Quindici anni di centro destra al potere a Verona cosa hanno generato a beneficio della categoria forense? Tosi ci ha abituato alla querela preventiva, utilizzata come metodo di polemica politica, oltre alle convocazioni in Procura per le accuse di corruzione che hanno travolto la carriera del suo vicesindaco; Sboarina invece, da avvocato professionista, ha preferito interpretare i cinque anni del suo regno a smussare gli attriti e risolvere i molteplici dossier aperti e insoluti lasciati dal predecessore: a chi lo accusa di immobilismo va risposto che il carattere e il condizionamento professionale non possono essere scavalcati dalle necessità politiche; e si vede! Poi però i candidati sindaci fanno incontri coi lavoratori della Fondazione Arena, e viene fuori che c’è un accantonamento di bilancio di 10 milioni di euro a garanzia delle procedure aperte di diritto di lavoro per più di 50 dipendenti che lamentano inadempienze contrattuali e hanno ottenuto una sentenza favorevole in primo grado….

Una cosa accomuna Tosi e Sboarina: avere esautorato Michele Croce dagli incarichi ottenuti per manifesta incapacità. Solo che uno di loro due, Tosi, lo ha poi imbarcato nella sua campagna elettorale, sopportandone il gratuito presenzialismo, e non si capisce se sia un merito o una condanna di ipocrisia senza appello. A guardare l’esito delle urne non è stata una gran mossa.

A noi preme invece considerare una vicenda giudiziaria che nasce al tempo di Tosi e sotto Sboarina ha visto un’evoluzione che potrebbe portare a un epilogo esorcizzato dagli attori proponenti la causa: parliamo dell’unica azione di responsabilità di cui si abbia memoria nella storia delle 114 partecipate del Comune di Verona, promossa dal presidente della Catullo spa, ente nato pubblico di gestione dell’aeroporto scaligero, di fatto privatizzato nell’insipienza dei soci di maggioranza.

Il “caso”

Tutto nacque con l’avvicendamento alla presidenza tra Fabio Bortolazzi e Paolo Arena: non c’è dubbio che sin dal primo giorno del suo incarico Arena si sia posto in netta discontinuità con le gestioni precedenti. Dalle puntuali ed enfatiche cronache dell’epoca è facile riscontrare le coordinate del suo impegno: estrema attenzione a ridurre ogni spreco, trasparenza, ricerca di nuovi equilibri con i soci bresciani per una gestione condivisa dell’aeroporto D’Annunzio, rilancio “sostenibile” dello scalo veronese, avvio di azioni legali nei confronti di soggetti ritenuti responsabili di gravi errori gestionali, ecc. Questa ventata di “novità” è stata salutata (più o meno) da tutti, in un clima elettorale acceso (amministrative 2012), quale prerequisito fondamentale per una stagione di rinascita strutturale degli aeroporti del Garda.

Quello che, però, è successo in seguito è noto a tutti. Il mancato rilancio degli aeroporti del Garda (al netto della propaganda aziendale e degli effetti COVID 19) è riconosciuto trasversalmente da tutto lo schieramento politico cittadino e dalle principali Associazioni di Categoria economiche.

Ma c’è di più. Non vi è dubbio che nel corso del tempo la Aeroporto Valerio Catullo Spa ha curato la propria narrazione collegando l’avvio di una serie di misure impopolari (l’interruzione di accordi commerciali con alcuni importati vettori internazionali, la dismissione dell’handling aeroportuale ed anche la stessa privatizzazione societaria avvenuta con procedure “d’urgenza”) quale reazione ad una situazione di “dissesto” provocata da scelte gestionali attribuibili alla figura dell’Ingegnere Massimo Soppani, ex DG, contro il quale la società ha avviato a fine 2015 un’azione di responsabilità per danni valutati in 23,5 milioni di euro.

Il ragionamento illustrato all’opinione pubblica dai vertici aziendali è lineare ed immediatamente comprensibile: tra il 2012 ed il 2014 (nel pieno del secondo mandato di Tosi) siamo stati “costretti” ad operare delle scelte traumatiche ma… tranquilli. Non solo abbiamo saputo raddrizzare prontamente una situazione disperata, ma abbiamo anche assicurato alla giustizia il colpevole. Tutto ciò ben sapendo che a Verona lo slogan “chi sbaglia paga” ha una presa (anche elettorale) formidabile.

Naturalmente atteggiamenti del genere, fondati su accuse precise, lasciano presupporre l’uso di metodi scientifici, analisi inattaccabili, numeri inoppugnabili. La condanna del responsabile deve fare da contrappeso a tutto ciò che il territorio veronese ha pagato (e continua tuttora a pagare) in  termini di perdita di posti di lavoro, riduzione dei livelli di servizio dati all’utenza in/out, limitazione della “sovranità” veronese sull’esercizio delle concessioni degli aeroporti del Garda, ecc. 

Le sentenze

Tale ragionamento ha retto per anni. Ma alla fine le sentenze arrivano e con esse le sorprese. Nel corso del 2021 il Tribunale Civile di Venezia ha accertato a fronte di una perizia elaborata dal CTU appositamente nominato, che le strategie elaborate dall’Ingegner Soppani non hanno procurato alcun danno alla società. Prima ancora la Procura di Verona, dopo indagini protrattesi per cinque anni (2012-2017), aveva definitivamente archiviato la posizione penale di Soppani.

