Sta per concludere il suo mandato da Presidente della Prima Circoscrizione, quella che riunisce i quartieri del Centro Storico, Veronetta e San Zeno. Giuliano Occhipinti oggi si candida con Verona Domani, a sostegno del Sindaco Federico Sboarina, alle elezioni amministrative di Verona del 12 giugno per la carica di Consigliere Comunale. Dopo aver presieduto per cinque anni una circoscrizione “atipica” rispetto a tutte le altre, con problemi e soluzioni diversi per ciascuna delle tre distinte aree, Occhipinti prova ora il salto a Palazzo Barbieri.

Presidente Occhipinti, siamo alla fine del suo mandato in Circoscrizione 1, per lei la prima vera esperienza politica. Qual è il suo bilancio personale?

«Pur tenendo conto della difficoltà oggettiva degli ultimi due anni e mezzo dovuta alla pandemia, direi che si tratta di un bilancio assolutamente positivo. Contando che sono entrato in politica un po’ per caso, perché sostanzialmente nel 2017 mi era stato chiesto di dare una mano portando voti, mi ritrovo oggi con alle spalle cinque anni di vera e propria crescita personale. A livello di voti sono arrivato primo in entrambe le circoscrizioni in cui mi sono candidato e ciò significa che sono riuscito a convincere tante persone a scrivere il mio nome sulla scheda. La presidenza, invece, è arrivata grazie ad alcuni “incastri politici” e qui c’è stato forse più fortuna, anche se ho avuto anche qui il piccolo merito di riuscire a mettere d’accordo un po’ tutti. Mi sono candidato inizialmente con Forza Italia, ma poi sono passato a Verona Domani, dove ho ritrovato un gruppo di amici e di cui mi piaceva la formazione e lo stile. Per me quello è stato un passaggio fondamentale.»

Cosa significa essere Presidente della Prima circoscrizione?

«Forse da un lato avere un po’ meno autonomia rispetto ad altri presidenti, perché siamo talmente vicino al Comune che si è inevitabilmente un po’ si è schiacciati, visto che molti aspetti del mio territorio sono comunque di pertinenza di Palazzo Barbieri. Dal punto di vista della visibilità e dal conoscere molto da vicino il meccanismo amministrativo e politico è stata davvero un’esperienza importante. Un modo per parlare e conoscere meglio Verona, dai tanti suoi punti di vista.»

Qual è stato il suo approccio a questa esperienza?

Giuliano Occhipinti

«Ho sempre detto fin dal primo consiglio che la politica ci aveva portato fin lì ma da quel momento la stessa politica doveva rimanere fuori dalla porta. In fondo siamo degli amministratori. In circoscrizione più che altrove, perché per i problemi che si devono affrontare quotidianamente ci si può permettere di parlare davvero poco di politica. La buca, il plateatico, il patrocinio dell’evento, le piccole cose di cui ci occupiamo in circoscrizione per me non possono e non devono avere un colore. È ovvio che quando voti il bilancio la politica entra nel meccanismo, perché se voti a favore o contro il bilancio in realtà voti a favore o contro quella amministrazione. Per tutto il resto, però, non deve avere a che fare con qualsiasi concetto di parte. E devo dire che ho avuto dei consiglieri che mi hanno capito. Da parte mia, per dire, non ho mai avuto alcuna preclusione per collaborare con maggioranza o opposizione e per questo avevo offerto la presidenza della commissione Cultura, fra l’altro la più importante per portafoglio visto che storicamente gestisce il 90% dei fondi di una Circoscrizione, a Cristina Stefanoni, che stimo tantissimo e che fa parte del partito di colui che forse a livello politico è più lontano da me in assoluto, Michele Bertucco. Ma lei era in assoluto, per me, la persona più adatta a quel ruolo, per competenze e sensibilità. Lei, pur lusingata, ha preferito declinare il mio invito, ma questo era solo un esempio per spiegare meglio che tipo di approccio è stato il mio. E devo dire che in realtà questa cosa non è stata sempre gradita dai miei consiglieri, che hanno anche tentato di “ribaltarmi”. Cosa che poi non è riuscita proprio perché dall’altra parte c’erano dei consiglieri di minoranza che avevano capito che con un altro presidente forse non avrebbero avuto la stessa possibilità di confrontarsi a quel livello e mi hanno aiutato a rimanere in sella.»

Secondo lei ci sarebbe stata la possibilità di fare di più?

