Il nuovo contesto imposto dalla pandemia di Covid-19 ha sollecitato le imprese del Made in Italy dell’agroalimentare ad attrezzarsi diversamente e a ridisegnare il proprio rapporto con i clienti, nonché a definire nuove strategie e nuovi canali di promozione come di commercializzazione. La pandemia e il conseguente lockdown hanno rappresentato per questo settore un percorso acceleratore d’innovazione sia nell’uso del digitale come strumento per rimanere vicini ai consumatori attraverso la comunicazione multicanale sia nell’adozione dell’E-commerce. Ma la spinta innovativa è di fatto risultata presente solo dove c’era già un progetto strategico avviato, mentre nei casi in cui mancava questa visione le aziende dell’ agroalimentare hanno continuato ─ e continuano ─ a muoversi a piccoli passi, talvolta maldestri.

È quanto emerge dall’indagine curata da AgriFood Management&Innovation Lab, il laboratorio di ricerca del Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia, nato poco meno di un anno fa con l’obiettivo di supportare le imprese del comparto e accompagnarle nell’affrontare le complesse sfide del presente che richiedono di dotarsi quanto prima di strategia, progettualità e competenze: perché se è aumentata la consapevolezza del potenziale del web, questa spesso non è ancora declinata in azione.

La ricerca curata da Agrifood Management&Innovation Lab è focalizzata sul “Digital marketing&food” e prende in considerazione le aziende agroalimentari di piccole e medie dimensioni del Triveneto. Lo studio ha infatti analizzato la presenza digitale di tutte le aziende tra i 10 e i 250 dipendenti presenti nel database Bureau Van Dijk’s AIDA con dati di bilancio disponibili appartenenti ai settori Ateco 10.1-10.8 (lavorazione e conservazione di carne, pesce, formaggi, frutta e ortaggi, granaglie, prodotti da forno e altri alimenti).

Obiettivo della ricerca è stato quello di ottenere una panoramica della presenza digitale di questa tipologia di aziende, che per risorse e organizzazione adottano strategie di marketing differenti rispetto alle grandi imprese solitamente oggetto di studio e divulgazione in termini di best practice. Dopo una prima raccolta dei dati disponibili pubblicamente (svoltasi nel periodo luglio-dicembre 2019), le aziende sono state invitate a rispondere a un questionario, da febbraio ad oggi, per indagare nello specifico obiettivi e gestione della loro presenza online. Infine, un campione di loro è stato intervistato per garantire una migliore comprensione e un consolidamento di quanto emerso nei due step precedenti.

Dai risultati emerge come, di fatto, siano ancora poche le aziende che investono in modo strutturato nel digitale. Delle 520 aziende intervistate (di cui 385 localizzate in Veneto, 65 in Friuli Venezia Giulia, 70 in Trentino Alto Adige), 445 sono presenti in internet con un sito web. Quanto alla presenza sui social, Facebook risulta essere il più usato, seguito da Instagram. I profili Facebook associati alle aziende del campione sono 320, di cui 6 nati nel corso del 2020, ma quelli realmente attivi, ossia con contenuti pubblicati nel corso dei sei mesi considerati (luglio-dicembre 2019), sono solo 272. I profili Instagram sono 209 di cui 158 quelli attivi. Tra i comparti maggiormente presenti nel web troviamo quelli della lavorazione delle granaglie, produzione di amidi e di prodotti amidacei, rappresentati dai molini (Ateco 10.6), produzione di prodotti da forno e farinacei (10.7) e produzione di altri prodotti alimentari (10.8).

Nel dettaglio, per quanto riguarda il Veneto, emerge che il 78,4% delle 389 imprese parte della ricerca è online con un proprio sito. In generale sono più presenti nel web le aziende più grandi (la media è di 38,7 dipendenti tra le imprese che hanno un sito e di 27,7 dipendenti tra quelle che non ce l’hanno). Solo il 13% delle aziende, invece, usa l’E-commerce, con una distribuzione molto varia a seconda del settore: si va dallo 0% del settore della lavorazione e conservazione di pesce, crostacei e molluschi, al 30,8% del settore dei molini.

