Ci risiamo. Ancora una volta la nostra splendida Verona sale agli “onori” delle cronache (si fa per dire) per i gesti di pochi ma “rumorosi” cittadini (chiamiamoli così), che fanno sempre di tutto per farsi notare nel modo più sbagliato possibile. Una storia davvero senza fine, questa. Il 25 aprile, nel giorno in cui l’Italia intera festeggia il 75esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo, Verona si è infatti svegliata con una bandiera (issata nottetempo da ignoti) che porta il vessillo della Repubblica Sociale Italiana su uno dei pennoni limitrofi allo Stadio Bentegodi.

Una bandiera issata a mezz’asta, per la precisione. Forse, ipotizziamo, perché il 25 aprile è giorno di lutto per chi ha messo in atto questa azione. Una bandiera che è stata poi ammainata dai rappresentanti dell’ordine, ma nel frattempo la frittata era già stata fatta, visto che i siti delle principali testate italiane (fra cui Corriere della Sera e Repubblica) avevano prontamente pubblicato la notizia con il solito, inevitabile, coro di commenti sulla “Verona dal cuore nero”. Inutile dire che in lungo e in largo la Penisola è stata costellata di episodi simili se non, in qualche caso, più gravi, ma Verona rimane sempre, purtroppo, un bell’argomento di cui scrivere, come tempo fa sosteneva giustamente su questa testata Luca Comper.

E ben venga, sia chiaro, perché nessuno vuole nascondere certe “schifezze” che girano per la città. Anzi, più l’episodio ha risonanza e più si spera che qualcuno prima o poi tenti di cambiare le cose. Certo, è vero anche che quella risonanza mediatica è proprio quello che questi individui vanno cercando, quindi siamo di fronte a un cane che si morde la coda: cosa fare? Comunicare o no? Qual è la soluzione? In attesa di risolvere l’arcano c’è da sottolineare ancora una volta che Verona, in ogni caso, non fa mai davvero nulla per evitare di prestare il fianco a questo tipo di notizie che, sia chiaro, giornalisticamente risultano ineccepibili.

Il tema vero, però, per noi rimane sempre quello: perché dalle nostre parti si cade sempre in questo tipo di “errore” (che per chi lo commette errore non è, sa va sans dire)? La città in questi casi si ribella, la società civile contesta l’immagine di “città nera”, molti in questi casi arrivano a ricordare le centinaia di associazioni di volontariato che ne caratterizzano il tessuto veronese e in generale si fa di tutto per smontare questa immagine che viene veicolata all’esterno. Ma i veronesi che ne pensano? Credono veramente che una parte della loro città non sia davvero collusa (e usiamo volutamente un termine associato spesso alla malavita organizzata) con le frange più estreme e in qualche caso violente della destra italiana? Davvero pensano che la grande generosità dei suoi cittadini, da una parte, e la bellezza architettonico-storico-artistica, dall’altra, possano in qualche modo salvare la loro città da quest’etichetta di certo poco piacevole? Eppure, come si scriveva anche tempo fa – all’epoca dell’affaire Balotelli -, qualcosa evidentemente ci deve pur essere, perché per quanto il complottismo vada sempre di moda (“Ce l’hanno con Verona”, il refrain che si sente piagnucolare in questi casi) non ci viene in mente nessun vero motivo da parte della stampa nazionale per portare sempre e comunque alla luce questo fattore negativo. Perché la realtà è che quell’aspetto c’è. Non si può nascondere e anzi, negarlo è il primo e peggiore errore che si possa fare.

Nella speranza che la Polizia, utilizzando le tante telecamere di sorveglianza della zona, scopra e punisca con fermezza i responsabili di quello che è, stante le leggi italiane, a tutti gli effetti un reato (perché un’amministrazione che si rispetti davvero solo questo deve pretendere) torniamo a chiederci ancora una volta: ma non è che a Verona queste persone si sentono in qualche modo legittimate a compiere questi gesti? Non è che nel sentire, facciamo un esempio, le polemiche nate nei giorni scorsi fra Palazzo Barbieri e la sezione veronese dell’Anpi sulla presenza di un rappresentante dell’associazione alla deposizione della corona in onore della Resistenza, qualcuno diciamo più “fumantino” di altri non si sia sentito autorizzato a dare il proprio contributo alla questione con questo eclatante gesto? Non è che sentire il sindaco Sboarina affermare che della corona di fiori depositata in occasione delle celebrazioni per la Liberazione, lui «ha toccato prevalentemente il nastro con la scritta Verona» sia in effetti una sorta di messaggio, nemmeno troppo cifrato, per far arrivare a certe parti del mondo veronese che quelle azioni le compie solo perché costretto dal suo ruolo, ma il suo cuore batte con loro?