Fra i candidati alle imminenti elezioni amministrative di Verona del 12 giugno c’è anche – a sostegno del sindaco uscente Federico Sboarina – l’attuale Presidente della Commissione Sicurezza Andrea Bacciga, già eletto Consigliere fra le fila di Battiti nel 2017. Da allora ad oggi l’avvocato è nel frattempo passato in Lega, è stato vicepresidente della Commissione Cultura e più di recente, nel 2021, ha assunto l’incarico di gestire le iniziative comunali legate alla sicurezza di Verona. Questi anni, in verità, lo hanno anche visto spesso al centro dell’attenzione cittadina, anche se non sempre per questioni legate direttamente alla sua attività di amministratore.

Fra i temi su cui la campagna elettorale di quest’anno ha acceso un faro c’è – e come potrebbe essere altrimenti – anche quello della sicurezza, da sempre “cavallo di battaglia” del centro-destra. Non a caso Flavio Tosi, che da leghista convinto negli anni ha fatto un notevole percorso verso il “centro” e i “moderati”, è tornato a parlare con insistenza nei suoi comizi di decoro e sicurezza, mettendo quest’ultima in cima alla lista del suo programma. Eppure a Verona – con gli opportuni distinguo riferiti alle diverse zone – non si respira certamente un’aria da Bronx come alcuni vogliono far credere.

Consigliere Bacciga, partiamo con una domanda diretta: Verona per lei è una città sicura o no?

«Verona è una città sicura. Certo, si può sempre migliorare e alcune zone sono costantemente attenzionate, ma sarebbe falso veicolare messaggi di insicurezza.»

Cosa è stato fatto in questi anni, sotto la sua responsabilità, per migliorare la situazione?

«Sono stato per circa un anno presidente della Commissione Sicurezza, dai primi mesi del 2021 fino allo scadere del mandato di questa amministrazione. I poteri sono limitati, ci si confronta con gli assessori e con il sindaco e si portano avanti istanze. Durante il mio operato mi sono occupato di baby gang da subito, organizzando tavoli di lavoro con le istituzioni coinvolte e invitando lo psichiatra Vittorino Andreoli, uno dei massimi esperti di questo fenomeno, che ha delineato il disagio giovanile, amplificato dalla pandemia e dai conseguenti lockdown.»

Questo fenomeno è davvero così grave come a volte emerge sui media? Ci può fornire alcuni dati a riguardo, con magari un paragone fra ciò che avveniva pre e post-pandemia (spesso additata come causa scatenante del disagio)?

«Esistono dati su scala nazionale forniti dall’Osservatorio nazionale sull’adolescenza del Ministero per la Famiglia che delineano questo scenario: il 6,5% dei minorenni fa parte di una banda, il 16% ha commesso atti vandalici, 3 ragazzi su 10 hanno partecipato a una rissa. Si dovrebbe comunque aprire un grande parentesi sul problema in metropoli come Milano e Roma, di modus operandi, di cyberbullismo. Insomma l’ambito giovanile è vasto e particolareggiato.»

In caso cosa avrebbe scatenato secondo lei questo fenomeno?

«Certamente la pandemia ha amplificato il disagio giovanile. I suicidi e l’autolesionismo sono aumentati del 30 per cento.»

Come avete affrontato questo come gli altri temi legati alla sicurezza cittadina?

«In collaborazione con l’assessore al Sociale Daniela Maellare, che ringrazio, partendo da un mio Ordine del Giorno, è stato possibile aprire lo sportello a San Zeno Sf&ra, Spazio Famiglie & Reti Adolescenti, un centro d’ascolto e di supporto dedicato proprio alle difficoltà che vivono le giovani generazioni e i loro genitori. A seguito di “Quartiere sicuro” tra Comune e Prefettura, il protocollo firmato il 9 gennaio 2020 su spinta della mia mozione del 2018, ho organizzato incontri per il Controllo del vicinato.

Una richiesta che partiva dai cittadini per una loro maggior partecipazione nel territorio dove vivono, in modo da supportare, con segnalazioni, le Forze dell’Ordine. In merito alla sicurezza su alcune linee di AMT ho indetto riunioni mensili con le sigle sindacali e la dirigenza per trovare soluzioni. E ancora sono andate poi a buon fine richieste per implemento di videocamere in alcune zone di Verona. Sempre tramite una mia mozione, approvata in Consiglio, è stato possibile apporre negli scontrini delle farmacie il numero di telefono antiviolenza per agevolare chi avesse bisogno di aiuto. Inoltre, tempo fa, durante una Commissione Quinta, al provveditore Amelio avevo chiesto in merito al ripristino del punto di ascolto nelle scuole per supportare le ragazze e i ragazzi. Sarebbe importante, perciò, che tale servizio venisse al più presto nuovamente attivato.»

