Veniamo da un periodo senza precedenti, fatto di fatiche e di complessità, che sta mettendo a dura prova tutte le nostre vite. È il pensiero irrazionale che alberga in ogni persona. La speranza bambina prova a scaldare i cuori.

Il 2021, oltre ad avere questo carico di aspettative è anche l’anno delle tue celebrazioni a 700 anni dalla morte, Dante mio (mio? Nostro!).

Nel nostro piccolo abbiamo cercato di ridare voce al tuo pensiero e alla tua poesia. Abbiamo visto la tua Commedia come il grande cammino del risveglio interiore, l’opera della speranza, l’opera che ha avuto il coraggio di denunciare un sistema economico e sociale sotto il regno della Lupa, l’opera che ha saputo parlare della donna in un modo mai visto prima, l’opera che ha saputo rendere persino il silenzio il luogo privilegiato dell’esperienza di Dio.

Molti parleranno. Molti saranno gli eventi per renderti onore. Ma tu, Dante, hai ancora qualcosa da dire, dopo 700 anni?

In questa nostra vita moderna, complessa, in cui persino gli Dei sono fuggiti (come direbbe lo psicoanalista James Hillman), che cosa può dire un autore cristiano medievale appassionato di Bibbia e di autori pagani?

Propongo tre immagini, tratte dalle tre cantiche, in cui la tua voce resta ancora vitale, potente e forse inascoltata. Questo vuol essere il nostro piccolo omaggio al patrimonio prezioso che tu ci hai donato. Queste tre immagini vogliono essere un piccolo cammino che aiuti tutti noi a rivedere il 2021 con occhi nuovi. Con un nuovo cuore.

Inferno – Il ghiaccio

Per ch’io mi volsi, e vidimi davante

e sotto i piedi un lago che per gelo

avea di vetro e non d’acqua sembiante.

Siamo nell’ultimo cerchio infernale, ad un passo da Lucifero, nel cuore del mondo. Qui abbiamo un clamoroso colpo di scena. Quello che ci appare, nel centro della Terra, non è un mondo magmatico e rovente, ma una lacrimosa lastra di ghiaccio.

L’Inferno, quello vero, è il regno del congelamento energetico, della fissazione psicotica. Il ghiaccio ben rappresenta la nostra società nei suoi aspetti più disumani. Ogni legame pietrificato. Ognuno nemico all’altro.

Non ci sono baci, non ci sono carezze, non ci sono abbracci o parole di conforto. È tutto un horror tebano.

Le anime troppo vicine si mordono. Trionfa un crudele egoismo. Tutto è paralizzato. Condannato all’immobilità. L’assenza di movimento è assenza di amore. Il solo intelletto senza sentimento ghiaccia. La fredda lucidità non è più in grado di entrare in empatia con il prossimo. Non c’è più nessun sentimento umano.

Questo ghiaccio è Belzebù stesso a generarlo con il movimento delle proprie ali mostruose da “vespristrello”. Muove le ali ma non vola. Resta prigioniero di sé stesso.

Noi siamo congelati da migliaia di cortocircuiti mentali. Un ingombrante antivirus emotivo e cognitivo paralizza il nostro agire quotidiano. Rabbia e lamentele sono finestre spalancate contro le quali noi disperdiamo tutto il calore buono delle nostre potenzialità. Siamo le scimmiette che infilano la mano nella trappola delle aspettative e delle delusioni e da lì non ci liberiamo più. Noi non molliamo. Lucifero è imperatore sopra un mondo di macerie. Si fa grande della propria illusione mentale. Per salvarci dobbiamo lasciar andare. Ma come?

Purgatorio – Il muro di fuoco

In su le man commesse mi protesi

Guardando il foco e imaginando forte

Umani corpi già veduti accesi

Siamo alle soglie del Paradiso Terrestre, nel canto 27 del Purgatorio, per poter entrare nell’Eden tu devi attraversare un muro di fuoco, bruciare le tue ultime scorie. E noi con te, perché dobbiamo ricordare sempre che il tuo cammino è il nostro. È una nuova morte e una nuova rinascita. È un passaggio energetico importante. Ovviamente tu sei spaventato a morte. Non riesci ad andare oltre. Anche se Virgilio ti dice che oltre troverai la salvezza. Ma cambiare non è facile.

Tutti noi siamo smarriti nella nostra “selva oscura” e chiediamo solo un cambiamento per poterne uscire.

Ma quando ci viene offerta l’occasione, succede qualcosa per cui non abbiamo poi così tanta voglia di uscire. In fondo in fondo noi ci stiamo bene in questa selvuccia. La troviamo confortevole, familiare.

Per cambiare dobbiamo rinunciare a una parte di noi.

E tu lo fai. Attraversi il muro di fuoco, per amore della tua Beatrice. Cambiare implica un cambio di copione. Un cambio di prospettiva. Uno sguardo più “largo”.

Tu Dante ti sei assunto la responsabilità del tuo cambiamento. Questa è la logica infera che ci governa. Di fatto la paura è la paura di assumerci la responsabilità del nostro agire. La paura di diventare protagonisti nella nostra vita.

Liberarci da questo gelo luciferino significa liberare la mente da queste gabbie illusorie.

Paradiso – La rosa

In forma dunque di candida rosa

mi si mostrava la milizia santa

che nel suo sangue Cristo fece sposa

Siamo nell’Empireo, il (non) luogo dove tutte le anime beate risiedono, sopra scalinate e gradoni, in una sorta di teatro immenso, uno stadio che per limiti ha solo luce e amore.

Il Paradiso è una rosa. L’immagine del Paradiso, quello vero, non è un’immagine granitica, imponente, bensì appare “in forma dunque di candida rosa”. È un’immagine vegetale fragilissima. È un’immagine femminea di rara delicatezza. È qualcosa di bello e al tempo stesso labile (ricordate la rosa del Piccolo Principe?).

Eppure è eternamente effimera. È come l’idea di un cibo che nutre ma non sazia. Il Paradiso è fatto di questi paradossi. È un regno che sembra durare appena un giorno. Ma lo è per l’eternità.

Ma la cosa più bella, l’immagine che tu ci hai lasciato, è che questa felicità non è isolata, privata (e quindi “deprivata”, mancante), ma è una felicità collettiva, pubblica (come direbbe Hannah Arendt).

Lo stare in relazione non è più nella violenza, ma nella gioia. Ma c’è gioia solo se c’è relazione. Se c’è condivisione. E’ una felicità politica. Perché tu lo avevi ben chiaro quando hai scritto la Commedia, che lo scopo era allontanarci da una condizione di miseria in questa vita. Non più murati in noi stessi. Ma aperti all’altro.

Dal ghiaccio alla rosa, attraverso un muro di fuoco. Questo, banalizzandolo vergognosamente, è il cammino che tu proponi. Le immagini sono potenti.

Noi dove siamo? Dove ci collochiamo? A che punto siamo del nostro viaggio?

Questa è la grande opportunità della Commedia. La felicità la possiamo realizzare ogni giorno se usciamo dalla nostra paralisi, rinunciamo a qualcosa di noi e ci apriamo all’incontro con il prossimo. Questo tu lo hai fatto. Saremo disposti noi a fare altrettanto?

Il mio augurio è che il coraggio di questo poema possa diventare azione per tutte voi e per tutti voi.


Le tappe precedenti sono:

Davanti alla paura

L’amore è tondo e brucia

Verso la fonte della speranza

Mutami, o Diva

In equilibrio precario

Fuori dal Limbo, bambini

Amici senza distanze

Natura maestra

Bestia politica

Brama violenta

Silenzio, ti ascolto

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