Viviamo nell’Antropocene, termine stato coniato dal chimico olandese e Premio Nobel Paul Crutzen all’inizio del 2000, che definisce un’epoca in cui l’uomo con le sue attività ha un’influenza sull’ambiente in cui vive. Nello specifico, l’intero sistema alimentare creato dall’uomo contemporaneo ha un forte impatto climatico.

È da questo punto di vista che Eliana Liotta, giornalista e divulgatrice scientifica, ospite dell’associazione La Cura Sono Io il 7 giugno in Villa Quaranta Tommasi Wine Hotel&Spa, introduce il suo ultimo libro Il cibo che ci salverà (La Nave di Teseo, 2021), che spazia sulle tematiche legate al cibo etico e al cibo ecosostenibile. A dialogare con l’autrice Maria Teresa Ferrari, presidente de La cura sono io, e Francesca Briani, assessora alla cultura del comune di Verona.

Da sinistra, Maria Teresa Ferrari, Eliana Liotta e Francesca Briani

Il libro, che vanta il supporto di due istituzioni scientifiche, l’Istituto europeo per l’economia e l’ambiente e il Progetto Eat del Gruppo ospedaliero San Donato, ha un motto: quello che mangiamo può cambiare il mondo. «L’uomo influenza il clima, i livelli di mari e oceani. Con le nostre attività, dalla rivoluzione industriale in avanti, soprattutto negli ultimi cinquant’anni, abbiamo modificato il clima. Con le stufe, le auto, le industrie – afferma Liotta, che tra le sue attività cura anche due rubriche su Io Donna e Corriere Salute -. Ora i governi, le aziende, tutti si stanno dirigendo sulla transizione ecologica, abbiamo anche un ministero per evitare di continuare a sfruttare i combustibili fossili e trovare fonti energetiche alternative. Una strada che, come già nel 2019 aveva dichiarato l’ONU, passa anche dal sistema alimentare, da quello che mangiamo e come lo produciamo».

Ciò che fa bene a noi, dunque, fa bene anche al pianeta. E la correlazione tra cibo e ambiente è molto forte, tanto che, chiarisce l’autrice, «uno studio pubblicato sulla rivista Nature dice che addirittura un terzo delle emissioni complessive di gas serra dipendono dal nostro sistema alimentare».

Un tema importante su cui si sofferma Liotta è quello degli allevamenti intensivi: «Abbiamo deforestato pezzi di pianeta per loro. Le mucche contribuiscono all’emissione di metano per la fermentazione del cibo nel loro stomaco. Un gas serra potentissimo, ventuno volte più dell’anidride carbonica. I nutrizionisti consigliano la carne di manzo, le bistecche, non più di una volta al mese. Quindi non si tratta di eliminare la carne, ma di limitarne il consumo».

L’apporto di proteine derivante dalla carne si ha, per quantità, anche con i legumi, quindi piselli, ceci, fagioli, lenticchie, e rientrano nei cibi “che fanno bene all’ecosistema dentro e fuori noi”. «I legumi hanno una quota amidacea e proteica molto importante. Sono fertilizzanti naturali potentissimi, perché una volta piantati rilasciano l’azoto nel terreno che servirà alle piante che verranno dopo. Se mangio un piatto di pasta e fagioli con loro assumo tutta la quantità di proteine che mi serve. Tra cereali e legumi non mi serve il secondo di carne. Con le noci si assumono anche i grassi buoni», prosegue Liotta.

La copertina dell’ultimo libro di Eliana Liotta

Tutto questo passa attraverso lo studio dell’alimentazione in quanto scienza. Una scienza che per essere alla portata di tutti deve adottare il criterio della semplificazione, di molto lontano dalla banalizzazione. Motivo per cui, spesso, «il giornalismo scientifico viene confuso con l’intrattenimento scientifico. Sarebbe il caso di adottare le regole generali del giornalismo. Quindi andare a verificare sempre le fonti, che non sono sempre una persona con un camice bianco, ma gli studi validati e pubblicati da riviste scientifiche. Altrimenti sono opinioni, che spesso hanno potuto creare danni e confusioni».

Un valido strumento per farsi capire secondo la giornalista scientifica è la metafora: «La cosa essenziale è poter paragonare i concetti difficili della scienza alle cose più semplici. Per far capire l’infinitamente piccolo e grande devi per forza di cose usare le metafore, perché non sono cose che noi vediamo. Per aiutare l’immaginazione e dunque la comprensione le metafore e similitudini sono importanti».

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