La tv e il web, onnivori, si mangiano tutto. Pure la scienza e la credibilità dei medici. E così l’informazione sul virus, dopo un breve inizio incoraggiante, con il passare dei mesi si è ridotta a dibattito da stadio, con i virologi relegati al ruolo di meri opinionisti in talk show caciaroni.

Nelle arene mediatiche sono nati i virologi “di destra” e quelli “di sinistra”, perché, si sa, la tv e il web pretendono le loro etichette. Quelli “di destra” tendono a minimizzare il virus, quelli “di sinistra” sembrano invece vivere nel mito fondativo ed eterno del lockdown, perché fuori forse si muore. Tutto, in un senso o nell’altro, è estremizzato, spettacolarizzato e quindi banalizzato. L’obiettivo non è più informare, ma solo comunicare un sentimento (negazionista o allarmista che sia).

In tutto questo marasma pochi provano a farci tornare sulla terra con completezza di cifre, proiezioni, confronti, contestualizzazioni dei numeri. Pochi provano a darci la dimensione reale del virus, che esiste ed è una minaccia, ma non è l’ebola o la malaria. Ma chi ha un approccio razionale è considerato noioso dal circuito mediatico, al limite lo si può trovare in qualche “taglio basso” nelle pagine interne di giornale, quando va bene.

L’informazione italiana si conferma poco pragmatica e molto sensazionalista. Con il solito perverso obiettivo di fondo: non trasmettere informazioni, ma far discutere, disconoscendo la sfera dell’oggettivo e gonfiando a dismisura – fino al limite del becero – il dibattito soggettivo.

Persino dando spazio allo sparuto e tragicomico gruppo di “no mask”, paradossalmente utili e strumentali alla parte opposta, cioè i “fondamentalisti del virus”, gli “adepti del lockdown”, che porgono il microfono ai cretini per ridicolizzarli e far passare il messaggio che è così (dunque ridicolo) chiunque non la pensi come loro. Guai se emergesse che chi non è “fondamentalista del virus ” non è affatto automaticamente “no mask” o negazionista, ma solo una persona che cerca di capire il reale tasso di viralità, letalità e mortalità del virus oggi.

Ma nulla ci aiuta a capire. Non ci aiutano a capire i titoloni sparati sui nuovi positivi, numeri dati senza contestualizzazione (quanti i ricoveri rispetto ai positivi o i positivi rispetto al numero di tamponi? Quale l’età media dei malati e quella degli asintomatici? Quale il rapporto in percentuale tra ricoverati e ricoverati con patologie pregresse?). Non ci aiuta a capire un titolo (“la mascherina non serve”) fuorviante rispetto a un concetto che l’intervistato non ha mai pronunciato (“sono per la mascherina, credo non serva solo quando si è soli all’aperto” era la dichiarazione completa). Non ci aiutano a capire, appunto, i servizi su quei cretini dei “no mask”.

Ma forse chi alimenta il terrore non vuole farci capire. La paura, la speranza e il bisogno sono le tre leve del controllo delle masse. Nel momento in cui il potere non è in grado di soddisfare i bisogni, o è incapace di dare speranza, ricorre alla paura. Solo quella sa far capolino in quest’epoca cupa.