Le elezioni europee di giugno sono un momento topico non solo di rinnovo del Parlamento ma a cascata anche del Consiglio europeo e della Commissione. Vuol dire la possibilità di cambiamento delle politiche economiche all’interno dell’Unione, della politica estera, e quindi del posizionamento politico dell’Europa nel mondo.

Dove vuole andare l’Europa? Quale ruolo e responsabilità intende adottare in futuro nel contesto internazionale? La UE è piena di buone intenzioni come il Green Deal e la transizione energetica, condite di molta retorica, ma con scarse azioni concrete. L’Europa per carenza di risorse finanziarie, sconta una inerzia ed un ritardo nello sviluppo economico rispetto ai principali competitori.

Se storicamente i Paesi europei costituivano nell’insieme un’area economica importante ed attrattiva, ormai non é più così. La UE, che partendo dai sei Paesi fondatori ne comprende oggi 27, vive gli stress di una istituzione sovranazionale composita, che ha affastellato molte risorse ma anche tante contraddizioni.

Non basta creare una vasta area di libero scambio di capitali, merci e persone, la cosiddetta Area Shengen per far crescere un sistema economico. E non è sufficiente nemmeno creare una moneta unica che, con il recente ingresso della Croazia, é stata adottata da venti Paesi, a dare slancio economico all’eurozona. Una moneta unica fra economie con caratteristiche tanto diverse crea molti più problemi di quanti ne risolva.

La UE poco significativa nel contesto internazionale

L’ autorevolezza politica internazionale, di alcuni grandi Paesi europei, è andata nel tempo scemando, e questa autorevolezza perduta non è stata acquisita dalla UE. E’ evidente quanto appaia appiattita ed insignificante l’Unione Europea nel contesto di una guerra che la lambisce, come quella in Ucraina, e di quanto sta avvenendo in Palestina e Medio Oriente. Su qualsiasi problema si assite per lo più a defatiganti riunioni a Bruxelles senza che siano trovati accordi accettabili. Negli ultimi anni la crescita di nazionalismi e sovranismi, sorti anche come reazione alla crisi economica dell’Europa ed a regole comunitarie invasive, non aiuta la coesione e la solidarietà fra i vari Paesi.

Ancor meno l’Europa è una potenza militare. La spesa complessiva dei 27 Paesi UE per la difesa è stata di 240 miliardi di euro nel 2022, (254 Mld $ al cambio attuale), e destinata ad aumentare nei prossimi anni. Una spesa non indifferente, ma che frazionata fra tanti Paesi non fa paura a nessuno, se non fosse per l’appartenenza alla NATO, il cui comando è saldamente in mano agli USA.

Un esercito ed una difesa unica europea? Del tutto sconsigliabile e rischioso senza una politica estera unitaria. Già in Europa abbiamo una moneta unica senza Stato, dotarsi anche di una di una difesa europea senza una politica estera comune potrebbe essere destabilizzante. Servisse almeno a diminuire la spesa complessiva, ma al contrario la difesa europea si sommerebbe ai 27 sistemi di difesa nazionali, oltre che alle forze Nato. Un pò troppa confusione nella vecchia cara Europa.

L’Europa come punto di riferimento per il dialogo fra le culture

Tuttavia l’Europa può tornare in primo piano nel mondo non tanto per l’economia, la finanza o la potenza militare, bensì per la pace, la cultura, ed il dialogo fra i popoli. Dopo essere stata protagonista di due guerre mondiali, nella seconda metà del novecento l’Europa ha saputo costruire un sistema di relazioni amichevoli e collaborative, ed è ancora oggi punto di riferimento per la democrazia, i valori umani, i diritti sociali e civili.

Il vastissimo patrimonio storico e culturale europeo è una base seria per favorire il dialogo e la comprensione fra le diverse culture. Le stesso mosaico di lingue e tradizioni che caratterizza i Paesi europei, se da un lato é stato inizialmente di ostacolo ad una solida unità politica, è invece positivo nel confronto con altri popoli. Il programma Erasmus è un esempio di incontro e scambio tra persone di diverse provenienze che contribisce a costruire ponti tra le culture e favorire la pace.

Promuovere il disarmo ed una diplomazia multilaterale

La UE dovrebbe anche essere in prima linea nell’adesione al TPNW (Trattato per la proibizione delle armi nucleari), approvato dall’ONU il 7 luglio 2017 ed entrato in vigore nel 2021, ma che purtroppo pochissimi Paesi europei hanno fino ad ora sottoscritto. Anche l’Italia, che sul proprio territorio ospita numerose testate nucleari, delle quali non ha nemmeno il controllo, non lo ha sottoscritto, evidentemente per evitare uno sgarbo agli USA. L’Italia e l’Europa potrebbero invece giocare un ruolo importante nel promuovere il disarmo nucleare a livello globale e nel lavorare verso un mondo più sicuro senza armi nucleari.

La UE può inoltre assumere un ruolo importante nel promuovere una diplomazia multilaterale come strumento per risolvere i conflitti. L’Europa può rappresentare il luogo ideale per il dialogo e la negoziazione al fine di risolvere le controversie internazionali, contrastare l’aumento delle spese militari, promuovere la cooperazione.

Ma per realizzare questo progetto, l’Europa dovrebbe prima di tutto rivedere l’attuale rapporto di subordinazione con gli USA. Pur inserita nel contesto occidentale, l’UE dovrebbe ritrovare una propria autonomia ed un più libero e collaborativo rapporto con i sempre più numerosi Paesi non allineati.

È un sogno? Un’utopia? Forse, ma a guardare bene questa sarebbe la transizione politica più congeniale per l’Europa, ed in primis per l’Italia.

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