A fronte della condanna, peraltro di importo irrisorio rispetto le pretese della Catullo Spa, l’Ingegner Soppani a fine 2021 ha presentato ricorso in appello. Recentemente la Corte d’Appello del Tribunale Civile di Venezia ha accolto il ricorso avviando così la fase finale del procedimento che si concluderà con una sentenza nella primavera del 2024.

Al di là dei fatti di cronaca giudiziaria e degli effetti che questi devono aver provocato su chi per anni è stato indicato quale unico responsabile del dissesto della Catullo Spa, non si può che prendere atto che l’operato dell’ex DG, analizzato al “microscopio elettronico” dal punto di vista penale e civile, non dimostra al momento crepe significative. Vi è addirittura la possibilità che la sentenza di secondo grado ribalti la situazione a favore di Soppani. In quel caso chi pagherà? Quale sarà allora il riverbero di questa disfatta giudiziaria su chi era entrato al Catullo con la marcia trionfale del guerriero che sarebbe dovuto tornare “vincitor”?

Dimenticanze

Un capitolo a parte, poi, lo merita la vicenda dei bilanci pubblicati on line dalla Catullo Spa.

Sin dal 2012 e fino al 2020 si dava periodica informativa sintetica della vicenda al capitolo “CONTENZIOSI”. Tale argomento scompare nei documenti di bilancio 2021 (assemblea Catullo Spa del 4 maggio 2022). E la vicenda ANAC? Stesso capitolo, ulteriore cortina fumogena: la società, dal bilancio 2018 in poi, informa gli azionisti di un ricorso pendente al TAR LAZIO avverso la delibera ANAC n. 189 del 1 marzo 2018. Come noto l’Autorità ha ritenuto, tra l’altro, non conforme alle previsioni del Codice dei Contratti e del diritto comunitario la cessione, in via diretta a favore di SAVE, delle quote di proprietà del Comune di Villafranca nel capitale sociale della società Catullo. Tale delibera è stata impugnata dalla Catullo Spa, oltre che da SAVE e dal Comune di Villafranca, avanti il Tar Lazio con la seguente motivazione: “ritendendosi, tra l’altro, che la cessione delle azioni del Comune sia avvenuta nel pieno rispetto dei principi generali di trasparenza e non discriminazione e che le previsioni del Codice dei contratti, sulla cui applicazione l’Anac deve vigilare, non si applicano alla cessione delle partecipazioni azionarie da parte delle società, non trattandosi di appalto pubblico”. Si dà infine informativa che “il procedimento è ancora in corso” senza ulteriori aggiornamenti sullo stato della controversia o di una qualunque previsione della sua conclusione in termini di tempistiche.

C’è da attendersi che nel corso dei quattro anni trascorsi siano state effettuate udienze e/o siano emersi fatti rilevanti che avrebbero dovuto essere riferiti agli azionisti. Tale omissione non è trascurabile se si considera che nel corso degli stessi anni sono stati definiti patti parasociali, integrati a scadenza in una nuova formulazione dello Statuto Societario e sono stati deliberati significativi aumenti di capitale a cui hanno aderito la gran parte degli azionisti (in particolare il Comune di Verona).

Un assetto “sub judice”

La cosa piuttosto sorprendente è che di questo argomento nessuno parla. La società continua ad operare con un assetto azionario tuttora “sub judice”. Un eventuale orientamento del TAR LAZIO a conferma della delibera ANAC, porrebbe la presenza di SAVE come “illegittima” aprendo uno scenario estremamente instabile. Non tanto sul piano formale, in quanto è prevedibile che la società in quel caso farebbe ricorso al Consiglio di Stato mantenendo lo “status quo” ancora per qualche anno fino a sentenza definitiva, ma piuttosto sul piano sostanziale. A fronte di una potenziale soccombenza avrebbero SAVE e gli azionisti pubblici la serenità di poter sostenere i costi di investimento necessari per realizzare i porgetti che hanno avuto la benedizione dello stesso Luca Zaia (si ricorda, tra gli altri, l’appuntamento olimpico del 2026) e/o la copertura di eventuali perdite di bilancio?

Ciò che appare all’orizzonte è il possibile sgretolarsi delle fondamenta sulle quali è stata costruita la Catullo Spa di oggi. Non già la reazione per ovviare a presunti errori altrui che “purtroppo” ha comportato una serie di effetti collaterali sgradevoli, ma piuttosto la lucida volontà del “Sistema Verona” di operare sottotraccia in barba agli interessi del territorio, degli operatori che in esso credono e dell’intera cittadinanza di ben sei province.

Abbiamo visto con le nomine a Veronafiere la sensibilità della classe dirigente veronese a garantire ai suoi esponenti perpetue replicazioni di incarichi (una coincidenza che il consigliere della Catullo sia stato nominato presidente del cda della Fiera?) e viene da chiedersi quale sarà il destino di chi sembra più interessato ad abbandonare la nave per lasciare la polpetta avvelenata degli esiti dei contenziosi sull’assetto societario, e sulle cause che potrebbero dare ulteriori spallate ai conti in equilibrio precario della società di gestione, a chi uscirà vincente dalla prossima tornata amministrativa.

A partire da 2023 l’attuale dirigenza, capeggiata da Paolo Arena (presidente della Confcommercio veronese) concluderà il proprio percorso, durato quattro mandati e si potrà valutare  a conti fatti l’attendibilità e l’affidabilità di molti esponenti veronesi che per più di dieci anni hanno goduto di posizioni di prestigio personale e professionale estremamente rilevanti e, forse, superiori alle loro capacità.

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