Se fosse Fico…
Gli scenari politici portano a pensare che quello affidato a Fico è ben più di un mandato esplorativo. Cerchiamo di capire il perché.
Gli scenari politici portano a pensare che quello affidato a Fico è ben più di un mandato esplorativo. Cerchiamo di capire il perché.
Questo è un pezzo breve, perché breve, anzi brevissimo può essere il tempo di attendibilità di qualsiasi scenario del nuovo Governo. Il più recente, filtrato dagli spifferi del weekend, parla di un possibile schema frutto di un vero lavoro di cesello politico che avrebbe portato al “mandato esplorativo” al Presidente della Camera Roberto Fico. Che in realtà sarebbe ben più di un semplice incarico ad esplorare, ma proprio una sorta di pre-nomina a Presidente del Consiglio.
A suffragare questa ipotesi ci sono due indizi di stampa e alcuni ragionamenti. Il primo elemento giornalistico è una dichiarazione attribuita dai quotidiani al centrodestra unito, al momento dell’ufficializzazione del mandato: “Se si tratta di un compito esplorativo al di sopra delle parti, perché affidarlo alla terza carica dello Stato e non invece alla seconda, alla Presidente del Senato Casellati?” Il secondo elemento è più recente ed è stato svelato dal Corriere della Sera di domenica: Fico, contattando la dirigenza PD, avrebbe parlato di “assetti”, insomma di caselle ministeriali da assegnare. Davvero cosa decisamente prematura a consultazioni appena iniziate, tanto che i dirigenti Dem avrebbero dichiarato una certa sorpresa. Alla quale Fico avrebbe risposto di aver capito forse male le “istruzioni “ dategli dal Presidente della Repubblica. Sorge il dubbio che le abbia invece capite benissimo.
Passiamo poi ai ragionamenti, domandandoci se e perché la presidenza del consiglio a Fico potrebbe essere la soluzione della crisi. Dal punto di vista del Movimento 5 Stelle, c’è da evitare a tutti i costi una sanguinosa spaccatura. Se è vero che Conte riuniva nella sua persona orgogli, aspirazioni e identità di tutto il Movimento, è anche vero che la minaccia ormai conclamata di un suo futuro “ partito” è una spada di Damocle che pende sulla coesione grillina. Che ormai vi siano due anime, una “movimentista” ( nella quale ancora c’è chi sostiene che l’unica alleanza politica plausibile rimaneva quella con la Lega) e un’altra “governista” ormai accasatasi nel perimetro moderato del centrosinistra, è cosa certa. Qualsiasi cosa accada, si tratterà almeno di limitare i danni e in quest’ottica l’ipotesi di Fico premier perlomeno ridarebbe vigore all’orgoglio, all’identità storica, emarginando i possibili ribelli e riducendoli a un piccolo manipolo, numericamente ininfluente.
Vista da parte del PD l’ipotesi potrebbe essere gradita per almeno tre buoni motivi: la responsabilità di questo esecutivo, dopo il quale potrebbe esserci solo il voto, verrebbe lasciata in mano altrui. Contemporaneamente consentirebbe di ambire come compensazione a ministeri chiave. In terzo luogo renderebbe occupabile la casella della Presidenza della Camera, per la quale starebbe già scaldando i muscoli Dario Franceschini.
Resta il punto di vista più critico, quello di Italia Viva. Qui si sarebbe sul piano della vittoria quasi totale. Vittoria personale di Renzi su Conte, possibile strada aperta del leader di Italia Viva per un ministero di prestigio, forse quello degli Esteri – che a Di Maio verrebbe chiesto di lasciare in virtù della guida grillina del Governo – vittoria nell’influenza politica, ben sostenuta – si dice- da almeno un altro ministero e da almeno tre sottosegratariati.
Cosa manca affinché tutto questo scenario diventi realtà? Forse un’approvazione da Bruxelles, che dipenderebbe proprio da quei famigerati “assetti” che Fico aveva capito di dover affrontare.