Era l’ottobre 2020 e il movimento civico Traguardi capitanato da Tommaso Ferrari lanciava il suo appello a tutto il mondo del centrosinistra scaligero per provare, con oltre un anno e mezzo di anticipo rispetto alle prossime elezioni amministrative fissate per la primavera del 2022, a scardinare insieme il dualismo creatosi tutto interno al centro-destra fra Tosi e Sboarina e infilarsi come un cuneo con una nuova proposta, credibile e finalmente efficace.

Un appello che oltre a un doveroso richiamo all’unità, unica strada per provare ad arrivare quantomeno al ballottaggio fallito – lo ricorderete – quattro anni fa dall’allora candidata Orietta Salemi, si rivolgeva soprattutto nei confronti di un programma condiviso, che avesse possibilmente al centro i giovani e le periferie, l’ambiente e la cultura e, dulcis in fundo, una gestione turistica che non portasse alla cannibalizzazione del centro storico della città. Insomma, l’idea di fondo era quella che, partendo per tempo (e un anno e mezzo, in effetti, è un tempo congruo per ricostruire, dalle macerie, un’idea che possa attecchire nell’elettorato), ci fosse questa volta davvero la possibilità di compattarsi attorno a un programma e un candidato unico, che potessero giocare la partita fino alla fine con i candidati del centro-destra, storicamente favoriti nella corsa alla poltrona di primo cittadino in riva all’Adige.

Da allora, però, sono passati dodici mesi e nulla è sembrato davvero muoversi, lasciando un po’ di sconcerto in chi credeva che quella di partire per tempo fosse una buona idea.

Il “nodo” Tommasi

Certo, nel corso di quest’anno si è parlato insistentemente di Damiano Tommasi come possibile candidatura unitaria e su di lui, alla fine, per una volta si sono dimostrati tutti o quasi d’accordo… tutti tranne forse lui stesso, che al momento non ha ancora sciolto le riserve, in un senso o nell’altro.

Tommasi non è evidentemente ancora convinto al 100% di spendersi in questa avventura. Vuoi perché la vittoria è comunque difficilissima da ottenere, vuoi perché qualora anche andasse bene nel ruolo di sindaco gli oneri sono spesso superiori agli onori, vuoi infine perché in caso di candidatura si brucerebbe altre possibilità (magari ancora nel mondo del calcio) che si stanno creando, la decisione non è ancora stata presa. E questo, nonostante ci sia ancora un po’ di tempo a disposizione, non fa bene alla causa.

Tommasi non è un “fesso”, anzi… ha sempre saputo muoversi con destrezza nei vari ambiti in cui ha operato e conosce perfettamente i rischi di una scelta di questo tipo. Di certo pretende la garanzia della massima (se non totale) unità dell’intero panorama del centro-sinistra veronese, cosa che sappiamo bene essere una sorta di “chimera”. Tommasi, inoltre, non vuole nemmeno essere un burattino nelle mani di politici più esperti e sta probabilmente cercando di capire a quali “pressioni” o “tirate di giacchetta” dovrà far fronte, sia in campagna elettorale sia, qualora andasse bene, in un eventuale quinquennio a Palazzo Barbieri.

Tommasi, infine, sa anche che ormai i tempi sono maturi e dovrà a brevissimo dare una risposta definitiva a chi gli chiede lumi, almeno per permettere al centro-sinistra di ipotizzare un eventuale piano B in caso di rinuncia. In quel caso ne vedremo delle belle.

Tutti fermi

Non è dato sapere, in effetti, se al momento si sia pensato concretamente anche a qualche alternativa. Federico Benini del PD, qualche giorno fa dalle colonne de L’Arena, sosteneva giustamente che non c’è più molto tempo e che occorre dare delle risposte all’elettorato di centro sinistra veronese. E, consentitecelo, ha ragione da vendere. Perché la percezione che emerge è che questo generale immobilismo comunicativo sia in parte dovuto all’attesa di conoscere prima le mosse degli “avversari”, dove un Flavio Tosi potrebbe addirittura trovare l’insperato appoggio della Lega di Salvini, che di passaggio a Bovolone nei giorni scorsi non ha escluso un’alleanza proprio con quello che, fino a poco tempo fa, veniva additato come il nemico numero uno per il Segretario del Carroccio. E quindi l’alleanza Fratelli d’Italia-Lega non appare più così solida come Meloni e Salvini stesso, almeno a livello nazionale, vogliono farci credere. Certo, quello di Salvini può essere anche solo un messaggio a nuora affinché suocera intenda. Una settimana dopo aver incassato a fine giugno l’endorsement dello stesso Salvini il Sindaco, con tempistiche probabilmente da rivedere, ha ufficializzato il suo passaggio da Battiti a Fratelli d’Italia, mandando – dicono i ben informati – su tutte le furie lo stesso “Capitano”, che ora si diverte a lanciare segnali tutt’altro che rassicuranti per il primo cittadino.

Gli equilibri nel centro-destra

Insomma, se a sinistra non si ride, nella destra scaligera molto c’è ancora da dire. Il primo cittadino ha ovviamente l’appoggio della Meloni, ma se Tosi (accreditato attorno al 20%) si dovesse presentare davvero anche con l’appoggio della Lega, che in città ha la maggioranza dei voti, potrebbe non bastare.

Chissà, però, se alla fine Flavio Tosi deciderà di “gareggiare” sul serio per un ruolo che ha già ricoperto per dieci anni, dal 2007 al 2017. Magari in cambio di qualche “assicurazione” sul suo futuro proveniente proprio dai vertici leghisti (ad esempio come prossimo candidato alla Presidenza regionale, nel 2025, quando Zaia vedrà scadere ineluttabilmente il suo terzo e ultimo mandato) potrebbe rinunciare a questo scontro “fratricida” per consentire a Sboarina di presentarsi con l’appoggio di tutto l’elettorato del centro-destra ed evitare il rischio di perdere la città. Una città che dal dopo-Tangentopoli in poi ha sempre consegnato Palazzo Barbieri a un candidato di quell’area politica. Sempre tranne nel 2002, quando proprio una situazione per certi aspetti analoga (l’allora sindaco uscente Michela Sironi non appoggiò il nuovo candidato di centro-destra Bolla) portò alla vittoria di Paolo Zanotto.

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