Un vero e proprio viaggio alle radici sonore del mondo. Il concerto dell’Orchestra Mosaika andato in scena ieri sera al Camploy, un evento patrocinato dal Comune di Verona e offerto alla cittadinanza, è stato soprattutto questo. Un percorso che, senza sosta, ci ha portato sul sentiero delle note musicali dall’Australia alla Scozia, dall’Afghanistan al Camerun, dallo Sri Lanka alla Colombia passando per New York e ovviamente anche per la nostra Verona.

Già, perché nelle quasi due ore di performance la super band (diciassette elementi provenienti da varie parti del mondo) capitanata da Renzo Segala e diretta da Marco Pasetto, ha regalato al pubblico accorso numeroso (il teatro era quasi del tutto esaurito) un’esperienza sonora davvero fuori dal comune.

Un viaggio nel tempo

Un’esperienza che non solo che ha accompagnato l’orecchio dello spettatore in lungo e in largo nel globo, ma addirittura gli ha permesso di fare anche una sorta di viaggio a ritroso nel tempo, con composizioni ispirate a “frottole” cinquecentesche o addirittura, andando ancora indietro, ai Carmina Burana duecenteschi, cantati ovviamente in latino, una lingua matematica perfetta per il canto ritmato.

L’occasione è stata creata innanzitutto per riabbracciare il pubblico, dopo la lunga pausa imposta dalla pandemia e dallo stop a tutta l’attività musicale, ma anche per presentare il nuovo lavoro, Vite: quattordici tracce che ci portano alle radici del suono e nelle profondità del vero e proprio mosaico culturale rappresentato dai Mosaika (mai nome fu più azzeccato), che fin dalle loro origini (2014) hanno fondato sulla diversa provenienza e sul background artistico dei propri componenti il successo della proposta musicale.

Un aspetto, questo, sottolineato anche dall’assessora alla Cultura del Comune di Verona Francesca Briani, intervenuta prima del concerto, la quale ha parlato proprio dell’importanza dell’inclusività di un progetto multiculturale come quello dell’orchestra veronese, esempio lampante di come la musica, con il suo linguaggio universale, abbia la rara capacità di unire mondi lontani e farli confluire in qualcosa di importante.

Le Thapoda (a destra) mentre ballano uno dei brani proposti durante il concerto

Vite, il nuovo cd di Mosaika

Il concerto ha visto anche la partecipazione del percussionista veronese Sbibu, chiamato a sostituire per l’occasione Ernesto Da Silva, bloccato in Guinea Bissau per motivi burocratici legati al proprio passaporto. A quest’ultimo è andato il pensiero dei suoi compagni di band, nella speranza che possa presto tornare a suonare alle nostre latitudini.

Tornando alla serata e ai brani contenuti nel cd Vite – un titolo che ovviamente può essere anche un riferimento alla complesse esperienze che gli stessi componenti dei Mosaika hanno vissuto nel corso della propria esistenza – è da sottolineare la perizia negli arrangiamenti del direttore Marco Pasetto e della arpista e corista australiana Diane Peters, il perfetto amalgama delle varie sezioni (percussioni, violini, chitarre e basso, fiati, tastiere elettroniche) e le tre splendide voci di Denise Dimé, Maria Rosa Marchi e Chiara Merci, che hanno dato ulteriore valore, con una performance di assoluto rilievo, alla serata del Camploy.

Danza e racconti di donne

La quale ha visto anche la partecipazione del gruppo Thapoda formato da quattro ballerine srilankesi, che hanno coreografato con i loro balli e vestiti tradizionali un paio di pezzi, e della scrittrice afghana Sadaf, di cui Susanna Bissoli ha letto un racconto, “Il gelso di Sadaf”, dedicato a tutte le donne afghane che in questo momento stanno vivendo un momento particolarmente difficile di restrizioni e mancanza di libertà.

Il pubblico del Camploy

Non possiamo, però, dimenticare gli splendidi assoli alla tromba di Gabriele Bolcato e al flauto traverso di Stefano Benini, l’accompagnamento al violino di Anna Pasetto e alla viola della new entry Alberto Danielon, la sezione ritmica – con Carlos Cuesta al basso e Miguel Pasini alle percussioni insieme al già citato Sbibu – che ha sostenuto perfettamente l’impianto acustico dell’ensemble, le chitarre di Rey Mané (elettrica) e Chiara Vantini (classica) e la perizia alla mandola di Claudio Moro, per finire con la parte di fiati che si completa con Giovanna Bissoli al sax tenore e Renzo Segala al clarinetto basso. A lui nel corso dell’intera serata, l’incarico di dialogare con il pubblico e spiegare l’origine e le curiosità legate ai vari pezzi suonati.

Il concerto si è concluso con il brano “Raulito” dedicato all’ex componente colombiano dei Mosaika Raul Alzate, che ha visto anche il pubblico cantare e applaudire per un finale davvero coinvolgente.

Il brano “Ederlezi”, ultima traccia del cd “Vite”

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