Il 24 settembre scorso si è svolto a Mestre, il convegno “Svegli la notte. Il vamping nel salto socio-tecnologico post Covid”.

L’evento è stato organizzato dall’Ordine dei Medici di Venezia, attraverso la sua Fondazione Ars Medica, con il supporto della Città di Venezia, le ULSS 3 e 4, e altre organizzazioni di divulgazione medica.

Vi hanno partecipato pediatri, psicoterapeuti, psicologi, neuropsichiatri infantili e insegnanti. Tutti riuniti per capire meglio questo nuovo fenomeno chiamato “vamping”, dal termine vampiro, e la sua reale diffusione.

Cos’è il vamping?

foto di Jay Wennington, unsplash.com

Il vamping è la pratica, diffusa soprattutto tra giovani e adolescenti, di restare svegli fino a tarda notte, a volte fino all’alba, navigando in internet.

Il termine deriva dalla parola vampiro, per la tendenza che hanno questi utenti del web a vivere di notte, estraniandosi dalla vita reale.

Durante il convegno, gli stessi relatori hanno ammesso che la notte è per antonomasia, lo spazio libero dei giovani.

Da sempre, chi vive l’adolescenza e la gioventù, ha trovato nella notte quello spazio indipendente dalle normali regole dettate dal mondo adulto, che governano il mondo di giorno.

La differenza tra le “notte giovani” come si intendono classicamente e il vamping, è che quest’ultimo non è fatto per godere delle relazioni tra pari. I giovani “vampiri” di oggi, infatti, sono da soli, nella loro stanza, e si intrattengono con contenuti e rapporti virtuali.

Solitudine. foto di Kate Williams, unsplash.com

Il vamping quindi porta ad un isolamento dalla realtà, alla solitudine relazionale. E questo sì, che è esattamente il contrario di ciò che invece, i ragazzi dovrebbero sperimentare.

Emanuela Malorgio, Pediatra esperta in medicina del sonno, ha illustrato quanto il vamping influenzi negativamente la vita di un giovane.

La prima conseguenza è il danneggiamento dell’igiene del sonno, con delle ripercussioni a cascata molto pesanti. Il sonno infatti, è un momento fondamentale per un cervello in via di maturazione, come quello di un adolescente.

È grazie al sonno che si fissano gli apprendimenti, che si rafforza la memoria a lungo termine, che si pulisce il cervello dalle tossine accumulate, che si riparano le cellule. Va da sé che se mancano ore di sonno, il cervello inizia a funzionare male.

Durante il giorno questi ragazzi appaiono stanchi, le loro prestazioni scolastiche sono scarse perché sono ridotte le funzioni cognitive. Sono distratti, e questo aumenta anche il rischio di incidenti stradali e traumi.

La costante deprivazione del sonno inoltre altera l’umore: i ragazzi si comportano in modo aggressivo, soffrono di depressione, posso mettere in atto forme di autolesionismo, hanno pensieri suicidari e possono arrivare ad abusare di droghe e sostanze eccitanti.

Il vamping in realtà non è qualcosa di completamente sconosciuto, per chi lavora con gli adolescenti. Il fenomeno si è espanso nel 2014, dopo la diffusione a macchia d’olio dei personal devices.

Ma la pandemia, che ha costretto i ragazzi a stare chiusi in casa e a passare molte (troppe) ore in DAD, ha fatto esplodere il problema.

Giovane con il cellulare. Foto di Jack o’Hara, unsplash,com

La tecnologia infatti ha un enorme impatto sullo sviluppo psicologico degli adolescenti, tanto che ormai sono molte le voci autorevoli che raccomandano di posticipare e limitare l’uso dei digital devices dei figli. Se si considera che il 90% degli adolescenti dorme con lo smartphone in camera, si coglie quanto facile sia per un ragazzo, cadere nella trappola del vamping.

È dimostrato per esempio, che il ricevere costantemente messaggi provoca stati d’ansia, perché il ragazzo sente la pressione di dover rispondere e di dover rimanere connesso.

Più sono interattivi gli strumenti usati, e più si crea uno stato di eccitazione e di difficoltà di addormentamento.

Tutti gli studi e le ricerche, hanno infine dimostrato, una correlazione negativa tra il sonno degli adolescenti e l’uso problematico di internet.

