La Paglia, dal Comune di Verona alle Regionali
Elisa La Paglia, candidata PD a sostegno di Arturo Lorenzoni per "Il Veneto che vogliamo", fra idee e proposte a pochi giorni dalle Regionali.
Elisa La Paglia, candidata PD a sostegno di Arturo Lorenzoni per "Il Veneto che vogliamo", fra idee e proposte a pochi giorni dalle Regionali.
L’avevamo intervistata a fine febbraio, quando la pandemia da Covid-19 doveva ancora rivoluzionare il nostro mondo e soprattutto il nostro modo di vivere. Elisa La Paglia, battagliera Consigliera comunale di minoranza a Palazzo Barbieri, ci aveva raccontato in quell’occasione la sua “visione” della politica e le sue idee su Verona e dintorni. Oggi, che è candidata alla Regionali nella fila del Partito Democratico a sostegno della candidatura di Arturo Lorenzoni e il suo “Il Veneto che vogliamo”, torniamo a parlare con lei su quella che agli occhi di molti appare una “mission impossibile” di hollywoodiana memoria: scalzare Luca Zaia e la maggioranza di centro-destra dal suo “regno” veneziano e imporre alla Regione una nuova e diversa concezione di ambiente, territorio, sanità, scuola, spesa pubblica, infrastrutture e molto altro.
La Paglia, la sfida di Lorenzoni sembra di quelle improbe, visti i sondaggi che danno la vittoria a Zaia con percentuali elevatissime. Con che spirito state portando avanti la vostra campagna elettorale e sperate sia possibile una rimonta in extremis?
«E’ una sfida impegnativa lo sappiamo, dopo quattro mesi di annunci a reti unificate del Governatore uscente ricandidato al terzo mandato. La campagna elettorale è sempre stata condotta con lo sguardo rivolto al futuro del Veneto. Abbiamo progetti per un Veneto più equo, più sostenibile, più attrattivo per giovani e le imprese e che smetta di tagliare fondi e personale ai servizi sociosanitari pubblici del territorio.»
Il successo di Zaia in Veneto a cosa è dovuto secondo voi? Dal punto di vista della comunicazione ha approfittato senza dubbio dell’emergenza Covid-19 per rafforzare la sua immagine di uomo forte al comando, ma le elezioni regionali apparivano segnate anche prima della pandemia. Eppure non tutto in Veneto, funziona come dovrebbe.
«Anche Galan aveva raggiunto al terzo mandato un potere e un controllo quasi assoluto, e abbiamo visto come è andata. Il massimo di due mandati è già applicato nelle altre regioni, lo ha voluto anche Zaia nella nuova legge elettorale del Veneto per poi non applicarlo a se stesso. Zaia è così: è l’uomo del buon senso a parole ma nei fatti non è un valore aggiunto per il Veneto: è rimasto il presidente della provincia di Treviso e di solo quella provincia fa gli interessi, dalla sanità alle infrastrutture, dal turismo all’agricoltura. Un Governatore che evita il confronto e scappa davanti alle sue responsabilità come Pfas, Citrobacter, consumo di suolo, dissesto idrogeologico, trasporti.»
Da parte dell’opposizione, in generale, e del PD in particolare cosa non ha funzionato negli vent’anni? Perché non si è mai riusciti a “scalzare” – secondo lei – il dominio del centro-destra in una regione che fino a Tangentopoli è sempre stato un feudo della Democrazia Cristiana? Cosa si può e si deve migliorare nel centro-sinistra?
«Non è il momento di parlare di cosa non ha funzionato in passato, con le 5 liste a sostegno di Arturo Lorenzoni stiamo presentando, in ogni angolo di questa regione, una proposta politica che risponde alle emergenze di oggi e che guardi al futuro.»
Quali sono le sue motivazioni personali e cosa porterà a Venezia, in caso di elezioni, con l’esperienza di molti anni nel Consiglio comunale di Verona?
«Nei due mandati in consiglio comunale a Verona, e prima ancora due mandati nel Cda di Amia, dall’opposizione ho sempre agito ponendo chi governa di fronte ai numeri, che non possono essere smentiti dalla retorica politica, e proponendo progetti concreti che migliorassero la qualità della vita delle persone, come ho fatto, ad esempio, con il progetto benessere nelle scuole, lo spettacolo dal vivo sui Bastioni e la Verona dei piccoli che ha coinvolto anche tutta la provincia. Con questa premessa penso che siano molte le cose su cui la regione è carente: ambiente, sanità del territorio, diritto allo studio, trasporti, reti d’impresa (tutte materie su cui ha già piena autonomia) e penso che si possa fare molto in caso di vittoria, anche battendosi diversamente anche dall’opposizione.»
