Milan-Como si giocherà in Australia… finalmente!
Far giocare Milan - Como a Perth, dall'altra parte del mondo, a febbraio, rappresenta una vera e propria liberazione. E vi spieghiamo il perché.

Far giocare Milan - Como a Perth, dall'altra parte del mondo, a febbraio, rappresenta una vera e propria liberazione. E vi spieghiamo il perché.
Sono felice che Milan – Como, il prossimo febbraio, si giochi a Perth. Lo dico fin da subito, così ci si toglie il dubbio e possiamo proseguire col ragionamento. Anzi, vi dico di più… dovreste esserne felici anche voi. E vediamo se riesco a spiegarvi il perché.
Prima di tutto, viene la sfera personale. Sono felice perché ho un amico, Roberto, che vive proprio a Perth. Si è trasferito in Australia una quindicina di anni fa e ora, finalmente, si può guardare una partita di Serie A a un orario decente, magari pure dal vivo. Ora che ci penso, però, non ricordo nemmeno se Roberto sia milanista o meno. Però da piccoli passavamo interi pomeriggi a giocare a pallone nel cortile del palazzo dove vivevano i miei nonni. La passione non può essere scomparsa.
Un secondo motivo per essere felice è perché, finalmente, ci togliamo un po’ di polvere dalle spalle e la possiamo smettere con la favola del bel calcio di una volta. Immaginate di essere già a febbraio. Esattamente quarant’anni fa si è giocata un’altra Como – Milan, domenica pomeriggio, con le radioline accese per ascoltare gli altri cosa fanno. In un Sinigaglia con più terra che erba, ma strapieno, era finita 1 a 1. Al vantaggio lariano di Stefano Borgonovo aveva risposto Andrea Icardi, con un arcobaleno sotto il sette vicino al novantesimo. Era un Milan diverso, con le geometrie di Wilkins a cercare le capocciate di Hateley. Non vorrete mica tornare indietro.
E poi, siamo onesti, a chi piace giocare a febbraio, a Milano? Me lo ricordo solo io di quando giocatori e allenatori si lamentavano del freddo e dell’umidità di San Siro nei primi mesi dell’anno? Di un terreno di gioco che praticamente non vedeva il sole e col conseguente maggior rischio infortuni? E anche giocare a Monza, nello stesso periodo, magari pure in infrasettimanale… siamo seri, dai.
Quindi ben venga una trasferta al caldo della costa australiana. 13.710 km di distanza da percorrere, andata e ritorno, nell’arco di una settimana. Dieci giorni, stando larghi. Con non so quanti fusi orari di mezzo e passando dalla gelida nebbia meneghina ai possibili 30 gradi dell’Optus Stadium. E ci guadagno pure tra gli 8 e 9 milioni. Ditemi dove firmare.
Ok, magari non è proprio il massimo per garantire delle buone prestazioni sportive. Ma alla fine, per come sono abituati là, è comunque oro che cola. Sì, lo so, qualche big in condizioni non ottimali potrebbe venir risparmiato e godersi qualche giorno di relax. Con buona pace dello spettacolo. Qui mi tocca darvi un po’ ragione, forse a Roberto questo non farebbe esattamente piacere. Ma oh, nella vita ci si può anche accontentare ogni tanto.
Spero davvero, quindi, che gli ultimi ostacoli burocratici vengano superati presto. Se non ho capito male mancano solamente il sì definitivo della FIFA e quello della lega australiana. Che Infantino, dopo aver passato l’estate in posizione “pelle di leone” sul pavimento dello Studio Ovale, possa farsi scappare questo beta test per verificare la fattibilità di una nuova opportunità di business, mi sorprenderebbe non poco. Che lo facciano gli australiani non è nemmeno nei miei pensieri.
Non sarei del tutto onesto con voi, però, se non vi rivelassi che veder approdare la Serie A in Australia è, prima di ogni altra cosa, una grandissima liberazione. Sì, perché non ne potevo più di dover continuamente tenere un basso profilo, abbozzare di fronte a chi critica ogni mossa per portare qualcosa di nuovo e sorbirmi i piagnistei di chi si lamenta per una Supercoppa giocata, a gennaio, nel mezzo del deserto.
Finalmente tutte le carte sono sul tavolo, e non c’è più bisogno di nasconderle. Con buona pace di Rabiot che, ne converrete, può lamentarsi fin che vuole, ma mica lo stiamo mandando a raccogliere il cotone. E poi, parliamoci chiaro, uno che a trent’anni si fa ancora rappresentare dalla mamma procuratrice, cosa può insegnarci?
Per questo ho apprezzato le parole nette di Luigi De Siervo. «Dovrebbe avere rispetto dei soldi che guadagna e assecondare maggiormente quello che è il suo datore di lavoro, cioè il Milan, che ha accettato e spinto perché questa partita si potesse giocare all’estero». Assecondare maggiormente il suo datore di lavoro. Dovrebbero farne un manifesto da appendere in ogni azienda e in ogni ufficio. Il Megadirettore Galattico, Duca Conte Maria Rita Vittorio Balabam, sarebbe d’accordo.
Per una volta, poi, ci stanno spiegando per filo e per segno la strategia per il rilancio del calcio italiano. Perché sinceramente sono anche stufo di dover fare da contrappeso tra gli alfieri del modernismo spinto, che vagheggiano di nuovi stadi ed experience coinvolgenti, e gli ultimi Mohicani del calcio romantico e delle curve come alcove di fedi laiche.
Rimettere mano al giocattolo e ricostruire uno spettacolo in grado di attirare verso l’Italia passione e capitali è un percorso lungo. Guardate quanto ci hanno messo gli inglesi. Io sono molto più pragmatico e so che il cibo va messo nel piatto già stasera. Per cui sì, lo capisco chi decide di prendere quel che c’è e portarlo in giro per il mondo un po’ a caso. Come quegli artisti un po’ incartapecoriti che bazzicano palcoscenici “esotici”, vivendo ancora dei successi del passato. Dite quello che volete, ma questi sono i soldi sicuri.
Sono felice perché, finalmente, siamo stati totalmente onesti con noi stessi e col nostro pubblico. Siamo gli Al Bano e i Pupo del calcio europeo. E non c’è niente di più straordinariamente italiano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA