La ristorazione cambia passo. Lo voglia o meno. C’è da fare i conti – a causa del Coronavirus – con cali di fatturato, meno clienti, meno posti in sala. E adesso anche con il Green Pass, per l’accesso ai locali interni solo a chi è vaccinato, guarito dal virus o con tampone negativo, a partire dal 6 agosto. Questo tempo di crisi e incertezza, che dà comunque segnali di ripresa, è un’occasione per rinnovare un comparto – la ristorazione – che è un fiore all’occhiello dell’economia italiana. Ma che già prima del Covid-19 faceva sentire scricchiolii poco rassicuranti.

Come cambia la ristorazione, allora, a seguito dell’emergenza Coronavirus e del Green Pass? «La ristorazione italiana, come nel resto del mondo, vive una situazione di difficoltà. Questo è evidente. È sempre stata un fiore all’occhiello del nostro Paese, ma da oltre un anno deve fare i conti con una situazione inedita, fra Covid-19 e Green Pass. Una situazione a cui comunque l’Italia si può adeguare, dando risposte efficaci», spiega Massimo Falanesca, manager della ristorazione da alcuni decenni, consulente del marchio Redoro per la parte che riguarda i ristoranti. Falanesca è il manager della trattoria “La Locanda dell’Oleificio” e del ristorante “La Torre” di Mezzane di Sotto (Verona), e dirige la Bruschetteria Redoro a Verona, in corso Porta Nuova.

«Occorre spiegare la nostra cucina ai clienti, lavorando in una situazione di limitatezza per le restrizioni imposte dal Coronavirus. È indubbio, poi – osserva Falanesca, – che alcuni ristoratori sono stati spaventati, in quest’anno e mezzo di pandemia, dal doversi rimettere in gioco. C’è chi si è sentito destabilizzato dalle nuove condizioni economiche e di lavoro».

L’intervista a Massimo Falanesca, general manager ristorazione.

I ristoratori e la cura (mancata) dei clienti italiani

Massimo Falanesca, general manager della ristorazione

La pandemia c’è. Le restrizioni pure. Che cosa occorre fare? «Ricordiamo innanzi tutto che gli italiani amano mangiare, amano la cucina, amano i prodotti tipici e la qualità. Il tutto a un giusto prezzo – osserva il general manager di Redoro. – È un fatto che alcuni ristoratori, specie delle zone turistiche, si sono dimenticati dell’Italia e dei clienti italiani. Non a caso, i ristoranti che soffrono di più sono quelli in zona turistica, abituati a lavorare con i clienti che vengono da fuori e con gli stranieri».

«È allora necessario riscoprire chi siamo, cosa possiamo offrire noi ristoratori alla clientela», risponde Falanesca, che ha lavorato per anni a Roma e in altre parti d’Italia ai più alti livelli della ristorazione. «È importante che puntiamo sui prodotti del territorio, unendo qualità e giusto prezzo. Riscopriamo chi siamo, le nostre tipicità e cosa siamo in grado di cucinare e di servire ai clienti».

Green Pass, livello del servizio e attenzione al cliente

C’è un cambio di stile che la situazione attuale impone. E lo impone da un certo numero di mesi. «Non vi è alcun dubbio che siamo chiamati a cambiare passo. E a ridare al cliente del ristorante, della trattoria, dell’osteria e del bar il mangiare bene. La qualità dei prodotti tipici, legati alle zone in cui operiamo», spiega Falanesca, nel mentre osserva gli ultimi preparativi per la serata alla Locande dell’Oleificio, a Mezzane di Sotto, terra di un olio extravergine di oliva e di vini Valpolicella e Soave di eccellenza. «Inutile nasconderci la verità, se vogliamo arrivare alla soluzione del problema: al turista è stato spesso offerto un prodotto culinario medio. È allora venuto il momento di alzare il livello e di migliorare il servizio».

