Sono tornati. Forse è una percezione burbera tipicamente nostrana, ma sembra che ogni anno tornino un po’ prima, che occupino uno spazio maggiore; e che restino più a lungo.
Siamo veronesi, matti per copione ma anche pragmatici e insofferenti quanto basta. Ovvio quindi che l’arrivo della “stagione dei mercatini” ci lasci con sentimenti contrastanti.
Tutto operativo e funzionale in piazza dei Signori ma il contagio ha iniziato a diffondersi alle piazze limitrofe e per Santa Lucia arriverà in piazza Bra, con propaggini nelle principali vie dello struscio cittadino. Sono coinvolti Ponte Pietra e il Lungadige San Giorgio da un lato, e via Roma e Castelvecchio dall’altro. In ogni luogo, i soliti banchi di ogni anno: succulenti prodotti tipici da ogni dove, articoli di abbigliamento invernali e natalizi, oggettistica, decorazioni e altre meraviglie kitsch. Dante starà pensando di trovarsi nella cucina della nonna di tutti noi, con gli effluvi di verza a solleticargli le narici e il calore del ‘vin brulè’ a scaldargli i piedi.
Nel tempo, alle bancarelle di Norimberga, con canederli, stinco e mele candite, si sono aggiunti ambulanti da diverse regioni d’Italia che propongono mille specialità. A San Zeno, poi, sembra che la Lessinia sia scesa a valle: oltre ai banchi di formaggi e prodotti delle nostre montagne, funziona già bene la pista di pattinaggio e tutti, anche i veronesi, si sentono un pochino in Rockefeller Plaza a New York.
I curiosi hanno preso d’assalto i luoghi contaminati dai colori, sapori e profumi di Natale fin da subito, con presenze notevoli e anche superiori alle aspettative (56.000 persone nel primo weekend, solo in piazza dei Signori); ci sono insomma tutte le premesse per superare ogni record dello scorso anno: potrebbero addirittura arrivare, come pubblicizzato dagli amministratori, circa 5 milioni di visitatori.
Tutto bello, anzi bellissimo. Una meravigliosa opportunità per mostrare Verona a tante persone nuove, per arricchire la grande luce propria della nostra città con le mille lucine colorate, le frasche d’albero agghindate e le passatoie rosse. A volte ci dimentichiamo di vivere in un gioiello, un brillante dalle tante facce: i monumenti storici, il sistema museale rinnovato, un fiume e una collina che trasformano le rette vie romane e il dedalo di stradine in una cartolina agli occhi del mondo. E un gioiello, si sa, è fatto per essere mostrato, per brillare. Verona, io, la chiamo la Piccola Bellezza, parafrasando un noto film; perché è bellissima e perché, sembra sciocco ribadirlo, è… piccola.
Con una popolazione residente di circa 260.000 persone, ci si vive bene, in spazi a misura d’uomo. In questo periodo dell’anno, già carico di frenesia e impegni, nei weekend fino a Natale, le presenze aumenteranno di circa 300.000, raddoppiando di fatto la densità abitativa. C’è un sito ben fatto (www.nataleinpiazza.it) che offre ottime indicazioni su come raggiungere la città e dove lasciare l’auto; ma noi, noi che qui viviamo, noi che già abbiamo visto negli anni il progressivo esacerbarsi della situazione, noi sappiamo.
Sappiamo che gli autobus saranno sempre gli stessi, migliorati di sicuro nei mezzi ma non certo nella frequenza delle corse; sappiamo che i parcheggi sono pochi o addirittura chiusi per problemi burocratici; sappiamo che usciremo di casa per farci un aperitivo in piazza Erbe e torneremo a casa dopo ore di insensato vagare senza esser riusciti nemmeno a superare i Portoni Borsari; sappiamo che dovremo cambiare le nostre abitudini giornaliere, che il nostro solito bar diventerà impossibile, ne cercheremo uno in sostituzione e ci resterà la bocca amara, indipendentemente dalla bontà del caffè.
Nei giorni di massima affluenza, per garantire la sicurezza di tutti, viene istituito il senso unico pedonale da piazza Bra a via Mazzini e via Cappello; nonché un sistema di conteggio al varco della Costa per evitare assembramenti pericolosi. In sostanza, un lungo torpedone umano si snoderà su queste vie, ogni singolo turista con lo sguardo fisso avanti a sé come un novello protagonista di Metropolis (che poi al 2026 profetizzato nel film manca pochissimo, eh!), tutti andando pianissimo ma sempre avanti, con qualche sporadica sosta ai bellissimi negozi sul percorso. Nell’ansia di arrivare, andrà persa la bellezza dei palazzi; non potendo vedere i propri piedi, si rischierà di inciampare nella marmorea e sconnessa pavimentazione; andando a senso unico obbligato, si finirà per non capire più il Senso.

A noi veronesi resteranno le strade minori, quelle sconosciute al turista per caso; vivremo come in stato di assedio permanente, saremo la tenace resistenza contro il nemico. Sia chiaro, qui di invasori ne sono passati tanti e non ci fa paura nessuno. Resta però il dubbio se sia questa la strategia per il futuro della città, se diventerà una piccola Venezia, splendidamente arroccata nella sua bellezza, da mostrare orgogliosi ma non più da vivere e condividere ai livelli più semplici. Una città che passa da un evento (portento!) all’altro, da un’emergenza traffico alla successiva, in uno stato di inquietudine e di frenesia paralizzante, forse ottiene l’attenzione dei turisti e dei media ma la contropartita che va dispersa è altrettanto importante.
Verona merita di essere viva, di pulsare con l’emozione dei suoi abitanti; è una gioiello prezioso che non può stare in una teca ma va fatta indossare ai bambini, ai vecchi, perfino ai cani. La devono vedere tutti ma con la vita dentro, non solo impacchettata in format commerciali e speculativi.
Nel senso unico di via Mazzini si scolora il buon-senso civico, abbagliato dalle mille luci di Natale. Molti definiscono la nostra città indimenticabile e non è sicuramente per la bellissima stella che cade dall’Arena ma per la vecchia osteria in cui si sono imbattuti sbagliando strada, o forse chissà, proprio cercando di evitare i pecoroni in fila.