Questo sei tu. Chi eri prima? Chi sarai domani? Solitamente, per cosa usi il cellulare? Cosa metteresti nello zaino se dovessi partire subito? Ce l’hai il passaporto? È forte, o è debole? Qual è l’ultimo viaggio che hai fatto?

Il visitatore che entra nel percorso di Panta Rei si ritrova sommerso di domande, di decisioni da prendere, senza tanto tempo per rispondere. La sensazione è quella di entrare in un tunnel scomodo, da cui non si vede l’ora di uscire.

Giubbotti di salvatagio raccolti in Grecia. Foto autorizzata

A rifletterci bene e con i dovuti distinguo, dev’essere proprio la stessa sensazione di chi si trova a dover affrontare un viaggio da migrante, ovvero da persona che non ha i requisiti corretti, secondo le legislazioni internazionali, per poter viaggiare normalmente: prenotando un volo, acquistando un biglietto del treno, o un trasporto via mare.

Il visitatore quindi si trova immediatamente immerso, o sommerso in alcuni casi, dai tecnicismi di passaporti “più forti” di altri; vivendo direttamente l’esperienza di essere in viaggio e trovarsi in situazioni in cui ci si vede rifiutati la possibilità di salire su un aereo, per esempio.

Da lì parte il percorso esperienziale che porta ad attraversare l’odissea dei viaggi illegali, quelli non ufficiali, che tuttavia si strutturano con delle regole di mercato identiche a quelli dei viaggi legali.

Il viaggio, visto da dentro

Quanto costa un passaggio in camion attraverso determinati confini? Quando costa una guida? Il noleggio di una scala per scavalcare una recinzione di frontiera?

Ci sono persino offerte last minute: un camionista che deve percorrere un determinato tragitto e lancia l’affare via chat. Una chat a cui si iscrivono migliaia di contatti, migliaia di migranti in attesa del passaggio giusto, quello che va nella direzione sperata, quello che si può sostenere economicamente. Proprio come noi, quando guardiamo le offerte per le vacanze.

Tutto l’allestimento è accompagnato da suoni, documenti audio, video registrati con telefonini, che documentano senza filtri e senza edulcoranti, cosa significa intraprendere un viaggio di questo tipo.

Allestimento di un bivacco. Foto autorizzata

E poi ci sono le pause forzate, i campi abusivi, i centri di detenzione, i bivacchi. Tutto documentato con foto ma soprattutto con i resti di chi è già passato nello stesso tratto in cui ci si trova in quel momento.

I volontari dell’associazione Lungo la rotta balcanica, hanno raccolto personalmente oggetti personali lasciati dai migranti durante il viaggio.

E ora questi oggetti sono esposti sotto gli occhi del visitatore, che può vedere, sentire l’odore, calpestare persino, resti di umanità. Rifiuti che raccontano i rifiutati. Che però esistono, sperano, si muovono.

Ci sono medicine, pezzi di cellulari rotti, fogli di via, vestiti, zaini, giochi… tutto quanto può stare in una borsa e cadere per strada. Oggetti che gridano la storia dei loro proprietari, che chissà dove sono ora, se sono arrivati, se si sono persi o se sono tornati indietro.

Alcuni sono morti. A ricordarli sono rimaste delle foto e delle didascalie appese ai muri della mostra.

Una mostra itinerante

Panta Rei: vite migranti lungo la rotta balcanica è un’esperienza, più che una mostra. È un’istallazione che dal 2019 gira l’Italia, con l’intento di far vedere, cosa significa essere costretti a rivolgersi ai trafficanti di migranti per dover scappare.

Panta rei. Tutto scorre. Fiumi, persone, vite, tempo e generazioni. Tutto è incerto e precario.

(dal libro Lungo la rotta balcanica: Viaggio nella Storia dell’Umanità del nostro tempo”, Infinito Edizioni)

Un’installazione che soprattutto chi sta pensando alle fototrappole, per avvistare profughi da lontano, o desidera catturare tutti i trafficanti del globo terracqueo, sarebbe meglio vedesse.

Tanto basta andare sulla pagina dell’associazione e con facilità si può trovare la prossima tappa delle mostra e le date in cui si svolge. Quella a cui ha partecipato Heraldo si trovava a Mestre, presso il Teatro Kolbe, e si è conclusa domenica 26 marzo.

L’Associazione

Lungo la rotta balcanica – Along the Balkan Route è una associazione nata a Venezia, a settembre 2015, che ha come obiettivi principali la sensibilizzazione, l’informazione e la promozione di azioni su campo nei paesi lungo la rotta balcanica e in Italia.

Copertina del libro di Anna Clementi e Diego Saccora

Nel 2016 Anna Clementi e Diego Saccora, rispettivamente presidente e vice presidente dell’associazione, pubblicano il libro Lungo la rotta balcanica: Viaggio nella Storia dell’Umanità del nostro tempo” edito da Infinito Edizioni per dare voce ai vissuti di donne, uomini e bambini, bloccati tra Grecia, Macedonia, Serbia e Croazia nel fango dei campi profughi e incatenati dalla burocrazia.

Dal 2017 tra le varie attività, i volontari dell’associazione organizzano veri e proprio viaggi di formazione e di conoscenza lungo la rotta balcanica, con lo scopo di far conoscere da vicino le storie dei migranti e per incontrare i gruppi, le associazioni e le organizzazioni non governative che si impegnano ogni giorno nel sostegno a queste persone in transito.

Da ottobre 2019 l’associazione è parte di RiVolti ai Balcani – Rete dei diritti in movimento, e di altre realtà dedite all’accoglienza.

Sempre nel 2019 è nata l’idea dell’installazione Panta Rei: vite migranti lungo la rotta balcanica, per percorrere, attraverso l’uso di oggetti, foto, racconti, suoni e video, i principali cambiamenti avvenuti lungo la rotta balcanica dal 2015 ad oggi.

“Lungo la rotta balcanica” è anche un blog, una piattaforma dove trovare contatti e risorse e valorizzare competenze ed esperienze per chi è interessato a conoscere le realtà associative attive lungo la rotta balcanica e i report pubblicati su questa vasta area così vicina ma apparentemente così lontana.

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