«Il cibo, le pietanze, le tipicità li dobbiamo offrire in maniera diversa; e certo nelle migliori condizioni di sicurezza anti-Covid, per rassicurare chi viene a mangiare nel nostro locale e per far stare bene il cliente -, sottolinea Falanesca. – Quello italiano, innanzitutto, legato al turismo di prossimità, ma anche il cliente straniero che è tornato. Ben venga il Green Pass, se questo serve per rassicurare i clienti, da qualunque parte vengano, e per consentirci di andare avanti. Sono impegni e adempimenti in più, lo sappiamo: ma in cambio cosa avremmo? Ancora chiusure. E sarebbe il disastro».

L’interno della Locanda dell’Oleificio di Mezzane di Sotto.

Rispettare le regole, altrimenti si richiude

«Il Covid-19 ha rallentato l’economia, nel 2020. È un dato di fatto. Turismo e ristorazione stanno riprendendo, ma vi è l’incognita della quarta ondata di contagi. Così accade in tutto il mondo», ricorda Falanesca, che ha avuto modo di lavorare anche a un pranzo per l’allora presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton. «Si sono ridotti gli spazi nei ristoranti, per via del distanziamento fisico. Dobbiamo rispettare le regole, perché l’alternativa è dover tornare a chiudere tutto».

«Quanto agli incassi, nella ristorazione non puoi più arricchirti come un tempo. Gli anni d’oro, dei grandi guadagni, erano comunque finiti già prima del Coronavirus. Il calo del fatturato, nella ristorazione, lo si registra già da alcuni anni -, osserva Massimo Falanesca. – Vi era stata una diminuzione degli affari dal 15% al 25%. Il Covid-19 ha solo messo in evidenza i limiti che c’erano già prima. E’ evidente a tutti, adesso, quello che prima era sottotraccia: la politica del prezzo più alto, o il calo della qualità del cibo servito, non pagano. Non pagano affatto».

«Verona ha sofferto parecchio a causa del turismo che è venuto meno. E a causa di una ristorazione che è stata declinata sulla base del turismo», fa notare Falanesca. «Il cliente veronese non si riconosce nella ristorazione che si era appiattita su un certo tipo di turismo, lontano dalla qualità e poco attento al giusto prezzo. Fuori Verona e fuori dalle zone turistiche si lavora».

«A Mezzane di Sotto, con le serate del fine settimana in piazza IV Novembre, con la Locanda dell’Oleificio e con il ristorante La Torre, i risultati sono venuti perché lavoriamo con le persone della zona, della vallata; e con chi viene da fuori a cercare tranquillità e qualità al prezzo adeguato -, rimarca Falanesca. – La ristorazione scaligera, a causa dell’appiattirsi sul turismo di scarsa qualità, ha mancato di attenzione verso i veronesi, i locali. Si sono scordati i piatti della tradizione, i prodotti tipici della zona, la cucina veronese tradizionale con la pasta fatta in casa».

La seconda parte dell’intervista a Massimo Falanesca, general manager ristorazione.


«La ristorazione oggi è bene che punti su quello che ha: i prodotti del territorio, i vini della zona, gli acquisti mirati, una politica dei prezzi attenta e rigorosa e non fatta a casaccio. Qualità enogastronomica giusta a un prezzo giusto. È quello che abbiamo applicato al ristorante ‘La Torre’ di Mezzane di Sotto, sia nel menù alla carta del ristorante che nelle serate in piazza di venerdì, sabato e domenica sera. Se al cliente diamo cibo di qualità e sta bene al tavolo, se al minor numero di clienti per turno sopperiamo con il far girare meglio i tavoli su più turni, abbiamo raggiunto l’obiettivo. Sia chiaro: non ci si arricchisce più. Si guadagna il giusto».

Ingresso della trattoria “Locanda dell’Oleificio”, a Mezzane di Sotto (Verona).

Puntare sul cliente italiano, con giusti prezzi di listino

«È importante che come ristoratori troviamo un’armonia sulla base proprio del cliente. È lui (o lei) il centro del nostro interesse e del nostro servizio. In questa fase, è importante puntare sul cliente italiano -, sottolinea Falanesca -. Occorre farlo venire (o tornare) in ristoranti che, specie nelle zone turistiche, si sono appiattiti su una qualità bassa e a prezzi non competitivi destinati al cliente straniero. Al turista».

«Il lavoro di massa non si può più fare: non più come un tempo, poco ma sicuro. La cucina è amore e attenzione al singolo cliente, già da come porti un piatto in tavola. In passato, l’amore per la cucina è finito in secondo piano», evidenzia il general manager della ristorazione -. Ora il servizio al cliente diventa strategico, così come la vicinanza e la cura del personale, che è importante sia preparato sia nel servizio che nella comunicazione».

Va poi ricordato che gli italiani, oggi più che mai, vogliono girare l’Italia, conoscere il proprio Paese. Perché prima del Coronavirus abbiamo visto tanti visitatori italiani e stranieri con il panino e la bottiglietta dell’acqua? Per prezzi e qualità non adeguati alle tasche e ai gusti dei clienti -, spiega Falanesca -. È invece necessario giocare la carta dei prodotti del territorio, a un prezzo decoroso: non puoi più chiedere ciò che vuoi, come conto».

«Con 100 euro devi far mangiare quattro persone, non due. Il menù va allora costruito sulla base delle esigenze del cliente. Gli errori non sono più ammessi. Le persone si devono sentire tranquille quando mangiano -, dice il general manager. – Occorre quindi avere amore per il proprio lavoro, chiedersi come mai il cliente preferisce un altro locale rispetto al nostro, domandarsi come e dove si sbaglia. È poi fondamentale avere attenzione e cura del prezzo, sapendo che occorre bilanciare costi e prezzi da praticare. Ricordando che la fascia alta di clientela, con grande capacità di spesa, è sottile; si è assottigliata la fascia media ed è ampia la fascia del consumatore con minore capacità di spesa».

L’ultima parte dell’intervista al general manager ristorazione Massimo Falanesca.

Il personale e la comunicazione

«Con la crisi da Coronavirus e le chiusure, molti addetti della ristorazione si sono spostati su altri comparti. Abbiamo ristoranti, trattorie, hotel che non riaprono perché non hanno personale -, fa notare Falanesca -. Può avere inciso anche il reddito di cittadinanza, per cui viene comodo prendere poco e rimanere a casa. È vero, però, che il personale occorre sia pagato il giusto, sia rispettato e valorizzato, sia formato in modo da offrire una garanzia nel servire i clienti; e che abbia una certa prospettiva nel posto di lavoro data dall’evitare le chiusure».

«Anche per questo sono favorevole al Green Pass. Se torniamo a chiudere i locali, quel poco di personale che ci è rimasto scappa da qualche altra parte, spiega. Mettiamo allora in sicurezza i nostri ristoranti, trattorie, pizzerie, hotel e pubblici esercizi. Garantiamoci un futuro anche attraverso una più efficiente, e ben sostenuta dalle pubbliche istituzioni, formazione professionale alla ristorazione».

«Tutto questo, avendo presente che la comunicazione è fondamentale, sia all’interno del ristorante che fra gli addetti e la clientela, in modo da avere comportamenti e servizi di qualità -, conclude il general manager Falanesca -. E a proposito di comunicazione, ricordiamoci il valore del passaparola. Se il cliente si trova bene, si sente rassicurato, ben servito e paga il giusto, allora parla del tuo locale con amici, colleghi e conoscenti. Il miglior biglietto da visita è far stare bene il cliente. Poi ci sono i social, il sito internet, la newsletter e tutti gli strumenti utili. Non occorre andare nel panico se vi è qualche giudizio negativo sui social: è importante farne tesoro, dialogare con i clienti e migliorarsi. Perché è sempre il cliente che deve essere al centro dei nostri interessi».

(Foto fornite dalla Locanda dell’Oleificio di Mezzane di Sotto).

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