La provincia di Verona, come quasi tutta la pianura padana, gode di abbondante disponibilità di acqua, sufficiente per soddisfare i bisogni agricoli e della popolazione, ma i cambiamenti climatici e l’inquinamento ne possono compromettere la sostenibilità nel medio lungo termine.

La dispersione nelle acque venete del veleno Pfas, da parte della fabbrica vicentina Miteni, che continua a funestare le provincie di Verona, Vicenza, Padova, ha evidenziato fragilità del sistema idrico e segnalato un più ampio rischio inquinamento delle acque.

È quanto emerso nel seminario “Inquinamento e protezione della risorsa idropotabile“, organizzato dall’Ordine degli Ingegneri di Verona, nell’ambito della rassegna OPEN, moderato dal direttore del Consiglio di Bacino Veronese ing Luciano Franchini.  

L’emergenza Pfas, interessando  le acque sotterranee e i pozzi in una zona di oltre 190 Km quadrati, ha portato alla luce una strutturale fragilità presente in una parte considerevole della rete idrografica veneta: l’insufficiente interconnessione fra i diversi bacini idrici che rende difficile isolare eventuali fenomeni inquinanti.

Per questo, ha spiegato l’Ing. Diego de Caprio della direzione Ambiente della Regione Veneto, è stato predisposto un Modello Strutturale degli Acquedotti del Veneto (MO.S.A.V.) per aumentare l’affidabilità del sistema idrico attraverso l’interconnessione delle grandi e medie condotte esistenti, l’unione cioè dei centri di produzione e distribuzione dell’acqua di qualità con un sistema reticolare di condotte. La sua realizzazione sta avvenendo man mano vengono resi disponibili adeguati finanziamenti.

Il seminario è stata anche l’occasione per annunciare che il Mims (Ministero Infrastrutture e Mobilità Sostenibile) ha stanziato 23.4 milioni dei fondi PNRR per il progetto, incluso nel MO.S.A.V., di una nuova dorsale idrica tra Belfiore e Verona Est che dovrà essere completata entro il 31 marzo 2026. Si tratta di un’opera di 17.5 km che ridurrà l’esposizione della popolazione di 39 paesi del Sud-Est veronese alle sostanze Pfas.

In rosso Nuova dorsale idrica di collegamento Belfiore-Verona Est

Il Pfas rimarrà ancora fra noi

Lo ha sostenuto la Dott.ssa Valentina Fuscoletti dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Nonostante la definitiva chiusura della fabbrica che lo produceva, il Pfas continuerà a propagarsi e inquinare l’acqua attraverso i tantissimi prodotti, di molti comparti industriali, che lo hanno utilizzato. Anche se in concentrazioni via via sempre minori il Pfas rimarrà fra noi ancora per molto tempo e per questo dovrà essere mantenuto un accurato sistema di monitoraggio nelle acque destinate al consumo umano.

«Occorre fare di più» sostiene Fuscoletti. Bisogna avviare un piano di sicurezza dell’acqua e gestire i rischi di inquinamento da nuovi composti chimici rilasciati, anche accidentalmente, da siti produttivi operanti nei pressi delle falde acquifere. 

Acque Veronesi, la società costituita nel 2006 per gestire il servizio idrico integrato su 75 comuni della provincia di Verona, nel 2020 ha dovuto trattare con impianti specifici il 31.5% dei 107 milioni di metri cubi di acqua emunta in quell’anno dal sottosuolo prima di immetterla nella rete idrica. Sono da rimuovere inquinanti naturali come Ferro, Manganese, Arsenico, Ammoniaca e inquinanti di origine antropica come erbicidi, Pfas, Nitrati e prodotti microbiologici. Il rimanente 68.5% dell’acqua emunta è naturalmente potabile e immediatamente distribuibile.

Purtroppo, come fa notare il direttore generale di Acque Veronesi Silvio Peroni, la quantità di acqua che deve essere trattata per assicurarne la potabilizzazione sta aumentando di anno in anno. Nel 2015 era il 22.3% del totale, ora si devono potabilizzare il 40% di acqua in più rispetto sei anni fa.

Nuovi inquinanti all’orizzonte

Peroni ha quindi informato che Acque Veronesi, anticipando il recepimento della nuova direttiva europea 2184 del 16 dicembre 2020, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ha svolto un primo screening su alcuni inquinanti emergenti nel bacino idrico di sua competenza. I risultati del campionamento, come esposti nella tabella, sono stati sostanzialmente positivi  ma  lasciano presagire la necessità di continue attenzioni e approfondimenti.

Risultati ricerca inquinanti emergenti effettuata da Acque Veronesi

Lago di Garda fornitore di ultima istanza

Il sistema acquedottistico a servizio di Verona e provincia, disponendo di 137 sorgenti, 201 pozzi, 26 impianti di potabilizzazione, 410 serbatoi e circa 6000 Km di rete distributiva si presenta sufficientemente capace per il prossimo futuro di servire con qualità gli oltre 800.000 abitanti del territorio.

Il vicino lago di Garda è un esteso serbatoio di acqua dolce, facilmente potabilizzabile con semplici trattamenti di filtrazione e disinfezione, potrebbe diventare fornitore di ultima istanza del bacino veronese nel caso dovessero maturare gravi situazioni di rischio disponibilità acqua potabile.

Giorgio Franzini responsabile dell’ufficio Lago di Garda di Arpav rassicura: «Nel lago non sono stati finora rilevati inquinanti emergenti. Si manifesta invece il rischio di un progressivo riscaldamento delle acque, in linea con l’aumento di temperatura registrato nella nostra area geografica». Un aumento di circa 1°C  negli ultimi venti anni. Fenomeno probabilmente collegato al riscaldamento globale del pianeta.

Per il lago di Garda l’Ing. Carlo Alberto Voi dell’Azienda Gardesana Servizi (AGS) paventa però un grave rischio ecologico ed economico in caso di rottura del sistema fognario della sponda veronese di cui è gestore.

Il collettore fognario che raccoglie i reflui urbani dei paesi costieri da Malcesine, compreso Toscolano Maderno sulla sponda Bresciana, all’impianto di depurazione di Peschiera presenta lunghi tratti di tubazione sublacuali vetusti e con diverse criticità. Il rischio di rottura delle tubazioni e conseguente inquinamento delle acque è molto alto. Per tutelare la qualità delle acque lacustri l’intero sistema fognario richiederebbe un radicale rinnovamento e innovazione tecnologica con una spesa totale di ca. 125 milioni di Euro. Ma per la sua attuazione si stenta a trovare i necessari finanziamenti.

Attuale collettore fognario del Garda Est

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