Quando hanno bombardato la loro città, Elena aveva detto: “andatevene via da lì, in Italia troveremo insieme una soluzione”. Così Olga, 41 anni, con figlia di 6 e madre di 70 non deambulante a causa di reumatismo, decidono di venire in Italia, raggiungendo la sorella residente a Valeggio da anni.

Approdo sicuro… in una cantina

Il viaggio non è stato facile e quando le tre donne hanno raggiunto Valeggio sul Mincio speravano che da quel momento in poi tutto sarebbe andato bene. A casa di Elena non c’era spazio, ma hanno trovato un alloggio provvisorio. Una signora gentile le ha prestato un garage sotterraneo, non abitabile. Pensavano tutte che si sarebbe trattato di una soluzione temporanea. La stessa signora che le ospitava era convinta che presto lo Stato avrebbe attivato l’accoglienza diffusa o avrebbe provveduto a fornire alloggi ai profughi; i nuovi arrivati, invece, speravano di poter trovare presto lavoro e una propria indipendenza alloggiativa. Con la mamma malata e la figlia piccola abitare sotto terra non era il massimo, ma almeno attorno a loro non cadevano le bombe.

Poi è passato un anno. Nulla è cambiato. O meglio: loro hanno fatto la propria parte dei compiti, imparando l’italiano, trovando un lavoro con contratto a tempo determinato e andando a scuola. Ma l’alloggio è rimasto quello del marzo 2022: precario e non idoneo.

Elena, che vive in Italia da anni, non si era arresa e ha cercato una via d’uscita. Dalla Questura è stata indirizzata al Comune e lì è iniziato il “rimbalzo” da un Comune ad altro, dove hanno collezionato una serie infinita di rifiuti. Allora hanno tentato con la Caritas, la Protezione Civile, con i servizi sociali. Risultati: nessuno.

Dal momento stesso in cui Olga ha trovato lavoro ha cominciato a girare le agenzie immobiliari di Verona e dintorni. Ma nessuno vuole parlare con loro. Tutti sono un muro impenetrabile.

Diffidenza vs. fiducia

Perché? Non lo dicono in faccia, ma per valutare gli inquilini non contano gli stipendi, le qualifiche, le abilità o lo status sociale nel Paese d’origine: se non sei di qui, non ci fidiamo e basta. Se sei straniero, non puoi essere altro che inaffidabile e distruttivo. Se hai figli, peggio ancora: avere un figlio e cercare casa sono due cose incompatibili.

Le leggi concepite in buona fede a difesa delle famiglie, per evitare che restino per strada, si sono rivelate un boomerang che fa passare la voglia di affittare ai nuclei familiari con i minori. Un bambino in famiglia dovrebbe essere un segno di stabilità, una garanzia che la famiglia ci resterà a lungo, ma i proprietari lo vedono come un intralcio. Non si ha pietà nemmeno per gli anziani o i disabili: se serve una rampa d’accesso o di un ascensore, la ricerca diventa ancora più ardua.

Ma anche chi non ha nessuno di questi “aggravanti” non trova casa. Musicisti, professori, ingegneri ucraini, single o coppie senza figli, con tanto di buon stipendio in Italia o con dei risparmi in patria, si scontrano con lo stesso muro che aspetta qualunque altro immigrato: la totale assenza di disponibilità di affitti.

La bandiera dell’Ucraina stamane ha sventolato in Piazza Bra in segno di dissenso alla guerra di aggressione subita dalla Russia. Foto di Osvaldo Arpaia.

Questa situazione ci ricorda la scritta scherzosa che si trovava in alcune osterie e botteghe del quartiere: “per colpa di qualcuno non si fa credito a nessuno”. Ogni volta che si parla in confidenza con i proprietari, esce fuori l’annosa storia di inquilini che non pagano e non possono essere sfrattati e/o di selvaggi che distruggono case perché non sono abituati a vivere in alloggi moderni ed averne cura.

Ci si potrebbe anche credere, se non fosse successa più volte anche la situazione contraria: un inquilino italianissimo che affitta l’appartamento di proprietà di persone ucraine e smette di pagare dopo un paio di mesi, con le conseguenti e successive battaglie legali lunghe e onerose. Queste storie provano che l’origine dell’inquilino è irrilevante: se un individuo vuole approfittare di una situazione lo farà comunque, a prescindere dalla sua carta d’identità.

Come spezzare il cerchio vizioso?

In questo circolo vizioso soffrono tutti, proprietari e potenziali inquilini. Per aggravare il quadro, ci si sovrappone il restringimento del numero degli appartamenti affittabili, dovuto al proliferare dei B&B e di altri tipi di affitto turistico, breve e redditizio.

Questa situazione di stallo totale colpisce anche gli italiani che cercano di stabilirsi a Verona. Con una differenza sostanziale: gli italiani hanno scelta. Se non trovano subito, possono tornare alla casa paterna, aspettare, cambiare destinazione, cercare tramite gli amici, portare referenze ecc. La famiglia di Olga la casa dove tornare non ce l’ha più, come non ce l’hanno migliaia di persone di tutto il mondo, che, fuggendo dalle guerre o dalla povertà, suppongono, arrivando in Italia, che il loro impegno e ingegno saranno richiesti laddove i lavoratori scarseggiano e l’età media della popolazione aumenta.

È difficile trovare una via d’uscita a questa situazione. Le case popolari e gli alloggi della Caritas sono pochi e le liste d’attesa sono lunghe. Le poche strutture di accoglienza nuove trovano regolarmente ostilità da parte degli abitanti del luogo. Si mettono subito sulla difensiva, impauriti dalla mera prospettiva di avere un nuovo vicino.

A Verona, si diceva anni fa che “nessuno è straniero”, ma questo ottimo principio è applicato solo finché si tratta di passarci insieme qualche ora. Se dagli slogan si passa alla realtà, ci si schianta contro.

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