Damiano Tommasi ha mantenuto per sé la delega dei rapporti con le aziende partecipate dal Comune di Verona e lo aspetta un grande lavoro per dipanare questa matassa.

La pagina web dedicata recita testualmente: “Il Comune di Verona, a seguito della fusione per incorporazione di AIM Vicenza S.p.A. in AGSM Verona S.p.A. e del piano di riassetto societario in corso per il nuovo Gruppo AGSM AIM S.p.A., detiene attualmente partecipazioni dirette in 11 società, di cui 5 sono anche in controllo (2 in house per il Comune: AMT S.p.A. e So.Lo.Ri S.p.A., mentre Acque Veronesi S.c. a r.l. è in house per ATO e soggetta a controllo analogo congiunto). Tramite le società partecipate di 1° livello, come si evince dai relativi bilanci, si registrano ulteriori partecipazioni di 2° livello in 45 società (di cui 9 controllate indirette), partecipazioni di 3° livello in 27 società (di cui 4 controllate indirette), 2 partecipazioni di 4° livello 2 di 5° livello. Inoltre il Comune partecipa in 16 Enti, nonché in ulteriori 9 società tramite gli Enti medesimi; infine, ha un’Azienda Speciale (AGEC), che controlla a sua volta una società (2° livello), per un totale complessivo di 114 partecipazioni (ultimo aggiornamento 22/02/2022)”.

Quello che preoccupa sono i dossier più complicati: uno emblematico è quello dell’Aeroporto di Verona, alla cui partecipazione maggioritaria è salita Save spa, nell’arrendevolezza della classe dirigente veronese.

Una exit strategy “inevitabile”

Durante l’amministrazione guidata da Federico Sboarina ci hanno raccontato che lo status quo (l’acquisto delle quote del Comune di Villafranca, gli aumenti di capitale inoptati dagli altri soci pubblici, il cambiamento dello statuto, l’ulteriore aumento di capitale sottoscritto dal Comune di Verona per garantire gli investimenti che finalmente prendevano forma), elaborato in una exit strategy ai tempi di Flavio Tosi, era l’unica soluzione per garantire la continuità aziendale.  Ci hanno parlato di dissesto finanziario, oggetto di contenzioso tra i legali rappresentanti pro tempore e l’ingegner Massimo Soppani (ex direttore generale e unico, tra manager e amministratori, sottoposto ad azione di responsabilità con giudizio in via di sottomissione alla Corte di Cassazione) al quale solo l’intervento di Save avrebbe potuto  mettere un baluardo. Ci hanno illustrato copiosi investimenti, che solo di recente hanno visto la cantierizzazione con una spettacolarizzazione dell’esordio inversamente proporzionale alla mole dei lavori iniziati.

Questo malgrado l’impugnazione sia ancora pendente presso il Tar del Lazio da parte degli avvocati della Catullo spa, della Capogruppo e del Comune di Villafranca, della delibera della Corte dei Conti del Veneto che censura la vendita del pacchetto di azioni appartenuto al Comune di Villafranca e che mantiene uno stato di precarietà sulla legittimità del passaggio di azioni. Il che ha rappresentato il grimaldello con cui Save ha cominciato a scalare il capitale della Catullo spa.

Il paradosso

Siamo di fronte a un paradosso per cui chi ha bisogno di un chiarimento (l’Aeroporto Catullo) e ha promosso un giudizio può sfruttare la propria inerzia, tradotto nella mancanza della richiesta della fissazione dell’udienza e in tutte le pratiche il cui onere è in carico alla parte attrice, per ottenere l’archiviazione del procedimento mettendo così una pietra tombale a una vicenda dai caratteri poco chiari, che ha esautorato i soci pubblici dalla gestione dello scalo, precipitato nelle graduatorie nazionali per movimentazione di utenti e aeromobili, con un grave danno per l’intero bacino di influenza, che comprende le provincie del lago di Garda: Brescia, Mantova, Verona e Trento, oltre a quella di Bolzano.

Sorgono spontanee molte domande sul pregresso, sulle modalità con cui Save ha raggiunto la maggioranza del capitale e, grazie al cambio statutario, nominato l’amministratore delegato, di fatto gestendo senza obiezioni lo scalo; sul futuro di Montichiari, sulla effettiva volontà di investimento nel rinnovo dell’aerostazione di Verona, con il rischio che l’ultimo arrivato, appunto Damiano Tommasi, rimanga con il cerino in mano senza essere in grado di far cambiare direzione a una vicenda che in molti vogliono chiudere per poter finalmente pensare ad altro. E, con l’occasione, magari non rendere chiaro ai veronesi quanto il management abbia influito su un disastro avvenuto sotto gli occhi di tutti, ma da pochi realmente denunciato.

Il futuro

Ma per un caso eclatante, quante situazioni dovranno essere degne di osservazione, necessitare di valutazione delle singole opportunità e magari aver bisogno di decisioni drastiche per risolvere le questioni e giustificare la sopravvivenza delle partecipate stesse? Tommasi ha un compito complesso da affrontare che merita il supporto delle migliori menti che vogliano mettersi a servizio della collettività per razionalizzare il quadro e allontanare la politica dall’economia, dove da decenni fa disastri senza mai pagare pegno…

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