«Il respingimento viene definito (dai migranti della Rotta Balcanica ndr.) l’inferno o l’apocalisse. Queste parole ci fanno riflettere su qualcosa di molto inquietante, ovvero sul fatto che uno Stato (quello italiano ndr.) si comporta in modo illegale facendo finta di non saperlo». Sono queste le parole di Stefano Collizzolli, uno dei tre registi di Trieste è bella di notte. Un documentario che sta facendo il giro delle sale cinematografiche italiane e che è stato presentato a Verona venerdì 3 febbraio al Cinema Teatro Nuovo San Michele. Obiettivo del lungometraggio, realizzato da Collizzolli assieme a Matteo Calore e Andrea Segre, non è solo quello di raccontare il cammino dei migranti lungo la rotta balcanica fino al confine italo-sloveno, ma intende soprattutto denunciare la pratica delle “riammissioni informali”. Un meccanismo adottato dai Paesi dell’Unione Europea interessati dalla rotta per bloccare il flusso migratorio e che rende i migranti che lo subiscono vittime di violenza fisica e psicologica, specialmente negli Stati, pur facendo parte dell’Ue, i diritti umani non vengono rispettati.  

La realizzazione di Trieste è bella di notte è stata fortemente voluta dal Consorzio Italiano Solidarietà – Ufficio Rifugiati Onlus di Trieste, che da anni opera in prima linea a favore dell’accoglienza e della tutela di richiedenti asilo, rifugiati e persone titolari di protezione sussidiaria o umanitaria presenti a Trieste e in Friuli Venezia Giulia. Ente che insieme a RiVolti ai Balcani e Per Cambiare L’Ordine delle Cose – Forum nazionale ha collaborato alla realizzazione del film.

«Abbiamo presentato finora il documentario in dieci città italiane diverse – spiega Collizzolli -. Le proiezioni in calendario continuano a crescere e ogni volta incontriamo pubblici nuovi. Verona è stata una delle città con più afflusso (250 ingressi ndr.), ma anche nelle altre sale cinematografiche abbiamo trovato un pubblico consistente. Ciò significa che stiamo incontrando un bisogno di reagire al tema delle “riammissioni informali” che non è solo nostro, di ICS, o delle reti che operano sui Balcani».

L’appuntamento alla Camera dei Deputati

L’appuntamento più importante si terrà lunedì 6 febbraio, alle 10 alla Camera dei Deputati dove verrà proiettato il documentario. Un particolare invito alla presentazione e visione di Trieste è bella di Notte è stato rivolto al ministro degli interni Matteo Piantedosi, siccome il 28 novembre 2022 è stata firmata per mano sua una direttiva che reintroduce le “riammissioni informali”. Pratiche che erano state dichiarate illegittime dal Tribunale di Roma nel gennaio del 2021 e interrotte poi dal Governo Draghi.  

«Paolo Rumiz, parlando di Europa, sostiene che un corpo politico non può esistere senza un grande mito – riporta Collizzolli -. Credo che in questo momento l’Unione Europea non riesca più a mantenere quella promessa di luogo in cui poter essere liberi, dal momento che queste persone vengono viste come minaccia, invasori o come disperati da aiutare. Per quanto sia innegabile la dimensione devastante dell’abuso che subiscono, i testimoni di questo documentario e chi come loro percorre la rotta balcanica non sono disperati ma pieni di speranze.

Una Trieste bella di notte era la fine di un viaggio lunghissimo ed era la promessa di un luogo in cui poter essere liberi. È la promessa che l’Europa fa ai suoi cittadini e che ha una paura terribile a mantenere quando a credere a quel grande racconto fondativo è qualcun altro».

Le riammissioni informali: cosa sono e quando sono state introdotte

Le “riammissioni informali”, come ben illustra il documentario Trieste è bella di notte, erano state introdotte dal Ministero dell’Interno del Governo Conte 2 (PD – Movimento 5 Stelle), pochi chilometri sopra il capoluogo del Friuli Venezia Giulia. Fino al gennaio del 2021 queste pratiche hanno impedito ai migranti che percorrono la rotta balcanica di chiedere protezione internazionale e assicurarsi in terra italiana ed europea un futuro migliore. Appellandosi all’accordo di riammissione tra Italia e Slovenia del 1996, che però non è mai diventato formalmente legge, le forze dell’ordine italiane, per volere dello Stato, hanno messo in atto un meccanismo di respingimento a catena: i migranti quindi, senza riuscire a fare richiesta d’asilo in Italia, venivano riportati in Slovenia. Come testimoniano le persone intervistate nel documentario, in territorio sloveno venivano a loro sottratti soldi e scarpe e venivano trasportati in Croazia dove si verificava il vero e proprio “inferno”. Le forze dell’ordine croate trattano i migranti con violenza, picchiandoli o bruciando loro la pelle e in seguito li portano in Bosnia, dove il sistema di accoglienza non è considerato tra i più consoni, soprattutto in seguito all’incendio del campo di Lipa, una tendopoli dove non c’era né acqua né luce.

Nell’estate del 2020 un cittadino pakistano ha denunciato il sistema delle “riammissioni informali”, causa che è stata presa in mano da Silvia Albano del Tribunale ordinario di Roma. Il Tribunale di Roma ha sancito queste procedure come illegali e sono state dunque sospese, come accennato precedentemente, a partire dal gennaio del 2021. «Quando la giudice definisce illegittime, illecite e illegali le riammissioni informali, il Governo italiano interrompe questa procedura senza però dichiarare ufficialmente che l’ha fatto e come mai – racconta Collizzolli -. A partire dal 28 novembre 2022 si dichiara poi intenzionato a riprenderle, ritenendo che le riammissioni non siano illegittime e che vanno riprese e rinforzate.

Questa procedura è un problema e riguarda in primo luogo i diritti delle persone che attraversano la rotta balcanica, ma riguarda anche noi cittadini e il nostro rapporto con lo Stato».

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