«Tra le sfide da superare» commenta Francesca Checchinato, responsabile della linea di ricerca sulla digitalizzazione di Agrifood Management&Innovation Lab «persiste l’assenza di un’ottica di marketing all’interno delle imprese, soprattutto quando il mercato in cui l’azienda opera è B2B: non viene percepita l’utilità di sviluppare un’immagine e un posizionamento che ne permetta la differenziazione rispetto ai concorrenti».

Una posizione in netto contrasto con quella dei consumatori italiani – secondo la ricerca “Lost in Transaction” di Paysafe, piattaforma leader nel settore dei pagamenti, pubblicata ad agosto 2020- di cui quasi la metà (46%) ha affermato che “farà più acquisti online” e dei quali il 44% ha dichiarato che “ridurrà l’utilizzo di contanti” in futuro anche a causa della crisi sanitaria.

Se il COVID-19 ha stimolato un cambiamento digitale nel modo in cui i consumatori acquistano e pagano, non si può dire lo stesso della consapevolezza dei vantaggi delle soluzioni digitali per le imprese agroalimentari. «In termini di percorso due sono i rischi: la visione del digitale come area a sé stante rispetto all’attività dell’impresa, da delegare completamente ad agenzie esterne, oppure una visione “fai-da-te” che induce le imprese ad occuparsene da sole anche in assenza di competenze e porta a risultati poco incoraggianti, nonché a un utilizzo quasi nullo dei dati» spiega Checchinato.

Un ritardo che contrasta con la crescita della domanda per l’acquisto online, specialmente per il comparto alimentare che nel suo complesso è stato uno dei protagonisti nella crescita e diffusione dell’E-commerce nei mesi della pandemia e nella fase successiva al lockdown come affermato durante Netcomm Forum Live, la prima fiera italiana dell’E-commerce progettata in digitale lo scorso 7 e 8 Ottobre 2020. In particolare, il rapporto di IRI per Netcomm evidenzia che, se nel 2019 le vendite online erano sbilanciate verso gli acquisti di prodotti per la cura della persona e il cibo per animali domestici, il 2020 ha visto un’esplosione nelle vendite digitali di prodotti confezionati di largo consumo, che settimanalmente hanno tenuto una crescita che non è mai scesa sotto il 50%, con il canale virtuale che ha raggiunto picchi del 288%.

La spesa alimentare online, dunque, è entrata a tutti gli effetti tra le abitudini di consumo degli italiani nei mesi primaverili. La penetrazione dell’alimentare nell’online è, infatti, pressoché raddoppiata durante il lockdown, quando il 17,2% dei consumatori ha acquistato almeno una volta attraverso il web. L’home delivery è stata la modalità di consegna preferita, seguita dal ritiro in negozio, che viene scelto dal 18% degli eShopper perché ritenuto più conveniente e veloce rispetto alla consegna a casa. Il 36% degli e-Shopper inoltre ha continuato a fare spesa online anche dopo il lockdown, privilegiando i siti web della GDO.

«Il consolidamento di abitudini di consumo sempre più ibride, tra canali fisici e digitali, e la tendenza a preferire modalità di acquisto e di pagamento contactless, mette di fronte le imprese italiane alla necessaria implementazione di tecnologie – evidenzia Roberto Liscia, Presidente di Netcomm -. Tra i principali ostacoli legati allo sviluppo dell’E-commerce da parte di retailer medio-piccoli si trovano problemi legati ai costi troppo elevati di gestione (32%), difficoltà nel gestire gli aspetti inerenti la logistica (28%) e mancanza di competenze in materia di E-commerce (28%)».

Elementi critici che non fermano l’accelerazione dell’online e le differenti modalità di acquisto che continuano a modificare la geografia del commercio, anche se negli ultimi mesi si osserva un riallineamento delle dinamiche dei canali distributivi alla situazione pre-Covid. Per le aziende del comparto agroalimentare, e non solo, è il momento di allinearsi e di offrire soluzioni di acquisto fluide fra online e in store – il cosiddetto phygital – come il click and collect, lo scaffale virtuale o i chioschi self-service in modo da colmare il digital divide e proseguire lungo la loro necessaria conversione tecnologica.

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