C’è qualcosa di profondamente attuale nella figura di Scipione Maffei, e non soltanto perché quest’anno Verona lo celebra con l’Anno Maffeiano in occasione dei 350 anni dalla nascita del Marchese Scipione Maffei (Verona, 1675 – 1755). Il marchese sembra appartenere a quella rara schiera di uomini che non si accontentano di contemplare il mondo: vogliono capirlo, raccontarlo, migliorarlo.

A distanza di tre secoli, la sua curiosità continua a parlarci. Non era solo un erudito, ma un veronese che sapeva guardare oltre l’Adige, oltre le mura cittadine, oltre il suo tempo. Amava i libri, le idee, i viaggi e le persone: un intellettuale curioso, convinto che la conoscenza dovesse essere condivisa, non custodita gelosamente.

Sabato 25 ottobre 2025, alle 9.30, nella sala convegni del Palazzo della Gran Guardia a Verona, si terrà l’incontro dal titolo “La sconfitta di una buona causa. Scipione Maffei tra economia, finanza e teologia”, evento inserito nella seconda edizione di RelazionEXPO – Fiera delle Relazioni. Interverranno Luigino Bruni, ordinario di Economia Politica all’Università LUMSA di Roma e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Relazionésimo ETS; Romano Mion, membro del CdA di BCC Veneta; Beatrice Cerrino, docente alla SEC – Scuola di Economia Civile; e Carlo Dellasega, vicepresidente della Fondazione Relazionésimo ETS. Modera Riccardo Milano. L’appuntamento è organizzato in collaborazione con SEC – Scuola di Economia Civile e BCC Veneta, nell’ambito dell’Anno Maffeiano.

Dalle aule dei gesuiti al cuore dell’Europa

Maffei nacque a Verona nel 1675 in una famiglia dell’aristocrazia cittadina. Studiò dai gesuiti a Parma e poi all’Università di Bologna, dove affinò la sua formazione letteraria e filosofica. Ma la vita dietro i banchi non gli bastava: desiderava confrontarsi, dialogare, capire. Tornato a Verona, animò circoli culturali e accademie, dove si discuteva di arte, scienza e teatro.

In quegli anni l’Italia non era ancora unita, ma le idee circolavano con sorprendente libertà. Maffei capì presto che la cultura doveva superare i confini e che il sapere aveva senso solo se diventava bene comune.

Il viaggio e la scoperta dell’Europa

Tra il 1724 e il 1726 partì per un lungo viaggio in Europa. Parigi, Bruxelles, Amsterdam, Vienna: città vivaci, dove incontrò studiosi e pensatori, visitò accademie e biblioteche, respirò un’aria nuova. In Francia, affascinato dalla tragedia classica di Corneille e Racine, scrisse la sua opera più celebre, “La Merope” (1713), che riuscì nell’intento ambizioso di portare il teatro tragico italiano al livello dei modelli francesi. Fu un successo, rappresentato e tradotto anche all’estero: un piccolo miracolo per un autore veronese del Settecento.

Ma il viaggio non fu solo artistico: Maffei scoprì un’Europa che stava cambiando, dove la fede e la ragione non erano nemiche ma compagne di strada. Tornò a Verona arricchito da quell’esperienza, deciso a dare anche alla sua città quello spirito di apertura che aveva respirato oltre confine.

Verona illustrata e un museo per tutti

Fu allora che iniziò la sua grande impresa: raccontare Verona, la sua storia e la sua bellezza. Nacque così la monumentale “Verona illustrata” (1731–1732), una raccolta di ricerche e osservazioni che, pagina dopo pagina, restituiva alla città la consapevolezza di sé.

Ma Maffei non si accontentava della carta stampata. Credeva che la cultura dovesse essere “viva”, visibile, accessibile a chiunque. Tra il 1744 e il 1749 riorganizzò il Museo Lapidario, considerato uno dei primi musei pubblici d’Europa. Non un luogo di prestigio per pochi, ma uno spazio aperto, dove le antiche iscrizioni romane potessero raccontare a tutti la storia del territorio.
Un gesto rivoluzionario per l’epoca: Maffei aveva compreso, molto prima di tanti altri, che la conoscenza è un patrimonio collettivo.

Un cattolico libero e un pensatore moderno

Pur profondamente credente, non fu mai un intellettuale rigido o dogmatico. Nella sua “Scienza cavalleresca” (1710) invitava la nobiltà a riscoprire l’etica e la virtù, non solo i privilegi. Nelle “Lettere filosofiche e morali” (1736) rifletteva sul valore dell’educazione, sul progresso e sulla libertà dell’uomo.

Il suo pensiero lo rese stimato in tutta Europa: tra i suoi interlocutori figuravano teologi, artisti, filosofi e persino Voltaire, che lo definì “uno dei più grandi spiriti d’Italia”.
Per Maffei fede e ragione non erano nemiche, ma due strade convergenti verso la verità.

Il coraggio di un’idea moderna il denaro, tra coscienza e progresso

Nel 1744, Maffei pubblica a Verona un trattato destinato a far discutere: Dell’impiego del denaro, libri tre. Un titolo sobrio, ma dentro quelle pagine si nasconde una vera rivoluzione. In un’epoca in cui la Chiesa vietava qualsiasi forma di interesse sui prestiti, Maffei osa una riflessione nuova, in equilibrio tra fede e ragione. Si domanda se sia davvero giusto condannare chi presta denaro chiedendo un modesto interesse, quando quel gesto, in realtà, può sostenere il commercio, aiutare un artigiano, stimolare la vita economica di una città. Proprio queste tematiche e la questione dell’usura saranno oggetto del dibattito durante il convegno di sabato 25 ottobre in Gran Guardia.

Le idee che espresse Maffei furono contrastate fino al punto che venne esiliato nella sua tenuta di Cavalcaselle per diversi mesi e da lì venne riportato a Verona grazie all’intervento di papa Benedetto XIV.

L’eredità di un veronese senza confini

Negli ultimi anni della sua vita si ritirò nella sua casa di Verona, circondato dai libri e dai reperti che aveva raccolto in una vita di studio. Continuò a scrivere, a osservare, a confrontarsi fino alla fine. Morì nel 1755, lasciando un’eredità fatta non solo di opere e collezioni, ma di un’idea: che la conoscenza debba unire, non dividere.

Oggi, a tre secoli di distanza, Verona gli rende onore per riscoprirne la modernità, perché Maffei, con il suo amore per la cultura e la sua apertura al mondo, sembra parlarci ancora: invita a camminare insieme tra fede e ragione, passato e futuro, memoria e progresso.

E chissà che, passeggiando per le vie di Verona o varcando le porte del Museo Lapidario e del Liceo che portano il suo nome, non si avverta ancora la sua presenza discreta, curiosa, attenta. Quella di un veronese che sapeva guardare lontano e che ci insegna, ancora oggi, che la cultura trova un senso se condivisa e che può rendere il mondo più umano.

Per partecipare al convegno è necessario iscriversi al link https://shop.meccanismi.cloud/25-relazionexpo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA