Il forte impatto che la guerra in Ucraina sta avendo su tutti noi può essere trasformato in positivo se si converte in gesti concreti di solidarietà, consapevolezza della situazione geopolitica del mondo attuale e cambiamenti di stili di vita.

Per quanto riguarda la consapevolezza, se si pensa al conflitto in corso tra Ucraina e Russia, è senz’altro necessario non solo mantenere l’obiettivo di una corretta informazione della cronaca dei fatti, ma anche cercare nel contesto storico-politico in cui si inseriscono, la catena di eventi che ha portato fino a questa situazione. Ma non basta ancora.

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Ci siamo scordati, e ce li scordiamo con frequenza costante, tutti gli altri conflitti nel mondo che durano da anni, che sono poco mediatici, ma che mietono costantemente un numero abnorme di vittime civili.

Ad agosto dell’anno scorso in Afghanistan c’è stato il passaggio di potere in mano ai Talebani con la fuga drammatica dal Paese di moltissimi civili. Ecco, oggi sembra un evento lontanissimo e che non ci riguarda più, ma che sta mietendo ancora moltissime vittime.

È questa una grave mancanza della comunità civile. Il perché è sotto gli occhi di tutti: far finta di non vedere un conflitto per troppo tempo ci fa poi trovare spauriti e confusi quando questo scoppia sotto il nostro naso.

Far finta di non sapere che il mondo si è ristretto, che quanto succede in un luogo lontano alla fine condizionerà anche le nostre vite (e la pandemia ce lo sta gridando in faccia da due anni) non è un atteggiamento che ci porterà molto lontano.

Far finta che alcune guerre siano più rilevanti di altre ci fa cadere in comportamenti politicamente ambigui, se non apertamente discriminatori, per cui si classificano i profughi in veri e finti, a seconda del colore della pelle.

“La prima vittima delle guerre è la verità”, diceva Eschilo. Viene da chiedersi se la colpevole sia la memoria.

E allora proviamo a dare uno sguardo al mondo, a vedere come sta oggi, a contare quanti sono i conflitti, a osservare chi e cosa, sta tirando i fili della storia odierna.

Secondo l’Osservatorio dei Diritti, sono 70 gli Stati attualmente coinvolti in una guerra, per un totale di 869 guerre e guerriglie.

Infografica di Crisis Group

«I numeri scorrono implacabili davanti agli occhi. Sono quasi 4,5 milioni di morti ufficiali a giugno 2021. Sono 1 miliardo di esseri umani che muoiono di fame a causa della guerra. Sono 2 mila miliardi di dollari spesi per comprare armi. Sono numeri di un Mondo che non vuole guarire e con la pandemia di Covid19 ha creato nuove ingiustizie, nuove ragioni di conflitto e guerra

Queste le parole di Raffaele Crocco, direttore responsabile dell’Atlante delle guerre e dei conflitti, pubblicato ogni anno dall’Osservatorio.

In Europa, oltre alla guerra tra Ucraina e Russia, i punti caldi sono la Cecenia e il Daghestan, entrambi territori della ex Unione Sovietica. Senza contare Bosnia e Kosovo, dove la situazione è in stallo da anni.

In Asia il conflitto più pericoloso, di cui si parla davvero poco, è quello in Siria. 333 persone sono state uccise solo a febbraio nella guerra civile in corso da circa 11 anni. A Damasco in questi giorni, la propaganda filo-Putin continua imperterrita, in quanto è proprio la Russia il primo fornitore di alimentari e generi di prima necessità.

A preoccupare il governo siriano è soprattutto il blocco dei trasporti di gasolio, che avviene via mare attraverso le navi cisterna russe. Tutto ciò andrebbe a colpire principalmente la popolazione civile, che secondo un recente rapporto dell’Onu, conta 15 milioni di persone che necessitano di aiuti umanitari, in quanto il 76% delle famiglie non è in grado di assicurare il fabbisogno di base.

Ma in Asia ci sono anche Afghanistan, Birmania-Myanmar, Filippine, Pakistan, Thailandia. Tutti Paesi duramente colpiti da conflitti lunghissimi.

Nel Medio Oriente è alta l’attenzione per Iraq, Israele e Yemen. Paesi che la nostra memoria collega da sempre a situazioni di guerra per cui ci siamo tristemente abituati alla loro drammatica situazione.

In Africa sono in guerra 31 Stati. I punti più caldi sono in Burkina Faso, Egitto, Eritrea, Etiopia, Libia, Mali, Mozambico, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sudan, Sud Sudan. Una lista lunghissima. Giorno dopo giorno, sta diventando sempre più seria la situazione in Camerun.

Infine nelle Americhe, le guerre in corso sono legate al narcotraffico, ed estese ad alcune regioni della Colombia, del Messico, in Venezuela, Nicaragua e Honduras.

Che possiamo fare, di fronte a questo quadro tremendo? Che possiamo fare per non sentirci impotenti e sopraffatti?

«La guerra non è inevitabile; è un disastro causato dall’uomo» afferma Crisis Group, un’organizzazione indipendente che lavora per prevenire le guerre e definire politiche di pace.

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L’inazione, il non fare nulla, è un atteggiamento che ci porta ad avere oltre 82,4 milioni di persone sfollate a causa di conflitti e persecuzioni. Un numero mai raggiunto prima nella storia dell’umanità. Un numero che include donne e uomini di tutte le colorazioni epidermiche esistenti.

Informarsi, prendere consapevolezza di cosa succede nel mondo, è il primo passo per uscire dall’inazione. Il primo passo per non rimanere stupiti se alle frontiere poi, ritroviamo persone di nazionalità diverse che ci chiedono di entrare.

Tutto questo rappresenta il primo passo per rompere quel silenzio spesso come un muro circa la decisione del governo italiano di alzare le spese militari per il 2022, fino a 25,8 miliardi di euro (senza contare gli apporti che arriveranno dagli altri ministeri). Una cifra record, mai raggiunta prima nella storia d’Italia. Che sia davvero questa la direzione giusta?

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