«Negli ultimi due anni per molto tempo la nostra attività è stata dormiente, a causa del Covid-19. Non ci siamo più trovati in presenza per moltissimo tempo e devo dire che a me personalmente è mancato tantissimo propri il ritrovarsi e discutere. Io vengo dal mondo delle pubbliche relazioni, degli eventi e questo freno forzato dalla pandemia mi ha fatto soffrire. Certo, abbiamo continuato l’attività in remoto, ma non è stata la stessa cosa e probabilmente anche l’attività generale della Circoscrizione ne ha risentito. »

Tre quartieri con tre tipologie di problematiche diverse. Partiamo da Veronetta: da sempre additato come quartiere difficile, in realtà molto è cambiato negli ultimi anni. Che ne pensa?

«Facciamo un passo indietro. La situazione di disagio nasce dall’opportunità, cavalcata alla grande dai veronesi negli anni Ottanta e Novanta, di affittare appartamenti a studenti e immigrati senza curarsi del fatto che nel loro locale potessero alla fine viverci una o venti persone. Insomma in modo non certo troppo legale dal punto di vista degli accordi e dei contratti. Questa situazione ha portato nel tempo non certo a un miglioramento del contesto ma piuttosto a un mantenimento di una situazione di degrado che è andata anche deteriorandosi. In generale, d’altronde, è più comodo affittare e lasciar decadere che scegliere altre strade come la cura e la manutenzione. Oggi le cose sono decisamente cambiate: un po’ grazie all’Università, che ha investito tantissimo con il nuovo progetto della Passalacqua, e un po’ grazie alle seconde generazioni che si stanno perfettamente integrando nel tessuto sociale e alle nuove attività (penso ai tanti locali che stanno nascendo nella zona), Veronetta sta avendo una sorta di nuovo rinascimento. Il quartiere, d’altronde, è oggettivamente bello e noi abbiamo realizzato alcune attività culturali che hanno permesso di riscoprirlo, come ad esempio “Giardini aperti”, che ha avuto un bel successo di pubblico. Quella iniziativa ci ha permesso di scoprire, appunto, i giardini interni delle case di campagna della nobiltà veronese che proprio nella zona di Veronetta, all’epoca fuori dalla città, costruiva per le proprie vacanze.»

Uno scorcio di Veronetta: il punto di incontro di via XX Settembre e via S. Nazaro

E qual è la situazione dal punto di vista della sicurezza, visto che sulla stampa locale ogni tanto escono articoli che additano Veronetta come ancora pericolosa?

«Secondo me ultimamente ha molti meno problemi di altre zone della città. Ci sono anche qui coloro che delinquono, come dappertutto, sia chiaro. Ma coloro che una volta erano gli habitué di Veronetta, che cioè delinquevano o spacciavano e non erano integrati nel tessuto sociale, oggi sono stati sostituiti da una popolazione perfettamente integrata. A tutto questo si aggiunge il fatto che molti veronesi hanno riscoperto Veronetta e sono tornati a viverci, proprio per la sua bellezza. Tutto questo si sta traducendo in una situazione di generale sicurezza, che non desta allarme.»

A proposito di abitanti veronesi: parlare del centro storico significa inevitabilmente parlare di “gentrificazione”: tantissimi appartamenti negli anni sono stati trasformati in b&b, il Piano Folin farà arrivare un grande hotel in via Garibaldi. In generale non rischia di avere un centro storico bellissimo ma deserto, privo di abitanti. Cosa si può fare?

Occhipinti immortalato in piazza Bra

«Cambiare la testa della gente, ma è la cosa più complicata. Non c’è dubbio che sia più conveniente mettere a rendita turistica un appartamento che affittarlo a una famiglia. Verona è la terza o quarta città più turistica d’Italia, prima in Veneto. Oggi sono più di 4mila i b&b del centro storico, che significa circa 8-10mila turisti che arrivano. In questo senso non mi preoccuperei più di tanto dell’hotel del Piano Folin che ha 140 camere. Il rapporto è schiacciante. L’amministrazione lavora purtroppo con le armi spuntate, perché spesso sono leggi regionali o nazionali a regolare questi ambiti e permettere determinati insediamenti. L’unica cosa che ha potuto fare questa amministrazione è stato mettere un rapporto giorno/notte del 50% nei b&b. Con questa regola ci dev’essere, appunto, un rapporto paritario fra le stanze da letto e quelle della zona giorno negli appartamenti affittati a uso turistico, in modo da limitare almeno il numero di stanze da letto e quindi gli arrivi. Un’altra cosa che si può fare è rendere obbligatorio, nel momento in cui vuoi fare una attività lecita di affitto turistico, il cambiare la destinazione d’uso. A quel punto si avrebbe a tutti gli effetti un’attività ricettiva, riconosciuta legalmente, che rientra in una concorrenza leale con chi già fa questo di mestiere, come gli alberghi e le altre strutture ricettive. Le quali hanno una serie di obblighi, controlli, discipline. Ecco, quello che avviene oggi è concorrenza sleale.»

