Martedì 6 febbraio 2024, alla Baita delle Associazioni a Pedemonte, si è tenuto un incontro sul tema del federalismo e della pace, questione molto d’attualità in questo periodo che vede spietati conflitti ai confini del vecchio continente.
I relatori, Pierangelo Cangialosi e Alberto Gasparato, federalisti veronesi del Movimento federalista europeo, hanno illustrato in una rapida carrellata gli esponenti principali del pensiero federalista moderno.

Dobbiamo al filosofo italiano Norberto Bobbio la distinzione fra tre diversi tipi di pacifismo. Quello “strumentale”, secondo cui le guerre diventerebbero impossibili eliminando le armi, quello “etico-finalistico”, che si propone di avere un’uniformità religiosa o culturale che renda improbabili i conflitti, e infine quello “giuridico-politico”, che si propone di realizzare delle istituzioni per impedire la possibilità della guerra fra gli Stati.


L’ultimo tipo di pacifismo è strettamente collegato al federalismo politico, sostenuto in Europa dall’economista italiano Luigi Einaudi e dal diplomatico inglese Lord Lothian, nonché dal politico Altiero Spinelli e dal pensatore Ernesto Rossi, autori del celebre Manifesto di Ventotene.

Quale pacifismo

Mentre la minaccia nazista cresceva in Europa, Lord Lothian scrisse nel 1935 il libro “Il pacifismo non basta, nel quale sosteneva che eliminare le armi non sarebbe bastato, perché nessuno può impedire a un altro Stato di armarsi. Con questo riprendeva le tesi del filosofo tedesco Immanuel Kant che nel 1795 con il suo “Per una pace perpetua. Progetto filosofico” aveva dato un significato politico al termine “pace”. Per Kant si trattava di passare da una “pace” intesa come “tregua” fra due conflitti successivi a una “pace” fra gli Stati assicurata da una federazione mondiale in modo analogo alla “sicurezza” di cui si occupano le forze di polizia  all’interno di ogni Stato.


In altre parole, sosteneva il filosofo tedesco, una federazione mondiale permetterebbe di superare l’anarchia internazionale legata all’esistenza di Stati sovrani ed indipendenti, e consentirebbe loro di evitare di concepire la guerra come prosecuzione della propria politica estera.

L’esempio degli Stati Uniti d’America

Pochi anni prima, l’americano Alexander Hamilton aveva ideato un geniale compromesso fra chi avrebbe voluto sciogliere la confederazione ed avere tredici Stati sovrani ed indipendenti e chi invece avrebbe voluto realizzare un nuovo Stato unitario del quale le ex-colonie sarebbero diventate delle semplici “regioni”.
Dando vita nel 1789 agli Stati Uniti d’America, cioè a uno Stato di Stati, in Nord America ci si poneva l’obiettivo di evitare che le tredici nuove realtà nate dalla Guerra di Indipendenza, debolmente alleate in una confederazione, si incamminassero sullo stessa dolorosa strada già percorsa dagli Stati europei.

Nel dibattito è stato evidenziato che non solo la Società delle Nazioni nata dopo la prima guerra mondiale (ma senza la partecipazione degli Usa che pure l’avevano ideata), ma anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite (che non fu dotata del previsto esercito mondiale a causa della Guerra fredda fra Stati Uniti e Unione Sovietica) non possono impedire le guerre fra gli Stati, essendo di fatto delle semplici confederazioni.
Come ben si espresse Hamilton, “sperare in una permanenza di armonia fra molti Stati indipendenti e slegati sarebbe trascurare il corso uniforme degli avvenimenti umani e andare contro l’esperienza accumulata dal tempo”.

In altre parole le confederazioni non durano, fatto di cui siamo testimoni riguardo all’attuale forte crisi dell’Onu.

Il peso delle interferenze russe e cinesi sull’informazione

Anche l’Unione europea, che ha come unico elemento federale la moneta unica e la Banca Centrale Europea, rimane una fragile alleanza di 27 governi.

La sua fragilità è messa in evidenza non solo dal fatto che ogni elezione politica nei suoi più popolosi Stati membri rappresenta di frequente un momento critico, ma anche dai danni che riesce a infliggere un‘informazione sovente deformata sulle questioni europee, come nel caso della Brexit, decisa sulla base di dati e notizie false.
La Ue è tutt’oggi vittima del cosiddetto Fimi, cioè Foreign information manipulation and interference, in particolare per opera di Russia e Cina, che hanno interesse ad evitare un’Europa politicamente unita.

Per il resto, è forse un positivo segno dei tempi che ci sia un movimento europeo degli agricoltori che guarda a Bruxelles, cioè dove effettivamente, per quanto debole in quanto confederale, è presente l’unico reale potere di incidere sulle questioni attuali, fra le quali abbiamo la realtà del cambiamento climatico, che impone delle scelte importanti, ad esempio nel campo dell’uso sostenibile dell’acqua, al 70 per cento impiegata per scopi agricoli.

Le iniziative politico culturali del Movimento federalista europeo della Valpolicella proseguono il 19 marzo 2024, sempre alla Baita delle Associazioni di Pedemonte, sul tema dell’intelligenza artificiale e dei diritti umani con Massimo Contri e Fabrizia Fabbro.

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