Da un cattivo trattato di pace rinascono spesso tensioni e nazionalismi belligeranti. Non è vero il detto che “è meglio un cattivo accordo piuttosto che non avere un accordo”. Molto meglio è un buon accordo da portare a casa. Ed è questo – fra gli altri – anche il caso dell’Ucraina.

La pace di Versailles

Penetrando fin dentro le provincie di Kursk e di Voronezh, e tagliando completamente i Russi dal mare di Azov, l’Ucraina rendeva, con la sua semplice presenza, inevitabile una futura guerra con la “Moscovia”, qualunque fosse il Governo di questa.

In Crimea gli Ucraini calpestavano i diritti tanto dei numerosi russi che vi sono immigrati, quanto dei Tartari che vi abitano fino dal XIII secolo. Con la Romania, un conflitto insanabile scoppiò a causa della Bessarabia. Si è potuto dire che dopo Brest-Litovsk la Russia tornava alle condizioni territoriali e politiche in cui era prima della battaglia di Poltava (1709). Perdeva tutte le regioni del Baltico, il Caucaso, una parte dell’Asia russa, e vedeva, come ai tempi di Mazeppa, gli Ucraini alleati all’invasore straniero

Il riconoscimento internazionale

Il diritto della Nazione ucraina di determinare come meglio intenda il proprio assetto politico, economico, culturale non può essere contrastato che dai rappresentanti della reazione monarchica, i quali vorrebbero a Parigi rappresentare la Russia (quella di Denikin e di Kolciak). L’esistenza d’un popolo ucraino altrettanto diverso dai Russi quanto dai Polacchi, è un fatto incontestabile. A questo si aggiunga che la stessa tradizione storica, sulla base della quale gli odierni nazionalisti ucraini cercano di definire l’estensione giusta del loro Stato, non è univoca.

Se non si vuole risalire alla Russia slavo-normanna del XII secolo (nella quale d’altronde Kiev, Novgorod e Mosca facevano parte del medesimo Stato), si trovano almeno quattro diverse situazioni storiche, le conseguenze delle quali influiscono tuttora sulla vita del popolo ucraino.

Pietro I il Grande

Il nucleo che dovrebbe riassumere in sé le più schiette aspirazioni alla indipendenza ucraina, sono i discendenti dei Cosacchi Zaporoghi nella regione di Kiev e di Poltava e nelle parti orientali della Volinia e della Podolia. I Cosacchi formarono una repubblica indipendente, retta militarmente dal XV al principio del XVIII secolo; si aggregarono alla Russia di propria iniziativa, stipulando il mantenimento di una larga autonomia, ma dopo la defezione di Mazeppa, il governo di Pietro il Grande, con la complicità dell’hetman Skoropadsky (degno antenato del nostro contemporaneo), procedette a una energica estirpazione di tutte le franchigie cosacche.

Un altro gruppo di popolazioni rurali, parlanti la lingua ucraina, i Poliesciuk (Polexiani), che occupano le regioni boscose a nord di Kiev fino alle vicinanze di Siedlce e la parte meridionale della provincia di Grodno, hanno diviso le sorti del gran ducato di Lituania fino alla fine del secolo XVIII: le rivolte dei contadini contro i signori, l’opera dei gesuiti e della Chiesa uniata, e le persecuzioni contro questa chiesa da parte della Ortodossia ufficiale di Pietroburgo, costituiscono i fatti principali di questa frazione del popolo ucraino.

Le tradizioni del Regno indipendente di Galizia si fermano al secolo XIV, a un’epoca cioè quando non vi era ancora differenza sostanziale tra “grandi” e “piccoli” russi. Ed è sotto il regime austriaco che nacque e si affermò il sentimento nazionale dei tre milioni di Ruteni galiziani, una minoranza dei quali continua a volersi dire “russa” e non “ucraina”. Infine, tutta l’espansione ucraina lungo le rive del Mar Nero è dovuta all’opera di conquista e di colonizzazione dell’Impero russo; nella provincia di Kherson e in quella di Ekaterinoslav sulle rive del Don e nel Caucaso settentrionale gli Ucraini affluirono assieme ai servi della gleba, cosacchi.