Che intende?

«Che per come stanno ora le cose ci facciamo un duplice danno: perdendo da una parte il polso del nostro centro storico, che diventa sempre più disabitato dai veronesi, e danneggiando dall’altra una categoria che ci ha sempre sostenuto. Oggi non abbiamo più nessun controllo e ci lamentiamo dell’offerta che si abbassa. È un cane che si morde la coda. Se posso andare in hotel posso anche andare anche in un buon ristorante, spendere soldi per un concerto in Arena, andare a visitare un museo, etc. Tendenzialmente gli utenti dei b&b sono turisti che spendono meno, che si arrangiano con la spesa e la cena, che investono meno nella nostra città. Alcuni b&b, poi, non risultano nemmeno a livello ufficiale o sono talmente tanti che diventano difficili da controllare, con tutta una serie di evasioni fra fisco e tassa di soggiorno. Alla fine non portano alcun valore per la città. Servono una serie di misure che devono arrivare dall’alto.»

A margine di questo discorso, visto che interessa il collegamento sopra l’Adige fra Veronetta e centro storico, che ci dice dei lavori di ponte Nuovo?

«Sono necessari tanto che già da mesi era stato inibito il transito dei veicoli sopra un certo peso. In questo caso, sbagliando la comunicazione, la gente ha pensato di mettere la sicurezza di tutti al livello dei mercatini di Natale, che sono sì importanti ma è evidente che non è possono essere paragonati all’incolumità delle persone.»

Veniamo infine a San Zeno rappresenta rispetto al resto della città appare come un piccolo villaggio a parte. Quali sono i problemi che si sono dovuti affrontare riguardo a questo quartiere.

Una delle visite guidate nel quartiere di San Zeno

«Ultimamente abbiamo dovuto discutere molto sullo spostamento della questura a san Bernardino. Purtroppo anche in questo caso è mancata la giusta comunicazione con la cittadinanza, come peraltro a mio avviso avvenuto anche in altre occasioni. Questa amministrazione ha fatto secondo me tante cose buone, ma spesso non ha saputo comunicarle bene. Questa della questura, ad esempio, è una partita nella quale Comune e Circoscrizione sono stati coinvolti soltanto “di striscio”. Si tratta di proprietà demaniale e il trasferimento nasce da un accordo fra la questura e il ministero. Il Comune a anche ha provato a proporre un paio di alternative, ma non sono state valutate idonee dai diretti interessati, che hanno preferito rimanere vicino al centro storico. Noi di fatto subiamo una decisione altrui, però devo dire che per il quartiere a mio avviso ci saranno solo vantaggi, a partire dalla sicurezza che ci può guadagnare. Certo, la zona è destinata a cambiare un po’. Peraltro già da qualche tempo si sta ripopolando, perché in fondo si tratta di un quartiere vivo, vitale.»

Per finire: si candida alle amministrative in Comune. Perché?

«La Circoscrizione è stata per me una scuola. È stata svuotata di molti poteri e competenze, ma rimane una scuola politica necessaria, che consiglio a tutti, per imparare il mestiere. Per avvicinarti alla politica e capire come si amministra. Avendola però già vissuta da presidente, e quindi a livello massimo, trovo più naturale provare a passare in Comune, portandovi le esperienze fatte in Circoscrizione e le istanze dei “miei” territori.»

Ci può anticipare qualcosa?

«Mi piacerebbe ad esempio riuscire a intervenire nel Rione Santo Stefano, uno dei più belli di Verona, con l’intento di creare un’are pedonale e restituire almeno una piazza al quartiere. Così come un completo ridisegnamento dell’area attorno all’Università di via dell’Artigliere, rivalutando anche in questo caso il ruolo del pedone. Insomma, l’idea sarebbe quella di riproporre il modello del centro storico in zone che ora vengono vissute male a causa del traffico.»

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