Ne avevamo parlato soltanto pochi giorni fa, ma la situazione Covid-19 è in tale rapido peggioramento che diventa quasi impossibile non tornare a breve distanza di tempo di nuovo sull’argomento. Anche perché ormai gli ospedali della nostra regione sono quasi tutti pieni, con quello di Verona che per ammissione degli stessi operatori sanitari è già al collasso. E mentre i contagi e i decessi non accennano a diminuire, il 40% delle terapie non urgenti dedicate alle altre malattie è stato temporaneamente sospeso, con tutte le gravi conseguenze che ciò comporta.

Sono quasi 5.000 i morti in Veneto da Covid-19 da quando è iniziata la pandemia a febbraio, cifra ancora di molto inferiore a quella di altre regioni ben più colpite come le vicine Lombardia ed Emilia-Romagna, ma mentre in primavera Zaia era riuscito a diventare per tutti un modello virtuoso di contenimento della pandemia, in questa seconda ondata – a furia di non voler prendere quei provvedimenti drastici che sarebbero stati senz’altro necessari già da qualche settimana e che tanto erano stati efficaci nella prima occasione – rischia di diventare al contrario un modello di inefficienza. Che si paga a caro prezzo, ahinoi, con migliaia e migliaia di vittime.

E no, purtroppo non stiamo esagerando, ma è la durissima realtà dei fatti. Con le terapie intensive stracolme e le RSA dove la diffusione del virus è al record del 20%, il Veneto di fatto è l’unica regione che in questo momento registra una crescita netta del contagio. Forse è bene prendere coscienza che se non si agisce in fretta si andrà verso un Natale che ricorderemo per sempre non tanto per non essere stato festeggiato con i parenti, ma per il drammatico numero di vittime, che ci riporta indietro nel tempo addirittura agli anni della Seconda Guerra Mondiale.

Oggi Zaia, nella sua giornaliera conferenza stampa, ha parlato – visibilmente preoccupato – di «zona rossa nazionale» necessaria e che, se non verrà attuata, la chiederà per il Veneto. Peraltro queste nuove limitazioni, che sono più che un’ipotesi, da giorni sono sul tavolo del Governo e probabilmente scatteranno fra poco in tutto il territorio italiano. In questo modo Zaia, non sembra prendersi responsabilità di una scelta scomoda, impopolare, ma necessaria, dal momento che sarà proprio il Governo nelle prossime ore che gli leverà le castagne da fuoco.

Invece di scaricare l’eventuale responsabilità (che per molti suonerebbe comunque più che altro come una colpa) sul Governo parlando della necessità di adottare un lockdown generalizzato (per abbandonarsi allo stratagemma del “mal comune mezzo gaudio”), Zaia dovrebbe infatti pensare innanzitutto al suo popolo, quello veneto, su cui lui per primo (prima ancora del premier Conte, per intenderci) ha la responsabilità, a cominciare da quella sanitaria. Avrebbe, quindi, potuto prendere lui, avendo il polso della situazione meglio di chiunque altro, quei provvedimenti drastici che altri hanno adottato o comunque richiedere al Governo, come non si sono vergognati di fare alcuni presidenti di regione, di essere inseriti già da tempo nella fascia rossa, quella appunto con le maggiori restrizioni.

Una scelta che Zaia fino a questa mattina non ha voluto fare e una responsabilità, dunque, che fino all’ultimo non ha voluto prendersi, per evitare di essere associato alle gravissime conseguenze economiche che inesorabilmente quelle restrizioni avrebbero comportato. Una scelta, appunto, che però, come abbiamo già scritto, si paga con un numero di contagi e soprattutto decessi che da preoccupante sta diventando a dir poco tragico.

Ci chiediamo anche che ruolo abbia in questa partita il nostro sindaco Federico Sboarina, che si trova a dover gestire l’emergenza in una delle città ai primi posti per contagio a livello europeo, con gli ospedali ormai in estrema difficoltà. Non avrebbe già da settimane potuto chiedere la zona rossa per Verona?

Zaia, d’altronde, ha appena incassato la fiducia dei Veneti per altri cinque anni. A questo punto, parafrasando il celebre verso del Manzoni, non resta che lasciare “ai posteri l’ardua sentenza” sul suo operato.

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