Oltre 40 persone migranti proveniente dall’area subsahariana sono morte annegando in mare. L’imbarcazione di fortuna sembra sia partita da Salakta, una piccola cittadina sulla costa tunisina che guarda ad ovest, verso la Grecia, probabilmente diretta in Sicilia.  

Tra le quaranta vittime sembrano ci siano anche alcuni neonati e diversi bambini. Questo è quanto riportato dalle 30 persone sopravvissute e soccorse a largo di Mahdia. Ma le informazioni sono ancora poche e frammentate. I sopravvissuti sono apparsi notevolmente sconvolti per l’accaduto e nell’aver visto amici, compagni di viaggio, in alcuni casi familiari, morire annegati in mare.

Dalle poche informazioni trasmesse, sembra che l’imbarcazione fosse estremamente piccola, instabile e non idonea per attraversare il mediterraneo verso l’Europa. Sarà molto complicato avere altre informazioni in quanto il salvataggio è stato effettuato dalla Garde Nationale, un corpo militare tunisino che fa affari illeciti con le milizie libiche. La Garda Nationale arresta senza motivo i migranti subsahariani per poi venderli ai libici per un prezzo che varia da 12 ai 90 euro. Una vera e propria tratta di essere umani.

Ed è per questo motivo che molte persone, tra cui le 40 morte del naufragio di mercoledì, preferiscono scappare in mare con imbarcazioni di fortuna, piuttosto che rischiare di finire vittima della tratta e nei lager libici.

Le colpe dell’Italia e dell’Europa in questo naufragio

Il sistema di accoglienza europeo è completamente destrutturato, spesso frammentato, nelle procedure, all’interno dei vari paesi europeo, anzi, se non assente.

L’obiettivo delle politiche messe in atto dalle istituzioni europee non è quello di rendere il flusso migratorio più sicuro, ma esattamente il contrario. Vengono attuate politiche volte ad impedire, senza riuscirci, le partenze di migranti dalle coste africane, verso l’Europa. Politiche che vorrebbero bloccare un processo inarrestabile, quello migratorio, per via delle condizioni economiche, sociali, economiche e climatiche in cui si ritrovano molti Paesi africani e non solo.

Politiche effettuate tramite accordi, definiti Memorandum, tra l’Italia e l’Europa, con i Paesi africani e mediorientali, affacciati sul Mediterraneo.

Accordi che prevedono un notevole contributo economico da parte dei Paesi Europei che richiedono di efficientare il controllo delle coste e impedire che da queste coste partano migranti diretti in Europa. Contributi per costruire e mantenere in piedi un sistema carcerario in cui vengono detenuti i migranti. Carceri che in più dossier, effettuati da ONG e associazioni, vengono definiti lager dove vengono effettuate violenze, torture e sistematiche violazione dei diritti umani.

Violenze di cui i governanti europei sono pianamente consapevoli ma che volutamente ignorano. Accordi che vengono firmati con sempre più Paesi, l’ultimo del 2023 proprio con la Tunisia, nonostante si stiano rilevando, oltre che disumani, anche fallimentari.

I numeri dei morti

Dal 2017 in poi, anno in cui è stato firmato il primo accordo tra la Libia e l’Italia con all’epoca capo del Governo Gentiloni, sono oltre 20 mila le persone morte nel mediterraneo. Un numero sempre costante, ad eccezione del 2020 che per via del Covid vi è stato minore movimento anche di migranti. Un numero di morti che non tende a scendere, anzi, il 2023 è stato l’anno con il numero più alto di morti e dispersi in mare, ben 3.155 tra cui i 94 morti della tragedia di Cutro.

Tornando alla Tunisia, Paese in cui è avvenuta l’ultima tragedia di migranti morti in mare, l’altro ieri. Anche qui esiste un Memorandum tra Italia e Tunisia, stipulato nel 2023. Anche in questo caso l’accordo prevede un contributo economico di 105 milioni di euro per la gestione delle frontiere che l’Unione europea sta versato al Paese nord africano. Lo scopo è  il medesimo: effettuare controlli delle coste per impedire le partenze dei migranti verso l’Europa. Questo accordo è stato ritenuto necessario dall’Europa dato che dalla Tunisia è il Paese da cui arrivano più migranti in Italia.

Un accordo improprio fatto con un Paese, la Tunisia, non ritenuto sicuro per i migranti data la tratta di essere umani con la Libia, in cui è coinvolta anche Garde Nationale. Tutto questo è documentato da un team di ricercatori internazionali e da ONG che operano nella regione.

Il rinnovo del Memorandum con la Libia

Numeri e dossier che raccontano che la politica dei memorandum, così come sono impostati, non fanno altro che alimentare le tragedie in mare. Nonostante queste tragedie, nonostante i dossier in cui vengono documentati le torture e le continua violazioni dei diritti umani, proprio in queste settimane si sta  parlando del rinnovo, per altri tre anni, del memorandum con la Libia.

Un rinnovo dato per certo e che alla Camera è già passato con 153 voti a favore, 112 contrari e 9 astensioni. Bocciate invece le mozioni presentate dalle opposizioni, che chiedevano di interrompere il rinnovo del Memorandum e di rivedere gli accordi.

Dal 2017 a oggi il Memorandum con la Libia è sempre stato rinnovato senza modifiche.

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