“Siamo solo alcuni delle migliaia di cittadini e cittadine che, in ruoli diversi, nel corso di quasi tre decenni hanno prodotto in questa città arte, cultura, dialogo, partecipazione, quindi sostanzialmente cittadinanza”. Si presenta così il comitato “Profezia della locomotiva cosmica”, iniziativa partita da una petizione on line per preservare la memoria storica dell’area degli ex Magazzini Generali di Verona, e che martedì 4 ottobre ha visto riuniti i promotori durante l’inaugurazione di Eataly nella Stazione Frigorifera per un presidio pacifico e silente, durante il quale è stato distribuito all’esterno dell’edificio materiale informativo sulla storia dell’area “per manifestare contro l’unica narrazione offerta ai cittadini e alle cittadine di questa (sciagurata) trasformazione degli ex Magazzini in un complesso prevalentemente commerciale e direzionale, e che parla di rigenerazione urbana di un’area sottratta all’abbandono e al degrado, che diventerebbe ora, per la prima volta, sede di attività culturali. Questa narrazione non corrisponde alla realtà”.

Molti di loro infatti hanno fondato l’Associazione Culturale Interzona, che dalla sua nascita nel 1993 e fino al 2005 ha avuto la prima sede proprio nella Stazione Frigorifera che oggi ospita Eataly: si tratta di un’associazione che, nel corso di 23 anni di attività (ha infatti proseguito la sua attività nell’adiacente Magazzino 22 fino al 2016, ndr), ha portato a Verona più di 700 concerti di ogni genere musicale, oltre 70 spettacoli teatrali delle più affermate compagnie europee, in collaborazione anche con la Biennale di Venezia, letture, documentari, incontri con autori. Ma anche assemblee pubbliche, gruppi di discussione sui diritti civili, laboratori di pratiche politiche, collaborazioni con associazioni, istituzioni pubbliche, centri culturali, circuiti distributivi e artisti italiani, europei e internazionali.

Un vero e proprio laboratorio di cittadinanza attiva, il cui valore è stato confermato nel tempo anche da premi e riconoscimenti prestigiosi in ambito culturale.

Ma come è stato possibile che un luogo, vincolato come bene di archeologia industriale nei suoi aspetti materiali e immateriali, da culla della cultura indipendente riconosciuto a livello internazionale sia diventato infine un supermercato di lusso (che forse in pochi potranno permettersi in questo periodo)?

L’architetto Fausto Caliari, tra i fondatori di Interzona e membro del comitato, lo dice con chiarezza: «A mio parere si tratta di due modelli a confronto: uno è quello che oggi vediamo come risultato, cioè un compendio vincolato di bene culturale che è stato distrutto in conseguenza della scelta, a mio parere scellerata, di destinare l’area ad uso commerciale e direzionale, e da lì il bisogno di “piegare” tutti i manufatti e gli edifici dell’area, con le loro preziosità, a quel determinato scopo. Ecco che qualsiasi cosa non era funzionale a quell’obiettivo è stata cancellata, distrutta. Si tratta di un modello calato dall’alto, istituzionale, dove sotto sotto si nasconde la speculazione immobiliare, mentre noi pensiamo che qualunque modello futuro debba partire da una concertazione dal basso, in cui la cittadinanza sia veramente parte attiva nelle scelte di destinazione d’uso di beni pubblici. Ciò che è importante a livello culturale, in fondo, è che le istituzioni agevolino la possibilità di far uscire allo scoperto quelle che sono le pulsioni, il fuoco che ogni città possiede, e parlo del fuoco della cultura, della produzione artistica.

È così che si dovrebbe vivere una città. Il modello del polo culturale, invece, partiva dal presupposto di rivalutare questo prezioso compendio e viverlo, appunto, in chiave culturale. E l’esperienza di Interzona è la prova probante che tutto questo era possibile. Farinetti (patron di Eataly, ndr) parla di 100 nuove assunzioni, ma dal punto di vista culturale, oggi, chi andrà lì “consumerà” un evento, mentre per noi si trattava di cultura partecipata. Nel corso degli anni, molti giovani che hanno frequentato Interzona hanno trovato anche una dimensione professionale, oltre che culturale, lì hanno capito cosa volevano fare da grandi, hanno imparato un mestiere nell’arte, nella cultura. A Verona esistono più di 40 realtà che operano nel teatro a livello amatoriale, e questo rappresenta un capitale enorme per una città, ma non riescono a fare il salto perché spesso non sono supportate dalle istituzioni. Il grande merito che riconosco a Interzona è di aver rappresentato per i giovani una realtà “esperienziale”, un luogo dove le persone hanno potuto e-sperimentare un posto diverso, un’idea diversa di arte e di cultura, un luogo dove misurarsi e crescere. E se vuoi investire nei giovani, deve dargli degli elementi con i quali misurarsi.»

Ed è il collettivo Interzona che, nel 1996, fa presente alla Soprintendenza la necessità di vincolare come bene culturale la Stazione Frigorifera. Nel 1999 l’intera area degli ex MG viene vincolata come bene di archeologia industriale nei suoi aspetti materiali (planimetrici, architettonici e di arredo funzionale) e immateriali (cultura del lavoro). Il Comune di Verona, proprietario dell’area, si oppone al vincolo con un ricorso, e vorrebbe abbattere tutti gli edifici dell’area, tranne la Stazione Frigorifera. Il sindaco all’epoca è Michela Sironi Mariotti, in quota Forza Italia.