La caduta dello zarismo

Nel febbraio del 1917 si offrì agli ucraini l’opportunità di organizzarsi politicamente. Un parlamento (rada) proclamò la Repubblica Popolare Ucraina nel novembre dello stesso anno e l’indipendenza il 25 gennaio 1918.  L’immagine di copertina mostra il momento della firma dell’accordo tra i rappresentanti degli imperi centrali e quelli della nuova repubblica a Brest-Litovsk il 9 febbraio 1918, secondo cui le prime riconoscevano la sovranità ucraina in accordo con i trattati che misero fine alla guerra sul fronte orientale.

Allo stesso tempo soldati e ufficiali ucraini provenienti dai ranghi zaristi crearono un esercito di cui inizialmente facevano parte unità di volontari cosacchi eredi dei famosi guerrieri-banditi del XVI-XVIII secolo, come quelli visibili in fotografia.

Stalin, il dittatore feroce

Tra il 1918 e il 1921 l’esercito ucraino, guidato da Symon Petljura, tentò di consolidare l’indipendenza, ma dovette affrontare contemporaneamente i tedeschi, i polacchi ‒ che rivendicavano la parte occidentale del Paese ‒, i bolscevichi, i russi bianchi e le truppe anarchiche di Nestor Machno.

Allontanati dal potere, i bolscevichi ucraini cercarono d’instaurare un regime sovietico nella Repubblica popolare ucraina. I comunisti riuscirono a prendere Kiev lo stesso giorno in cui fu firmato il trattato di Brest-Litovsk, ma furono rapidamente espulsi dal governo grazie all’appoggio degli imperi centrali. Con l’appoggio via via più deciso di Mosca i comunisti ucraini ripresero la loro offensiva nel 1919, facendo retrocedere sempre più l’esercito di Petljura, che aveva fondato il suo potere sull’alleanza con gli imperi centrali scomparsi dopo la Grande guerra. Poco a poco le forze bolsceviche s’imposero e portarono fasce di territorio sempre più ampie sotto l’orbita di Mosca. L’8 febbraio 1920 l’Armata Rossa entrava vittoriosa a Odessa.

Iosif Stalin

Approfittando del caos, tutte le parti in conflitto commisero terribili pogrom ‒ sollevazioni popolari ‒ in cui furono uccise decine di migliaia di ebrei. L’antisemitismo non era una novità nel territorio ucraino: la violenza contro gli ebrei era diffusa in tutti i domini dell’impero russo fin dal XIX secolo. Nei primi anni di governo comunista, sotto Lenin e la sua NEP ‒ Nuova Politica Economica ‒, il Paese si riprese a livello finanziario e si svilupparono anche la lingua e la cultura ucraine.

Tutto cambiò con il trionfo di Iosif Stalin, che nel 1929 lanciò una politica di collettivizzazione agraria che obbligava tutti i contadini a consegnare le terre e il bestiame alle fattorie collettive. Quando nel ‘37 Stalin consolida il suo potere, fa uccidere tutti i bolscevichi e i padri fondatori della Rivoluzione d’ottobre.

Kaganovich, definito l’Adolf Eichmann sovietico, su ordine di Stalin stabilì una quota di 10.000 esecuzioni di ucraini alla settimana. Durante il rigido inverno 1932-1933 furono 25.000 almeno gli ucraini che ogni giorno morirono di fame o freddo secondo una strategia pianificata in dettaglio dal Dittatore. Scrive Siegmund Ginzberg che “Versailles fu firmata nel marzo del 1918 in Bielorussia tra gli Imperi centrali e i bolscevichi ma non mise fine alle stragi. Dagli orrori tedeschi fino al genocidio degli armeni”.

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