L’endometriosi è una malattia quasi sconosciuta che colpisce un numero non indifferente di donne in tutto il mondo. Non esiste una cura che possa dirsi definitiva, non esiste un preciso programma di prevenzione da seguire, il ritardo diagnostico è altissimo. Possiamo ben capire, quindi, quali siano le conseguenze psicologiche su chi ne soffre. Indispensabile è, quindi, parlarne: il supporto reciproco e il confronto portano a loro volta consapevolezza e maggiore conoscenza.

Dopo l’intervista al dottor Marcello Ceccaroni, direttore di Ginecologia e Ostetricia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, proseguiamo quindi, in questo mese dedicato alla consapevolezza della malattia, attraverso il lavoro di A.P.E. Onlus ODV (Associazione Progetto Endometriosi), un’associazione nata nel 2005 da un gruppo di donne affette da endometriosi che hanno scelto di mettere a disposizione la propria esperienza, per quanto negativa e dolorosa, per dare un sostegno e accompagnare le altre ragazze in un graduale percorso di consapevolezza. Abbiamo incontrato Cecilia Santoro, referente per il gruppo A.P.E. Onlus – Verona, per sapere di che cosa si occupa concretamente l’associazione.

Cecilia, qual è l’obiettivo del gruppo che rappresenta?
«Il primo obiettivo di A.P.E. è stato la creazione di gruppi di auto-mutuo-aiuto (AMA), diffusi in tutta Italia, anche se alcune volontarie sono attive anche a Lugano, in Svizzera, nda). Oltre a ciò organizziamo anche convegni di respiro nazionale, cicli di incontri e corsi di formazione con medici, ginecologi, nutrizionisti… La nostra è una sorta di missione: siamo un gruppo di donne che dal rifiuto e dalla mancanza di comprensione è partito per aiutare chi sta vivendo la nostra stessa esperienza.»

A.P.E. Onlus ODV a Sirmione

Di che cosa vi state occupando in questo periodo di pandemia, in particolare a Verona?
«I nostri gruppi AMA sono tuttora attivi, anche se esclusivamente da remoto. Poco prima dell’inizio della pandemia avevamo iniziato un ciclo di incontri che vedevano la partecipazione di una psicologa professionista e siamo riusciti a tenerne uno online nel mese di dicembre, riguardo la gestione della malattia in questo difficile periodo Covid. Il lato positivo è che, essendo stato online, ha partecipato un alto numero di ragazze e alcune anche di altre città italiane, dal Piemonte e dalla Calabria.

Organizziamo inoltre dirette sulla nostra pagina Facebook o sul nostro canale YouTube con medici, ginecologi, esperti in nutrizione e alimentazione, dando la possibilità alle ragazze partecipanti di porre domande in diretta.

Nel mese di marzo, poi, abbiamo realizzato il progetto “Vetrine consapevoli”: abbiamo distribuito degli opuscoli sull’endometriosi e sulla nostra associazione in negozi, farmacie ed esercizi commerciali di vario tipo che hanno esposto il nostro materiale.

Inoltre abbiamo coinvolto alcuni influencer per rendere noti alcuni importanti messaggi sull’endometriosi: ci sembra importante coinvolgere il maggior numero di persone possibili, con tutti i mezzi che anche la tecnologia ci mette a disposizione, per avvicinarci a ragazze e donne di tutte le età.»

Quante donne si rivolgono alla vostra associazione in cerca di aiuto o di sostegno? Quale età hanno mediamente?
«Le donne che si rivolgono ad A.P.E. Onlus sono fortunatamente sempre di più e l’età media va dai 20 ai 40 anni. Stiamo notando però che fanno riferimento a noi molte mamme per le figlie minorenni e questo è un importante segnale. Per contattarci è sufficiente andare sul nostro sito www.apendometriosi.it o scrivere a info@apendometriosi.it. Ci si può anche registrare gratuitamente per poter ricevere la nostra newsletter. I nostri incontri sono anch’essi gratuiti e aperti a tutti.»

Le conseguenze psicologiche che una malattia come l’endometriosi può portare sono molte. Nell’attuale situazione di pandemia, che cosa è cambiato?
«Le ragazze che ci hanno contattato in questo periodo hanno riscontrato un ritardo nelle cure o il mancato accesso a cure e terapie, oltre ad alcuni ritardi anche nella possibilità di essere visitate dal ginecologo o dalla ginecologa. Naturalmente lo scoppio della pandemia e la conseguente conversione degli ospedali in ospedali Covid-19 ha comportato ritardi e difficoltà di accesso negli altri reparti. La conseguenza più diretta purtroppo è un senso di solitudine e di isolamento nelle donne affette da endometriosi. Noi, come A.P.E. Onlus, cerchiamo di ovviare a questo problema rimanendo attive e proseguendo le nostre attività, anche se ovviamente gli incontri di AMA con le psicologhe hanno tutta un’altra resa, in presenza c’è una percezione del non-verbale che davanti ad uno schermo non arriva.»

Uno dei problemi principali legati all’endometriosi è la mancanza di informazione, diffusa anche e soprattutto tra le donne: come cercare di ovviare a questo problema? Perché ancora oggi alcune tematiche sembrano quasi dei tabù?
«L’endometriosi è caratterizzata da una serie di sintomi che si possono presentare fin dall’adolescenza. Quando, però, si comincia a stare male, la prima risposta che ogni donna si sente dare è: “Il dolore è normale” e così si è naturalmente portate a pensare di essere poco tolleranti. Il dolore mestruale persistente, nella maggior parte dei casi legato anche ad altri sintomi, non rappresenta la normalità e questo è sicuramente un tabù da abbattere. Dunque, a monte della mancanza di informazione c’è una questione socio-culturale ben più profonda e difficile da combattere. Noi, per farlo, abbiamo scelto la condivisione, il mutuo aiuto e le attività nelle scuole.»

A proposito di scuole, il vostro progetto “Ripart-Endo da me”, dedicato in particolare alle classi terze, quarte e quinte, sta avendo parecchio successo. Da che cosa è nato e chi sta aderendo?
«Questo breve video-fumetto è nato dall’esigenza concreta di proseguire le nostre attività nonostante la pandemia di Covid-19: prima infatti i nostri progetti si svolgevano in presenza, andavamo di scuola in scuola a parlare direttamente alle ragazze, sempre con il supporto di una ginecologa e di una psicologa. Non volevamo però che la pandemia fermasse ogni nostra attività e abbiamo pensato di creare un progetto con un piccolo video da mostrare ai ragazzi in DAD. Possono aderire tutte le scuole italiane, è sufficiente scrivere una mail a scuole@apendometriosi.it. A Verona, per esempio, ha già aderito l’ITIS Einaudi, proiettandolo in alcune classi. Per noi è importantissimo riuscire ad arrivare alle ragazze adolescenti e pensiamo che partire dalle scuole, e di conseguenza dalle famiglie, sia fondamentale per portare consapevolezza al maggior numero di donne possibile.»

A.P.E. Onlus si regge principalmente sulle quote associative e sul 5 per mille, per il quale chiunque può contribuire indicando nella propria dichiarazione dei redditi il codice fiscale 91130230351.

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