Il 25 aprile si celebra in Italia la “Festa della Liberazione”, che commemora la fine definitiva dell’orrore e della repressione perpetrata dal nazifascismo, avvenuta in quel giorno del 1945. È una celebrazione che costituisce una memoria indelebile della storia contemporanea del nostro Paese nonostante ci sia ancora oggi chi vorrebbe abolirla perché la considera “festa divisiva”. Come se in fondo non lo fossero un po’ tutte questo tipo di celebrazioni, in un’epoca estremamente polarizzata come quella attuale.

Il 25 aprile è per noi la data scelta per onorare coloro che hanno dato la propria vita per i valori democratici. Valori che vanno conservati e tramandati, per evitare che in futuro possa succedere ancora quanto avvenuto nel secolo scorso e che tristemente vediamo avvenire ancora oggi nel nostro Continente, a poche centinaia di chilometri da noi.

La liberazione

Il 10 luglio 1943 iniziò l’offensiva alleata contro il regime dittatoriale di Mussolini con lo sbarco in Sicilia. Gli Alleati, con Patton e Montgomery alla loro testa, seguirono il piano del generale Eisenhower di “riportare la libertà all’Italia come nazione”. Ricordiamo che all’epoca le truppe della Germania nazista si erano sparse in tutta Italia per prendere il controllo sull’intero territorio di un Paese che l’alleato di Hitler, Mussolini, aveva di fatto perso. 

Si iniziò dall’isola di Pantelleria per poi proseguire con Messina il 17 agosto dello stesso anno. Da lì la liberazione avvenne risalendo progressivamente lo Stivale: gli Inglesi presero la Calabria il 3 settembre, sei giorni dopo gli Americani arrivarono a Salerno e il 1° ottobre riuscirono a liberare Napoli. A Montecassino, nel Lazio, trovarono però, una grande resistenza da parte dei tedeschi che bloccò l’avanzata per lunghi mesi, fino alla primavera del ’44. Nel giugno di quell’anno Roma venne finalmente liberata, mentre una difesa arcigna venne incontrata anche in Toscana fino alla primavera del ’45. Il 21 aprile 1945 le truppe alleate finalmente entrarono a Bologna e nei giorni successivi arrivarono anche a Milano, Genova e Venezia, che fortunatamente trovarono già liberate grazie ai partigiani. 

Fu in questo contesto che i tedeschi fuggirono attraverso le Alpi e Mussolini fu catturato sul Lago di Como, segnando così la fine definitiva del fascismo in Italia. La Resistenza nel nord-Italia fu guidata dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) di cui facevano parte comunisti, azionisti, monarchici, socialisti, democristiani, liberali, repubblicani, anarchici. C’erano un po’ tutti: partiti di destra, sinistra e di centro.

Una nuova nascita

In Italia questo giorno viene dunque considerato come la data in cui è nata nuovamente l’Italia, almeno per come la conosciamo oggi. Le nostre radici affondano in quelle concitate settimane di scontri. Quasi tutti concordano sul fatto che la data abbia un significato simbolico per il nostro Paese, poiché la caduta del fascismo diede inizio a una nuova fase dove nacque l’attuale Repubblica.

E mentre l’anniversario è per alcuni motivo di unità politica e patriottica, per altri è un esplicito ricordo del lavoro svolto dai partigiani, della Resistenza italiana contro il potere fascista di Mussolini e dell’occupazione nazista.

I  partigiani sono celebrati come cittadini di varie classi sociali e politiche che si unirono per il Paese. Si parla di oltre 300mila persone (tra cui anche circa 35mila donne), che si unirono ai gruppi di liberazione.

Nonostante la Festa abbia negli anni (con l’allontanarsi nel tempo da quegli eventi) inevitabilmente visto un po’ scemare la sua importanza, quantomeno agli occhi delle nuove generazioni, oggi in molte case viene ancora affissa alle finestre la bandiera italiana con i suoi tre colori: verde che richiama il colore della pianura italiana, bianco come il colore della neve sulle sue alture, e rosso come il sangue dei caduti nelle guerre.

Una festa divisiva

È una festa divisiva? Per molti lo è ancora. E per tanti aspetti è giusto che lo sia. D’altronde divide  di fatto la parte democratica dell’Italia da quella ancora apertamente nostalgica del periodo nazifascista. In realtà non è una festa di “sinistra”, come viene provocatoriamente bollata, ma è una festa di tutti coloro che oggi sono liberi di esistere e di dire quello che vogliono, anche – paradossalmente – di sputare sul 25 aprile e sulla memoria di chi è morto per la Libertà di tutti noi.

L’inno di questa giornata è universalmente riconosciuto in “Bella ciao”, brano che in realtà viene cantato un po’ ovunque nel mondo proprio per ricordare il sacrificio di chi si è battuto per la Libertà, a tutte le latitudini. Non è un inno comunista, come spesso viene definito, e basterebbe canticchiare in testa il motivo per accorgersi che parla di un partigiano che una mattina si sveglia e decide di arrivare fino anche a morire pur di lottare per la libertà del suo Paese e liberarlo dall’invasore. 

“Bella ciao”

Questa mattina mi son svegliato
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
questa mattina mi son svegliato
e ho trovato l’invasor.
Oh partigiano, portami via
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
oh partigiano, portami via,
che mi sento di morir.
E se io muoio lassù in montagna
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
e se io muoio lassù in montagna
tu mi devi seppellir.
Seppellire sulla montagna,
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
seppellire sulla montagna
sotto l’ombra di un bel fior.
E le genti che passeranno,
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
e le genti che passeranno
mi diranno: » Che bel fior «.
È questo il fiore del partigiano,
oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao,
è questo il fiore del partigiano
morto per la libertà.

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