L’editto del Liston
Salvini, in visita a Verona ieri, ha sciolto i dubbi sul candidato a Palazzo Barbieri alle prossime elezioni del 2022. Una strategia che, comunque vada, per lui sarà "win-win".

Salvini, in visita a Verona ieri, ha sciolto i dubbi sul candidato a Palazzo Barbieri alle prossime elezioni del 2022. Una strategia che, comunque vada, per lui sarà "win-win".
Cronaca di un endorsement. Gli stati generali della Lega a Verona ci son tutti, gli accoliti riuniti sul Liston attorno a loro Capitano in visita in città con la fidanzata. Mestiere e piacere: la politica e il concerto de Il Volo in Arena. Fuori dal cordone di sicurezza la gente osserva, “ma quello è Salvini!”, “sì è lui”, scatta foto da incollare sui social a vantaggio di chi non è dato a sapersi e con ogni probabilità non lo sanno nemmeno loro. Ma così va il mondo. Dimagrito, ma non troppo, la camicia azzurra stropicciata in un arcipelago di sudore, fotografa il primo vero caldo dell’estate. Matteo Salvini gongola nelle acque chete della fedeltà al capo, sciroppa la retorica della ripartenza e della libertà ritrovata, non rinuncia alla consueta stoccata al Governo Conte, reo di averci chiusi in casa (magari, ci dicesse cosa altro avrebbe dovuto o potuto fare), demolisce e affossa il coprifuoco, il male dei mali; al copione manca solo la bordata nei confronti di due sadici oppressori degli italiani come il professor Galli o il professor Crisanti, i teorici della fantomatica “dittatura sanitaria”: strano non l’abbia sparata, sarà stata sicuramente colpa del caldo. Fa brutti scherzi e provoca amnesie. Tranquilli, non preoccupatevi, è rimandata solo alla prossima occasione. Quando serve, il Matteo la mette giù bella grossa. Forse verrà anche il giorno in cui qualche conticino lo si chiederà anche a lui, che nel bel mezzo della tragedia che ci ha travolti come se nulla fosse auspicava le riaperture del liberi tutti e un’estate fa gridava ai quattro venti come tutto fosse finito e bisognasse tornare alla normalità. Vabbè dai, della memoria ciascuno sa che uso farne.
La sortita di Salvini a Verona un po’ di chiarezza tuttavia l’ha fatta. L’endorsement, per l’appunto, sotto l’ala dell’Arena: «Un sindaco ha bisogno di dieci anni per poter portare a termine il proprio lavoro.» Tradotto: convergenza con Fratelli d’Italia sul nome di Federico Sboarina come candidato sindaco alle elezioni tra un anno. Stop al quizzone, alle congetture, allo stillicidio di ipotesi di nomi buttati qua e là. Entrando nel Governo Draghi, la Lega a Fratelli d’Italia ha lasciato la parte più comoda nella fabbrica del consenso, la recita dell’indignazione all‘opposizione; Giorgia Meloni ne sta beneficiando abbondantemente tanto che il sorpasso all’interno del centrodestra, non appare più un miraggio. Veniamo a casa nostra. A Verona, cinque anni fa la nomina per la poltrona di Palazzo Barbieri cadde su un leghista, il senatore Paolo Tosato. La marcia indietro si ebbe quando da Arcore planò il Cavaliere a mettere tutti d’accordo sul nome di Sboarina. È successo più o meno anche adesso, solo che stavolta il timbro di cera lacca ce lo ha messo Matteo Salvini con l’editto del Liston. Nell’orbita del centrodestra, un candidato gravita già da tempo: è l’ex sindaco Flavio Tosi che gode dell’appoggio di Forza Italia e della neonata compagine partorita dai guizzi del sindaco di Venezia Brugnaro e dai mal di pancia verso gli amici forzisti del presidente della Regione Liguria Toti. Cosa che non deve aver fatto piacere a Giorgia Meloni, né tantomeno a Salvini che Tosi lo vede col fumo negli occhi sin dai tempi della scomunica dal Carroccio. Presentarsi con altri due candidati, uno di Fratelli d’Italia e l’altro della Lega, sarebbe un suicidio politico in piena regola; un regalo troppo generoso che si tradurrebbe in un’occasione irripetibile anche per i campioni di Tafazzismo dello schieramento opposto.
Per la Lega si tratta di una scelta del male minore: figure di spessore nel suo alveo in grado di conquistare il fronte, se ne vedono pochine; il rischio è di andare incontro a un grave smacco che per Salvini e compagnia cantante sarebbe un boccone troppo amaro da digerire. La politica è fatta di tattica e cinico calcolo: più prudente e più conveniente quindi caldeggiare l’attuale sindaco. Non dovesse farcela a ottenere la riconferma, la rogna se la vedranno quelli di Fratelli d’Italia in casa loro. Morale: “Se vinceremo, avremo vinto tutti. Se perderemo, avrete perso solo voi”. Un classico. Diabolica la mossa del serpente escogitata dal Capitano.
Aspettando Godot, in attesa di capire cosa farà il centrosinistra dove Damiano Tommasi non ha ancora sciolto le riserve, nel centrodestra si profila aria di derby tra i due ex amici, da tempo nemici giurati, Sboarina e Tosi. Uno scontro che dura da anni e che a giugno del prossimo anno sfocerà nella resa dei conti. Le lotte intestine non portano a nulla di buono, cannibalizzano i voti. Vorremmo ricordare che nel 2017 Orietta Salemi, candidata in pectore del PD, rimase esclusa per un solo punto percentuale dal ballottaggio, dove avrebbe poi potuto godere del sostegno dei Tosiani che pur di non vedere Sboarina festeggiare a Palazzo Barbieri l’avrebbero appoggiata. A distanza di cinque anni, ora la storia si ripete: Sboarina e Tosi a scannarsi e a darsele di santa ragione da una parte, il centrosinistra pronto (ma sul serio?) ad approfittarne dall’altra. Chi la spunterà? Lo vedremo. Per ora l’unica cosa certa è che in cinque anni le posizioni dei fanti, delle regine e dei re sulla scacchiera non sono cambiate. Segno che sulle rive dell’Adige la politica di passi ne ha fatti davvero pochi.
Oddio, qualcuno a dire il vero lo ha fatto, ma nei giardinetti del trasformismo. E non ci ha fatto un figurone. Altra questione spinosa, di cui abbiamo già parlato e di cui torneremo a parlare, magari la prossima volta. Per adesso, basta così.
Foto: Ufficio Stampa Lega – Comune di Verona
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