Nel 2000 il TAR regionale del Veneto conferma i vincoli, il PRUSST (Programma di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio) di Verona Sud definisce ufficialmente la destinazione d’uso a polo culturale ma infine, nel 2002, il Comune di Verona cede l’area per 16 milioni di euro a Fondazione Cariverona, con il vincolo tuttavia di realizzare un polo culturale dal momento in cui, all’interno dell’area dismessa ma non abbandonata, operano già da tempo realtà culturali e sociali come Ente Lirico, Caritas, Estravagario Teatro e, naturalmente, Interzona nella Stazione Frigorifera.

Nel 2011 Fondazione Cariverona chiede e ottiene i primi cambi di destinazione d’uso da culturale a direzionale. Nel 2013, dei 28 edifici del prezioso sito di archeologia industriale ne rimangono meno della metà. Fino ad arrivare al 2014, quando anche la Stazione Frigorifera perde la destinazione d’uso culturale, che diventa commerciale, e della quale solo l’involucro esterno verrà preservato dalla ristrutturazione che subirà in seguito.

Nel 2015 Fondazione Cariverona fraziona e rivende l’area al fondo immobiliare Torre Sgr, con sede a Roma, e successivamente ad una sua consociata tedesca per 80 milioni: si tratta del fondo immobiliare Patrizia, lo stesso che nel 2020 acquisterà, sempre da Fondazione Cariverona, l’intero isolato tra via Garibaldi e via San Mamaso, destinandolo a diventare un “quadrilatero del lusso” con la costruzione di un hotel a 5 stelle con negozi, centro benessere e sale congressi, meglio noto come Piano Folin. Alcuni degli edifici rimasti nell’area degli ex MG vengono ristrutturati e immessi sul mercato immobiliare, a prezzi conseguenti.

Nel 2005 Interzona viene sfrattata dalla Stazione Frigorifera, con oltre 6.000 soci, e nel 2022 Eataly inaugura, nello stesso luogo, il suo dodicesimo punto vendita in Italia.

Caliari sostiene che «l’area è stata ridotta così perché i tre soggetti coinvolti, ovvero il Comune di Verona nelle sue amministrazioni, la Soprintendenza come presenza dello Stato a livello territoriale e Fondazione Cariverona come proprietaria dell’area, non si sono dimostrati particolarmente interessati a mantenere il vincolo di destinazione culturale». «Questo evidenzia anche una scarsa cultura moderna di quello che è il nostro patrimonio pubblico» sostiene ancora Caliari, «e i funzionari della Soprintendenza, complice anche una loro formazione per lo più classica, non hanno proprio capito con quale “oggetto” avevano a che fare, non si sono resi conto del suo valore e non hanno esercitato le dovute tutele. Per esempio, per qualsiasi bene culturale vincolato va fatta una catalogazione dei suoi elementi peculiari e di valore storico, e questo nell’area non è stato fatto, sebbene lo chieda la legge. Inoltre, all’interno del consiglio di amministrazione allargato di Fondazione Cariverona, proprio perché è un ente privato ma a scopo pubblico, sono presenti figure istituzionali tra cui la Soprintendenza, quindi si è creata una situazione per la quale controllore e controllato erano, di fatto, gli stessi.»

E secondo il comitato, «va purtroppo ribadito che in città sono pochissime le voci che si sono opposte a quella che agli occhi di noi cittadini si rivela in fondo una speculazione edilizia, o quantomeno un fallimento: la dimostrazione della profonda incapacità di tutti gli enti pubblici coinvolti (Fondazione, Comune e Soprintendenza) di affrontare temi delicati e complessi come il riutilizzo di beni immobili pubblici dismessi e la loro restituzione alla città. In altre città italiane ed europee analoghe a Verona, gli esiti di simili operazioni sono stati decisamente migliori, perché concertati con la cittadinanza.»

La petizione del comitato, che ha raccolto in pochi giorni migliaia di firme e la solidarietà di personalità artistiche di livello internazionale come Romeo e Claudia Castellucci (Romeo Castellucci è stato anche direttore della Biennale Teatro di Venezia, ndr), verrà consegnata nei prossimi giorni nelle mani del sindaco Damiano Tommasi.

Quello che chiedono i promotori della “Profezia della locomotiva cosmica”, in sostanza, è che in futuro non succeda nuovamente che aree di così grande interesse pubblico vengano vendute a privati e destinate a produrre profitto senza il confronto con i cittadini che, come nel caso di Interzona e di altre realtà, hanno contribuito per decenni a rigenerare materialmente e culturalmente quei luoghi dismessi, sottraendoli di fatto all’abbandono.

Sarebbe una grande sfida, per la nuova amministrazione, quella di aprirsi al confronto attivo e far sì che i cittadini, e soprattutto i giovani, possano assumere un ruolo da protagonisti, e non da consumatori, nella comunità.

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