Verona, nonostante i proclami, appare sempre ai margini del Veneto di Zaia e lo dimostra anche il suo documento programmatico in cui la cita solo in poche, sporadiche occasioni. Nonostante questo anche nella nostra città Zaia ha percentuali elevatissime. Come se lo spiega? Qualcuno risponde che mancano le alternative valide. E’ così? C’è un difetto di comunicazione o si paga la storica divisione interna che c’è a sinistra e che a Verona non fa – spesso – eccezione? Si veda anche il caso della Salemi, che dopo essere stata candidata per il PD alla poltrona di sindaco qui a Verona, una volta passata fra le fila di Renzi non ha perso occasione per lanciare contro Lorenzoni commenti non certo amichevoli. Che ne pensa?
«Ad Orietta Salemi non rimprovero solo la sua ultima scelta di lasciare il Pd a pochi giorni dal voto e aver pure attaccato il professor Lorenzoni ma come ha svolto il suo mandato per 5 anni. A tutti coloro che hanno difeso i tagli di Zaia alla sanità pubblica del territorio vorrei chiedere come avremmo gestito il Covid senza Bussolengo, Legnago, San Bonifacio e Villafranca? O come avremmo gestito la chiusura totale della maternità di Verona? Concentrare la chirurgia di alta specializzazione è corretto, fare 50 km per una visita specialistica, una dialisi o un’operazione semplice è un disservizio. Essere riformisti è diverso da essere liberisti e il fallimento del sistema lombardo dovrebbe dimostrarlo.»
Quali sono gli interventi urgenti da fare nella nostra regione?
«Le prime azioni che intraprenderei in regione sarebbero sicuramente volte ad implementare il sostegno e supporto alla persona e alla sua famiglia: aumentando il fondo per la non autosufficienza si permettere a persone con disabilità e anziani non autosufficienti di vivere con maggior dignità,compensando e integrando le prestazioni di cura. Un’altra azione fondamentale riguarda i servizi all’infanzia: ad oggi infatti solo 1 bambino su 5 trova spazio in un asilo nido. In un anno in cui la disoccupazione deve fare i conti con l’emergenza Covid non è accettabile che la regione non dia alternative alla presa in carico delle famiglie dei figli a scapito soprattutto del lavoro femminile.»
Quali quelli meno urgenti ma da mettere in agenda per il prossimo quinquennio?
«Creare un grande corridoio verde: piantare in cinque anni 5 milioni di alberi, uno per ogni veneto. Un atto dovuto per dare un segnale contro il consumo di suolo sfrenato della nostra regione e migliorare la qualità dell’aria del nostro territorio. Il bacino padano è una delle aree più inquinate al mondo che fa registrare 80 mila decessi all’anno per cause ambientali. C’è un tema grande come una casa di iniquità in Veneto: paghiamo cari i servizi all’infanzia e il trasporto scolastico, moltissime famiglie pagano per intero le rette delle case di riposo e quasi tutti devono pagare le prime visite mediche e analisi a causa delle lunghe liste d’attesa.
E chi non può permetterselo rischia la salute o viene sostenuto dal prezioso volontariato, così sopravvive la nostra regione. In altre Regione questi servizi sono pagati dalla Regione direttamente perché usano meglio le proprie risorse e i Fondi Europei e alcune perché hanno anche l’1% di addizionale IRPEF sui redditi alti (dai 100.000 euro in su). Pagare in base a quanto si ha non è solo un obbligo costituzionale ma un principio etico che la retorica leghista e di Zaia hanno calpestato.»
Le elezioni regionali potrebbero incidere anche sul Governo centrale di Conte. Ritiene che in caso di debacle del centro-sinistra possa effettivamente accadere qualcosa anche a livello nazionale o la situazione emergenza-covid in qualche modo ha congelato ogni ipotesi alternativa, lasciando a Conte e ai suoi ministri la gestione della “patata bollente”?
«Il 2020 è stato un anno che ha messo noi tutti, il Governo e l’Europa di fronte a grandi responsabilità. La gestione dell’emergenza è ancora in corso ma l’Europa ha capito che doveva intervenire prontamente sulla crisi economica e sociale che si sarebbe prospetta, non era scontato, non è stato cosi in passato.
Il banco di prova di questo Governo sarà il piano di investimenti del Recovery Found, abbiamo la possibilità di costruire un futuro nuovo per l’Italia, per i giovani, per le nostre imprese, questa è la sfida.»