In un decennio cominciato con una pandemia, proseguito con l’invasione russa dell’Ucraina e ora con il conflitto in Medio Oriente, è grande l’interesse generale per cercare di capire cosa può riservarci il futuro.

A questo ha cercato di rispondere il giornalista ed esperto di politica internazionale Stefano Verzé in un incontro tenutosi recentemente a Pedemonte, Verona, presso la locale Baita delle Associazioni, tratteggiando quella che egli ha definito una “fotografia” della situazione geopolitica dell’Europa e del mondo.

Si è trattato di una fotografia a tinte fosche, perché dopo la fine della Guerra fredda e il trentennio di supremazia americana, oggi l’Occidente appare in crisi profonda, a partire dal suo Stato guida.

Donald Trump non fa mistero di guardare ai valori esterni all’Occidente eliminando la divisione dei poteri, cercando il controllo dei mass media e alimentando la sfiducia nelle istituzioni democratiche e nei suoi meccanismi. Quell’Occidente fondato sui diritti individuali, la libertà di pensiero, il diritto di parola e l’integrazione sociale sembra in una seria crisi esistenziale.

Dio, patria e famiglia

Coinvolti in crisi continue e ripetute, mancando un sistema politico mondiale che possa governare i problemi portati dalla globalizzazione riscuotono, però, ampi consensi i leader i cui punti di riferimento sono “Dio, Patria e Famiglia”.

Questo accade nell’Ungheria di Viktor Orban ma anche nella Russia di Vladimir Putin, nella Turchia di Recep Tayyip Erdogan, nella Cina di Xi Jinping e pure negli USA di Donald Trump per non parlare dell’Iran di Ali Khamenei. In Germania l’estrema destra di Afd è quotata intorno al 20% e se si votasse oggi alle presidenziali in Francia Marine Le Pen avrebbe probabilmente la meglio su Emmanuel Macron.

Oggi non è l’Occidente che esporta il proprio modello, ma sono Russia, Cina e Iran, che cercano di imporre la propria visione a tutti. Il convincimento che ci sia un complotto mondiale con l’obiettivo finale della soppressione delle libertà è abbastanza diffuso. Il complottismo si spinge a vedere nella UE un’organizzazione diretta da burocrati, anche se il personale impiegato alla Commissione Europea è analogo a quello di una capitale europea come Madrid.

Un’alternativa all’Occidente

Putin dal 2007 lo dice chiaramente: il suo obiettivo è ripristinare l’impero zarista. Dunque non sarebbe sufficiente lasciargli il Donbass per avere la pace, come non fu sufficiente nel 1938 lasciare i Sudeti a Hitler.
Putin rappresenta un’alternativa ai valori dell’Occidente. Per il resto l’Occidente non vuole sconfiggere pesantemente la Russia e gli aiuti all’Ucraina sono centellinati. Un focolaio di guerra potrebbe accendersi presto ancora più vicino a noi, cioè nei Balcani, dove i serbi di Bosnia vorrebbero unirsi alla Repubblica serba.

Vladimir Putin

L’attuale Unione Europea è una sorta di confederazione di governi e come tale è esposta alle conseguenze di ogni elezione politica in ciascuno dei suoi Stati. In ognuno di questi oggi ci sono simpatizzanti per Putin e per i suoi metodi di governo.

Nel corso del 2024 circa 3,5 miliardi di persone andranno alle urne e i risultati delle elezioni europee e soprattutto di quelle statunitensi saranno estremamente importanti.

Il 9 giugno 2024 si voterà per il Parlamento europeo e gli attuali sondaggi indicano la possibilità che le forze nazionaliste possano guadagnare ulteriori seggi, pur senza diventare maggioranza.

Le elezioni negli Usa e una nuova consapevolezza europea

Il 5 novembre 2024 si eleggerà il nuovo presidente americano. L’Europa è diventata meno importante per gli Usa, impegnati piuttosto nel confronto con la Cina nell’Indopacifico, e la pacifista Europa, per di più divisa politicamente, potrebbe diventare una facile preda della Russia.

Verzé ha indicato ben pochi motivi di speranza, anche per la mancanza di una classe politica europea all’altezza delle sfide che sono di fronte al Vecchio Continente. Nonostante tutte le minacce che la circondano il nemico rimane infatti per molti il “burocrate” di Bruxelles.
C’è scarsa consapevolezza della necessità di una maggiore integrazione europea, ad esempio nel campo della difesa e della politica estera comune.

In Europa oggi non ci sono più attriti fra Austria e Italia circa l’Alto Adige-Sudtirolo, o fra Regno Unito e Irlanda circa l’Irlanda del Nord, o fra Francia e Germania per l’Alsazia, e questo grazie all’originale creazione politica che è l’Unione Europea. Eppure questo poco sembra importare agli europei, occupati a perseguire una sovranità nazionale, non avendo ancora compreso che essa prima o poi porta alla guerra, come è capitato in Europa per molti secoli.

Bisognerebbe dire agli europei, ha concluso Verzé, che non sono immuni dalla guerra. Di qui la necessità di andare verso un assetto federale. Una scelta ovvia, che non dovrebbe essere nemmeno oggetto di discussione, perché l’Europa delle Nazioni non può essere pacifica, come, aggiungiamo noi, ha fallito la “Comunità di Stati Indipendenti” creata frettolosamente nel dicembre 1991 in contemporanea allo scioglimento dell’Urss, che oggi vede uno dei suoi membri aggredirne un altro in una guerra feroce. 

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