C’è un altro fenomeno che preoccupa non poco i cittadini ed è quello delle cosiddette “ronde nere”. Che ne pensa?

«Le ronde nere sono un fenomeno costruito e amplificato dai media. A Verona non esiste alcun allarme.»

Siete intervenuti in qualche modo per evitare che i militanti di Casapound si facessero “giustizia” da soli?

«Si tratta di una domanda che non ha fondamento perché non esiste il fenomeno di cui sopra.»

Eppure il recente episodio avvenuto in via Mazzini ha dimostrato che il fenomeno può creare davvero pericoli anche ai cittadini diciamo “normali”, non coinvolti in nessun tipo di violenze. Qual è la sua valutazione sul merito?

«L’episodio avvenuto è ancora al vaglio degli inquirenti e tutto accertare. Si è trattato di un fatto circoscritto che non ha creato alcun tipo allarme. Mi focalizzerei invece sugli episodi di violenza che vedono coinvolti irregolari; ultimo solo in ordine di tempo le minacce al pronto soccorso.»

Verona purtroppo è nota anche per le sue mozioni omofobe, emanate all’epoca della Giunta Sironi. Una grossa fetta della città spinge perché vengano abolite, ma di fatto questi provvedimenti “resistono” fin dal 1995. Che ne pensa? Non ritiene che eliminarle favorirebbe anche esternamente l’immagine di Verona come città inclusiva e aperta?

«Quella mozione non vincola la nostra amministrazione perché non è una delibera. Inoltre, soprattutto, sono in vigore leggi sia nazionali sia europee che comunque la renderebbero invalida. Mi pare che questa polemica sterile portata avanti da una certa parte di Verona sia solo strumentale e riproposta sempre in determinati momenti. Un disco rotto, insomma, che fa comodo. Se quella mozione non può essere applicata, di cosa stiamo parlando? Oppure c’è chi preferisce dipingere Verona come omofoba per tenere alta l’attenzione su di sé e fare propaganda politica?» 

La guerra fra Russia e Ucraina ha fatto esplodere il problema dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Molti sono arrivati in Veneto. Come si sta muovendo in questo senso Verona e che tipo di ricadute lei ritiene possa avere questa vicenda sulla città…

«Verona, con le istituzioni, le associazioni e anche i singoli cittadini, e il Veneto hanno da subito messo in moto la macchina organizzativa per l’accoglienza dei rifugiati. Ora è presto per capire la portata delle ricadute sulla città. È una situazione in evoluzione monitorata costantemente.»

Il 2 giugno lei ha deciso di festeggiare la Festa della Repubblica con un evento dedicato all’editoria “libera”, come lei l’ha definita. Si tratta di tutte case editrici che hanno un evidente collegamento con l’estrema destra italiana. Che messaggio intende dare a Verona con questa iniziativa?

«La scelta del 2 giugno è per questioni meramente organizzative, di disponibilità e di incastro di date dei partecipanti. “Estrema destra” è un’etichetta sorpassata, che non riguarda né me né queste case editrici, che invece definirei identitarie e libere. Per questo, il messaggio che intendo diffondere è che esiste una cultura non allineata, non conforme al pensiero di sinistra e del politicamente corretto. Sono attesi intellettuali di indiscussa levatura professionale, come può vedere dalla locandina, da Franco Nerozzi a Fausto Biloslavo.»

Le elezioni sono ormai alle porte e lei sta per finire il suo mandato. Quale bilancio può fare sulla sua esperienza?

«È stata un’esperienza molto formativa, faticosa e anche ricca di soddisfazioni. Essere parte di una macchina che lavora per migliorare Verona riempie di orgoglio e ti ripaga dei sacrifici. Il Covid ha colpito pesantemente la nostra città ma come amministrazione non ci siamo mai fermati, anzi, abbiamo lavorato in emergenza perché sapevamo che avevamo degli obiettivi da conseguire e in più ogni giorno si presentavano sfide legate alla pandemia e al lockdown.»

In caso di rielezione le piacerebbe proseguire sullo stesso “solco” o eventualmente cambiare area d’intervento?

«Se con il voto mi sarà data la possibilità di continuare sullo stesso solco a difesa di Verona, per la sicurezza, a contatto con i problemi quotidiani dei cittadini, vicino alle famiglie, per me sarà non solo una missione ma anche un onore.»  

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