L’uccisione di Nicola Tommasoli, la notte del primo maggio 2008, ha segnato la storia di Verona, dei suoi cittadini e di come i media hanno raccontato nel tempo quella vicenda. Perché parlare di qualcosa di più di un tragico omicidio avvenuto nel centro di una delle città più turistiche italiane?

La targa a Porta Leoni

Partiamo dai fatti: Nicola Tommasoli, designer 29enne di Negrar, è stato ucciso senza una motivazione plausibile da un gruppo di suoi coetanei. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, la notte del primo maggio Nicola, insieme ad altri amici, stava tornando verso l’auto dopo essere uscito da un locale del centro. All’altezza di Porta Leoni il gruppo di giovani si è imbattuto in quello che successivamente verrà definito “il branco”, è scattata la lite per futili motivi e Nicola dopo essere stato colpito più volte è finito a terra privo di sensi, dove i ripetuti calci alla testa gli sono stati fatali.

Il giorno dopo già il primo fermo e la confessione di uno degli aggressori, mentre gli altri quattro riuscivano a fuggire, due dei quali all’estero. Martedì 6, dopo aver lottato strenuamente contro la morte, Nicola si è spento tra il dolore dei familiari e degli amici. Nel frattempo le indagini proseguivano e anche i due latitanti all’estero si costituivano. Il 5 maggio il quotidiano cittadino “L’Arena”, dando la notizia del primo arresto di Raffaele Dalle Donne, lo definisce «un liceale naziskin di 19 anni» e il 6 maggio in prima pagina il titolo sarà così confezionato così: «Nicola è morto. Città in lutto. In carcere altri due naziskin».

I colpevoli dell’omicidio Tommasoli

Raffaele Dalle Donne è stato condannato in appello nel febbraio 2015; la sua pena è stata confermata l’anno seguente con la decisione della Corte di Cassazione. In quel grado di giudizio è stata annullata la condanna ad altri due imputati, Guglielmo Corsi e Andrea Vesentini, i quali sono stati nuovamente giudicati e condannati dalla Corte d’Appello di Venezia. Per gli altri due, Federico Perini e Nicolò Veneri, la pena è stata di undici anni e un mese di carcere. Il primo l’ha già scontata grazie alla buona condotta che gli ha permesso di accumulare nel tempo degli sconti di pena, saldando il debito con la giustizia. Il secondo, invece, il 15 settembre 2017 è rientrato in cella nel carcere veronese di Montorio. Sarebbe stato sorpreso, durante il periodo di affidamento in prova ai servizi sociali, in possesso di una quantità di marijuana.

Nicola Tommasoli

Un buon punto di partenza è stato rileggere la ricerca fatta da una studentessa di Scienze della Comunicazione dell’Università di Verona, Alice Russo, che dopo l’accaduto ha cercato  di comprendere come il delitto Tommasoli sia stato affrontato dalla stampa a livello nazionale e locale, con lo studio degli articoli scritti a partire dal 3 maggio 2008 e nei sette giorni successivi. Tra i titoli, quelli che hanno affermato il significato politico sono la maggioranza su tutte le testate (“L’Arena” 53%, “Il Corriere di Verona” 44%, “La Stampa” 75%, “La Repubblica” 67% e “Il Corriere della Sera” 45%). Non si è data voce alla comunità, ma la fonte principale per i giornali è stata infatti la redazione (24% “L’Arena”, 50% “Il Corriere della Sera”) e gli investigatori (50% “Il Corriere di Verona”, 29% “La Stampa” e 64% “La Repubblica”). Non vi è stata una vera e propria chiamata di responsabilità del tessuto sociale e culturale entro cui il fatto è avvenuto, ma questo è rimasto confinato in un ambito professionale ristretto. Nelle testate locali la responsabilità è stata attribuita soprattutto ai neonazisti (“L’Arena” 27%,” Il Corriere di Verona” 33%), e così anche su “Il Corriere della Sera” (40%) e “La Stampa” (55%).

