtù è di saper rispettare ed essere rispettati, anche e spesso a vantaggio del nostro capo alleato, l’America. Quando parliamo di esportare le armi, non contesto il diritto degli ucraini di difendersi, metto in discussione il nostro ruolo».

Toni Capuozzo al Fesrtival del Giornalismo di Verona
Toni Capuozzo, nel giugno 2021, durante la prima edizione del Festival del Giornalismo di Verona organizzato dall’Associazione Culturale Heraldo

«Oggi l’unico “italiano” rimasto a parlare di pace è il Papa – ha constatato con amarezza Capuozzo – quegli stessi giornalisti che in Iraq contestavano l’invio di aiuti e medicinali, oggi incitano l’invio di armi. Ho raccontato di Maurizio Quattrocchi che prima di morire si toglie la benda, come un uomo d’altri tempi, mi hanno chiamato dall’Italia per dirmi che in Italia dicevano che era un fascista. Ora si scopre l’eroismo, ma degli altri. Ed è facile quando sei seduto sul divano di casa. Persino il Presidente della Repubblica non parla più di patria».

«Oggi si parla di crimini, di guerre pulite. Ce le hanno raccontate, ma ricordo ancora nome e cognome di una bambina di tre anni uccisa da una nostra bomba. Non c’erano manifestazioni per la pace, non c’erano cappellani che facevano le fiaccolate, né gente che faceva lo sciopero della fame. Forse perché c’era un presidente del Consiglio che si chiamava Massimo D’Alema  e un sottosegretario alla Difesa che si chiamava Sergio Mattarella. Allora la guerra la facevamo noi e nella narrazione generale non c’erano pazzi, né criminali.»

Il giornalista ha pochi dubbi sull’esito del conflitto: «Tralasciamo il nostro Ministro degli Esteri e pensiamo al Presidente degli Stati Uniti che dà del criminale a Putin: questo significa che non lo incontrerà più, che non crede nella pace. Al G7, abbiamo visto trasformismi degni di Brachetti. Solo il Presidente Draghi ha saputo dire che dobbiamo cercare disperatamente la pace».

Sulle previsioni della durata della guerra e sulle conseguenze economiche Capuozzo è molto pessimista: «Se gli Stati uniti dicono di essere pronti ad accogliere trecentomila profughi, significa che stanno pensando che non terminerà in pochi mesi». E sulla crisi energetica: «Abbiamo firmato un accordo con gli Stati Uniti per la fornitura di energia. Ora che abbiamo fatto fuori il principale concorrente, quanto credete che ci costerà quell’energia?».

Umanissima infine, la sua risposta alla domanda dell’Assessore Toffali sul motivo che lo spinge a tornare sui campi di battaglia: «Sei lì come testimone. Devi cercare di raccontare quello che hai visto, quello che ti sembra di capire, non mi è mai piaciuta l’immagine dell’inviato di guerra spericolato. Non ho mai salvato nessuno. Ho fatto qualcosa qualche volta, ma fare il giornalista non aiuta davvero nessuno, al massimo fai compagnia a gente che è sola in guerra.»

Foto di copertina: Toni Capuozzo venerdì sera a Porta Palio durante l’incontro

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