Il messaggio lanciato quest’anno dalle Nazioni Unite per la Giornata Mondiale dell’acqua (World Water Day) è molto chiaro:

«Le acque sotterranee sono invisibili, ma il loro impatto è visibile ovunque. Lontano dalla vista, sotto i nostri piedi, la falda freatica è un tesoro nascosto che arricchisce la nostra vita. Quasi tutta l’acqua dolce del mondo è sotterranea. Con l’aggravarsi del cambiamento climatico, le acque sotterranee diventeranno sempre più critiche. Dobbiamo lavorare insieme per gestire in modo sostenibile questa preziosa risorsa. Le acque sotterranee possono essere fuori dalla nostra vista, ma non devono essere lontane dai nostri pensieri».

L’allarme degli scienziati IPCC

Lo scorso 27 febbraio è stato pubblicato il documento WG2 (working Group 2) dell’IPCC  (Intergovernmental Panel on Climate Change) che, per quanto riguarda l’Europa, fra le quattro principali specifiche categorie di rischio, indica la scarsità di risorse idriche e le perdite sostanziali nella produzione agricola colpita da caldo e siccità.

La sicurezza degli approvvigionamenti idrici è una crescente preoccupazione globale. In particolare nel Sud dell’Europa, con un incremento della temperatura globale di 1,5 /2°C, si prevede che il numero di giorni con insufficienti risorse idriche aumenterà e la scarsità idrica riguarderà tra il 18% e il 54% della popolazione.

L’area mediterranea è destinata a diventare più arida per effetto combinato della diminuzione della precipitazione e dell’aumento dell’evapotraspirazione: a una crescente carenza idrica si aggiungerà, quindi, una crescente domanda di acqua da parte dell’agricoltura per l’irrigazione.

La siccità incombente

L’andamento meteorologico dell’inverno appena trascorso sembra confermare le previsioni e stime degli scienziati dell’IPCC: un inverno fra i più caldi e secchi che sta mettendo in crisi fiumi, laghi e falde acquifere.

Nella pianura Padana, una delle aree agricole più fertili e produttive del Paese, prosegue da quattro mesi una situazione di severa siccità idrologica. Il fiume Po registra una carenza del 40% di portata e i suoi affluenti del 60%. L’Adige, dal quale dipende l’irrigazione in tutto il Veronese, si può guadare a piedi. Con basse portate d’acqua alle foci dei fiumi si è già registrata la risalita dal mare del cuneo salino nelle terre coltivate della pianura per circa 15 km.

La componente fornita dall’innevamento al rifornimento delle falde acquifere per la prossima primavera/estate è notevolmente ridotta sia dalle Alpi che dall’Appennino settentrionale, le riserve d’acqua sotterranea sono quindi nettamente inferiori ai valori normali. Dal primo ottobre 2021 è caduto il 40 per cento in meno di neve nelle Dolomiti ed il 50 in meno nelle Prealpi venete.

Le acque sotterranee veronesi

il Servizio Idrico Integrato di gran parte della Provincia di Verona (in 77 Comuni su 98) è gestito da Acque Veronesi, una società consortile costituita nel 2006 allo scopo di assicurare alla comunità un sistema idrico ambientalmente, economicamente e socialmente sostenibile. La sua missione comprende la fornitura di acqua potabile, la gestione della fognatura e la depurazione delle acque reflue cittadine prima del loro versamento nei fiumi.

Per quanto riguarda le attività acquidottistiche il territorio è suddiviso in tre distretti: montano, pedemontano, che comprende la città di Verona, e pianura.

Perimetro in cui opera Acque Veronesi. Fonte: bilancio di sostenibilità Acque Veronesi 2020

Per soddisfare i bisogni idrici degli abitanti di Verona e provincia vengono ogni anno emunti mediamente 107 milioni di metri cubi di acqua: di cui circa 69 milioni provengono da falde profonde potabili33 milioni da falde non potabili e 5 milioni da sorgenti localizzate per lo più nel distretto montano. Le sorgenti disponibili sono154 mentre sono 205 i pozzi per il prelievo dalle falde profonde.  

La quantità di acqua che deve essere trattata per assicurarne la potabilizzazione sta aumentando di anno in anno. Nel 2020 si è dovuto trattare con impianti specifici il 31.5% dei 107 milioni di metri cubi emunti, nel 2015 erano il 22.3%, ora si potabilizza il 40% di acqua in più rispetto sei anni fa.

Più di un terzo (37%) dell’acqua estratta dal sottosuolo, viene persa nel tragitto verso gli utilizzatori .

Le criticità nell’approvvigionamento idrico veronese

Anche per Arpav, l’Agenzia regionale per l’ambiente, il quadro generale sulla disponibilità di acqua non è per niente rassicurante: dopo mesi di siccità anche «nei primi 15 giorni di marzo non si sono verificate precipitazioni significative».

Da punto di vita dell’approvvigionamento idrico «Stiamo vivendo una situazione decisamente inusuale» afferma il direttore di Acque Veronesi Silvio Peroni.  

Infatti, già dall’inizio di marzo si sono manifestate significative mancanze di apporto delle sorgenti montane e Acque Veronesi ha dovuto sopperire  portando nelle valli montane, da Illasi alla Val d’Alpone, l’acqua con autobotti da 15.000 litri, una volta alla settimana.  Mai in passato era accaduto di doverlo fare a marzo, poteva accadere qualche volta d’estate.

«Le sorgenti» spiega Peroni «coprono solo per il 5 per cento il nostro fabbisogno d’acqua, ma in alcune zone sono determinanti, ad Illasi è bastata una perdita a mettere in crisi l’alimentazione della rete» e aggiunge «Nel resto della provincia utilizziamo invece l’acqua presente nelle falde sotterranee e devo dire che al momento riusciamo ancora a prelevarla, anche se con costi energetici superiori all’ordinario, visto che si trova ad un livello inferiore rispetto a quello abituale».

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