L’indagine

Ma quanto è diffusa questa problematica nella nostra realtà locale?

L’indagine più recente, e anche la prima per ampiezza e importanza al momento, è stata quella svolta nel marzo di quest’anno, dall’insegnate Maria Serena, dell’Istituto Statale di Istruzione Secondaria Superiore “F. Da Collo” di Conegliano (TV).

Ragazza con il cellulare. Foto di Sharon Mc Mutcheon, unsplash.com

A più di mille studenti ed ex studenti, di età compresa tra 11 e 22 anni, è stato inviato un questionario online, anonimo, tramite passaparola. Ha risposto un terzo, pari a 367 ragazzi. Metà di questi si collocano nella fascia d’età 16-17.

i risultati del questionario, sono stati molto eloquenti. Il 44% di chi ha risposto, passa su internet almeno due ore dopo le 21:00. Dopo mezzanotte c’è ancora un 35% che rimane a navigare per due ore e più. Ne consegue che 1 ragazzo su 4 dorme 5-6 ore per notte, mentre 1 su 10 dorme meno di tre ore.

Di tutto ciò, il 66% dichiara che la propria famiglia non è del tutto al corrente di ciò che succede nella loro camera da letto. Alcuni sospettano, altri nemmeno immaginano.

I ragazzi hanno dichiarato di stare attaccati a internet anche di notte perché si sentivano soli o tristi o annoiati. E anche perché non riuscivano ad addormentarsi: non si sentivano stanchi o semplicemente il sonno non arrivava.

Tutto questo ci fa capire che il lockdown è stato davvero un periodo pesante per adolescenti e giovani studenti, e che la soluzione più immediata è stata colmare il vuoto con contenuti e relazioni virtuali trovati in internet.

La domanda con cui si è conclusa la presentazione di questa indagine fa pensare molto: che adulti saranno domani, i giovani che oggi vedono compromessi apprendimento scolastico e relazioni tra pari a causa di questa forte intromissione della tecnologia nelle loro vite?

Indicazioni utili

Se la risposta non è ancora chiara, ci sono tuttavia delle precise indicazioni che fin d’ora, genitori, educatori, insegnanti e tutti quegli adulti che ricoprono un ruolo di responsabilità verso dei ragazzi, possono mettere in atto per limitare il rischio di vamping.

Porta. Foto di Dima Pechurin, unsplash.com

Prima di tutto interessarsi a cosa succede nelle stanze dei propri figli. Sembra una banalità, ma il fatto che i ragazzi passino così tante ore da soli con un dispositivo in mano, è la prova che in pochi bussano alla porta per sapere come stanno e cosa stiano facendo.

In secondo luogo, ridare al sonno l’importanza che ha, specie per chi sta ancora maturando sia fisicamente che psicologicamente. In questo senso, anche se non sono più bambini, sarebbe da mantenere una “routine della buonanotte” anche per gli adolescenti.

Certo non si tratterà più di leggere favole della buonanotte o dare bacini sulla fronte; ma senz’altro definire degli orari per spegnere i dispositivi per esempio. Consigliare di leggere, ascoltare musica, insomma, provare a proporre attività meno eccitanti ma più rilassanti per favorire il sopraggiungere del sonno.

Terzo, rimuovere i dispositivi elettronici dalla camera, soprattutto telefoni. Sarebbe buona norma che venissero lasciati fuori dalla porta della stanza.

Se il ragazzo presenta sbalzi d’umore e comportamenti aggressivi o di chiusura, se sembra sbadato o eccessivamente pigro, è bene tenere in conto anche la mancanza di sonno come probabile causa.

Prossimi passi

Per gli organizzatori questo convegno ha significato mettere il primo tassello per una ricerca e un intervento più attento alla problematica del vamping e alle sua conseguenze.

Locandina del convegno a Mestre

L’idea, con cui si è concluso infatti, è stata quella di allargare lo studio del fenomeno anche alle altre provincie del Veneto grazie al progetto “Piazza della Salute” di Enpam.

E incentivare una collaborazione multiprofessionale che possa attivare modalità di trattamento e spazi adeguati, vista l’età dei soggetti coinvolti, come hanno sottolineato gli specialisti dei Servizi Dipendenze che sono intervenuti.

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