Una caratteristica dello sviluppo economico della società italiana nel primo dopoguerra è stato il forte impulso dato dal settore edilizio.  La conseguenza fu una frenetica cementificazione del suolo e un ampliamento delle città; ma allora l’Italia doveva essere ricostruita.

Verona non si discostò da quel modello ma, a differenza di altre città mantenne, sino ai primi anni ’90, una sua specifica particolarità. Chi gestiva il potere politico-amministrativo ebbe sempre la massima attenzione per evitare che si formassero potenti gruppi di interesse economico-politico, in grado di modificare sostanzialmente gli equilibri tra i diversi operatori economici e politici della città.

Un ombrello clientelare

Dal secondo Dopoguerra, fu creato una sorta di ombrello clientelare, garantito dal maggior partito cittadino, che consentiva a diversi operatori del settore edilizio di intervenire, senza permettere che si costituisse un centro monopolistico, in grado di modificare una gestione del potere che lasciava libertà di iniziativa a differenti soggetti imprenditoriali.

Lo sforzo era finalizzato a raccogliere tutti gli operatori del settore, dai più piccoli ai più grossi, per difenderne gli interessi. Venivano così ricavati spazi operativi per tutti. I meccanismi che hanno formato e gestito il territorio, sono stati il prodotto del rapporto tra due fattori, quello economico/affaristico e quello politico/amministrativo, con il secondo che controllava il primo. Ma, dagli anni ’90 in poi la crisi dei partiti e la decadenza del ruolo della politica hanno modificato tutto.  

Il fattore politico si è dimostrato incapace di controllare quello economico e ne è diventato succube. Si è totalmente rovesciato il rapporto tra i due fattori e, mentre nel passato quello politico-amministrativo era il più forte, ora, quello economico/affaristico ha preso il sopravvento, spesso gestendo e/o creando direttamente i soggetti politici a cui affidare la gestione delle città.

La crisi dei partiti e della politica hanno coinvolto anche le pubbliche amministrazioni, non di rado sostituite nelle scelte d’uso urbanistiche dagli stessi operatori privati che, impropriamente, ne stanno prendendo il posto.

Un abito di Arlecchino

La pianificazione territoriale, definita dalle “manifestazioni d’interesse” degli investitori privati, di fatto diventa una sorta di abito di Arlecchino, privata di un disegno organico complessivo e ridotta a un semplice atto burocratico per giustificare e legalizzare la speculazione edilizia ed economica. Non si progettano porzioni di città, con quota parte di abitazioni, di negozi, di uffici e di servizi, ma poli monofunzionali. Il ruolo degli urbanisti si limita a giustificare tecnicamente le scelte dettate soprattutto dai portatori di interessi economici. A Verona, il centro storico si è trasformato in un contesto di consumo turistico, i borghi periferici in dormitori e la Zai in un nucleo di poli e centri commerciali e direzionali.

Sarebbe quindi indispensabile modificare totalmente il meccanismo utilizzato negli ultimi 17 anni per pianificare il territorio e attuare una vera urbanistica partecipata in grado di iniziare un processo di trasformazione policentrica del tessuto urbano, azzerare il consumo del suolo e garantire una maggiore qualità cittadina con la realizzazione di idonei sistemi del verde, della cultura e della mobilità.

In questo totale cambiamento del rapporto tra politica ed economia, il rischio che le organizzazioni criminali, strutturate come vere e proprie aziende, possano penetrate sia nel fattore politico, avvicinando e controllando parecchie personalità, che in quello economico, fornendo denaro fresco, è drammaticamente reale. È noto come la criminalità organizzata abbia trovato nella stesura dei piani regolatori e nella successiva attività edilizia, un modo perfetto per condizionare i politici e gli amministratori pubblici.  Da sottolineare come le infiltrazioni mafiose siano state agevolate dal metodo utilizzato dalle pubbliche amministrazioni di pianificare il territorio, evitando ogni forma di vera urbanistica partecipata.

Ma perché questo meccanismo possa funzionare sono necessari, oltre alla corruttibilità degli amministratori e alla disponibilità di professionisti e imprenditori locali, anche dei contesti politico-sociali in cui gli interessi personali prevalgano su quelli pubblici e dove sia assente la partecipazione attiva dei cittadini alle scelte d’uso del territorio e quindi al controllo democratico.

La criminalità organizzata nei nostri territori

Le infiltrazioni mafiose al Nord non hanno significato mitra e lupare, ma opportuni contatti con il potere politico e quello finanziario.

Il metodo usato dalle mafie per infiltrarsi è noto: dapprima, attraverso i propri professionisti, ‘puliti’, incensurati e senza scrupoli, imbastiscono relazioni commerciali con alcuni soggetti influenti delle città con cui intendono investire, quali politici, amministratori e operatori economici quindi, grazie alla grande disponibilità di denaro di dubbia provenienza, arrivano a gestire gradualmente le scelte relative alla rendita fondiaria. 

Nel tempo, tra i rappresentanti delle mafie e gli operatori politici ed economici dei territori interessati, si costruiscono relazioni, scambi, vincoli di fiducia, obblighi e favori reciproci. L’edilizia e l’urbanistica, grazie alla possibilità di grossi guadagni e di riciclaggio di denaro sporco, risultano il terreno fertile per le operazioni della cosiddetta malavita organizzata, che arriva a controllare le scelte urbanistiche nella stessa fase di formazione degli strumenti di pianificazione.

A differenza del passato, dunque, le mafie non agiscono con opere abusive, contando su sanatorie e condoni, ma ‘suggerendo’ le destinazioni d’uso durante la stesura dei Piani Regolatori, legittimando in tal modo scelte urbanistiche ed edilizie a loro più vantaggiose e acquisendo diritti che nessuno potrà bloccare.  In questo modo, le mafie non costruiscono nulla di abusivo, ma tutto è realizzato secondo le norme urbanistiche ed edilizie approvate.

Gli interessi mafiosi sulla gestione delle città si confondono con le altre speculazioni edilizie del mercato legale e con gli effetti di una pianificazione ispirata dalle richieste degli investitori privati, incuranti dell’interesse comune e asservite al profitto immobiliare. Le organizzazioni criminali, come contropartita al controllo della pianificazione territoriale, sono in grado di offrire ai politici e agli amministratori corruttibili soldi, clientele, gruppi di elettori, bacini di consenso del territorio e il condizionamento del voto. Così, se nel passato erano i rappresentanti della criminalità organizzata che cercavano gli amministratori per fare affari, ora sono i politici, o presunti tali, a rivolgersi agli esponenti in doppio petto delle mafie per garantirsi voti, sicurezza politica e soldi; ben consapevoli che conviene alla loro carriera contare sul sostegno elettorale della stessa criminalità organizzata.

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