“La Repubblica”, invece, ha diviso le colpe tra diverse cause, mostrando difficoltà nell’individuare la reale fonte di pericolo, come se la causa del delitto fosse solo la “violenta espressione della parte di animalità degli uomini”, e non fosse invece da contestualizzare o da approfondire. Forze che non si comprendono, che non hanno radici nella società sono le cause più citate; l’intolleranza verso la diversità culturale propria della società italiana (“Il Corriere della Sera” 20%, “L’Arena” 14%) e l’intolleranza verso la diversità culturale propria del Veneto (“La Repubblica” 10%, “Il Corriere della Sera” 20%, “Il Corriere di Verona” 7%) sono infatti motivazioni segnalate dai giornali, oltre al riferimento alla violenza, in generale (“La Stampa” 11%), e a quella giovanile, in particolare (“L’Arena” 10%).

La Stampa

Insomma un racconto mediatico di un fatto tragico in una Verona sempre affollata di turisti, ristoranti e locali, ordinata, pulita, ricca e solare. Quando è uscita la notizia relativa al delitto Tommasoli si stentava a crederci; picchiato a sangue perché “diverso”, ma non diverso fisicamente, non diverso per il colore della pelle… diverso semplicemente da “un modo di fare e di essere”.

Nicola potrebbe essere chiunque. Nicola è stato massacrato di botte nella Verona ricca e sicura per aver rifiutato di offrire una sigaretta. Chi lo ha ucciso avvertiva un disagio sociale, non ai margini ma dentro la “Verona bene”, di “figli di buona famiglia”.

Maurizio Corte

«Di fronte a eventi come l’omicidio di Nicola Tommasoli, i media spesso si mostrano impreparati – ci spiega Maurizio Corte, giornalista e docente di Giornalismo interculturale all’Università degli Studi di Verona, che ha seguito alcune tesi sull’argomento, tra cui quella di Alice Russo –. La tentazione di noi giornalisti è sempre quella di seguire ciò che ci dicono le fonti di polizia. Oppure di dare letture stereotipate prese dalla tradizione e da altri casi simili.»

Per reagire nelle ore successive all’omicidio si è mobilitata una città intera: una miriade di fiori e bigliettini coprirono Porta Leoni, bigliettini subito dopo raccolti nel libro fotografico dedicato alla memoria di Nicola, a cura dell’associazione Madri insieme per una Verona civile. Il 17 maggio 2008 più di diecimila persone hanno attraversato Verona per ricordare Nicola, per denunciare un assassinio figlio del razzismo contro il “diverso”. Si rimane sgomenti di fronte alla profonda banalità della morte di Nicola, alla sua gratuità: tutti s’interrogano sui meccanismi perversi che hanno portato cinque ragazzi qualsiasi a inventarsi un’appartenenza ideologica in nome della quale uccidere.

«Non è certo possibile pensare che i giornalisti debbano fare anche gli psicologi sociali o i sociologi – continua Corte –. Vi è comunque la possibilità, in verità molto poco utilizzata dai media, di ricorrere agli esperti, agli studiosi. Insomma, a coloro che fanno della ricerca sociale il loro mestiere. Rileviamo, invece, che spesso noi giornalisti ignoriamo gli esperti. Li riduciamo ai minimi termini con interviste che lasciano il tempo che trovano. Eppure vi è un giacimento di studi, di lavori di indagine e di ricerca che può aiutare i media ad elevare la qualità dell’informazione. E che possono dare ai lettori le chiavi interpretative per leggere eventi complessi o, all’apparenza, inspiegabili.»

In quei giorni il sindaco di allora Flavio Tosi descrisse i colpevoli come “imbecilli” reclamando per questi atti che rovinano la reputazione di Verona pene immediate ed esemplari e un’opera capillare di rieducazione alla tolleranza e all’accoglienza. Sembra fondamentale una presa di posizione simile ancora oggi. Ma perché allora non condannare con pene immediate ed esemplari anche tutti coloro che continuano a portare avanti anche nelle istituzioni comportamenti denigratori e discriminatori nei confronti di ogni espressione di diversità?  

Nicola sarà ricordato come ogni anno martedì 30 aprile dalle 19.30 a Porta Leoni, quest’anno con Teatro Popolare attraverso letture e brani che ripercorreranno la vicenda.