Nel 2008 le serrande del Cinema Ciak, ex Embassy, si sono abbassate definitivamente. L’ultima sala cinematografica del quartiere di Veronetta, situata in una galleria a circa metà di via XX settembre, ha seguito il triste destino di tante altre realtà simili (almeno sei schermi) che un tempo animavano la zona. Ma come il cinema ha saputo trasformarsi e adeguarsi ai tempi moderni, anche il Ciak – ora Ri-Ciak – è pronto a ripartire grazie all’idea folle e visionaria di un gruppo di cittadini del quartiere.

Tramite l’impresa sociale ViveVisioni e al duro e costante lavoro di molti soci (ora più di 700), il progetto di riaprire un cinema, in un’epoca dove i cinema vengono chiusi, da utopia è diventato realtà. Ne abbiamo parlato con la presidente di ViveVisioni Jaja Chiara Zambelli e Franca Rizzi, socia fondatrice di ViveVisioni.

Innanzitutto facciamo il punto della situazione Ri-Ciak: che cosa si propone di fare questo progetto e concretamente a che stato si trova?

Jaja: «L’associazione ViveVisioni è un’impresa sociale e noi abbiamo questo progetto meraviglioso che è il progetto Ri-Ciak. Un progetto che ha l’obiettivo di riaprire la sala cinematografica chiusa dal 2008. Quello che ci siamo promessi, con questa impresa di comunità, è di dare a più persone possibili la possibilità di essere partecipi. Non parlo perciò a nome personale, ma corale, e infatti lo slogan è “Cinema di comunità”. Queste non sono parole messe a caso e i più di 700 soci sono un po’ il risultato che lo testimoniano. Anche perché l’idea di Ri-Ciack non è solo quella del cinema in senso classico, ma quella di polo di aggregazione culturale dove si potranno tenere dibattiti, mostre oltre che un servizio puramente commerciale come bere il caffè, mangiare il pop corn».

Uno sguardo al progetto

Franca: «Oltre che al prodotto finale per noi è importante il processo. Un processo nato in modo molto spontaneo da una serie di riunioni di alcuni cittadini che hanno pensato di mettersi in gioco. Parlo quindi di un processo che è nato dal basso e continua a essere partecipato attraverso una serie di reti sociali che continua a crescere. Il carattere è comunitario, senza l’obiettivo del lucro finalizzato alla competizione con altre realtà. Per noi è importante la dimensione partecipativa del progetto. Certo, dovremo sopravvivere, ma questa è anche una cosa bella perché creerà posti di lavoro. L’anomalia positiva risiede in un aspetto: un bene privato noi lo rendiamo pubblico».

Il cartellone di Still Life di Jia Zhang-ke uno degli ultimi capolavori proiettati al cinema Ciak

J: «Al momento siamo quasi alla fine della raccolta fondi per l’acquisizione del cinema, che formalmente è nostro, manca l’ultima rata. Supponiamo che a maggio 2026 avremo concluso tutti i pagamenti e sarà anche l’occasione per festeggiare e, perché no, iniziare a usare gli spazi del Ri-Ciak. Anche perché le attività che stiamo conducendo oggi per sensibilizzare il pubblico alla nostra realtà sono tutte di natura itinerante. Nonostante ciò, molti nostri partner ci hanno chiesto la presenza continuativa nei loro spazi per la tipologia di proiezioni che proponiamo. Anche qua c’è una natura comunitaria alla base, con dibattiti con le persone che vengono a vedere il film e, magari, con un’offerta ci sostengono. A noi interessa coinvolgere le persone e, questo è uno dei motivi, siamo sempre alla ricerca di volontari che abbiano voglia di mettersi in gioco, con idee, promozioni, passaparola e quant’altro. Darci una mano a vicenda».

F: «Ci tengo a dirlo, che ormai giovane non lo sono più (ride ndr), noi abbiamo nelle nostre finalità dare uno sguardo apertissimo alle nuove generazioni. Il cinema sarà anche l’occasione per dare spazio a produzioni indipendenti, che magari faticano a trovare spazio in altre realtà. L’obiettivo è sempre quello di riportare spettatori al cinema. Ci sono stati degli appelli mesi fa da parte da parte dei lavoratori del mondo dello spettacolo che vanno proprio in questa direzione. Un modo per superare questo senso di individualismo».

A questo proposito, data anche la vicinanza logistica, qual è il vostro rapporto con l’Università di Verona?

F: «Noi fin da subito abbiamo avuto la necessità di avere un rapporto diretto con l’Università, data la vicinanza dei luoghi. Abbiamo firmato una convenzione che è durata quattro anni e che è stata rinnovata per altri quattro. Quando il cinema sarà ristrutturato parte della gestione sarà con l’Università perché l’accademia ha bisogno di un cinema anche per i corsi di insegnamento che ci sono nei vari dipartimenti. Il contesto urbanistico è inoltre molto importante: lungo Via XX settembre ci sarà il cinema, il teatro Camploy, il palazzo Bocca Trezza e l’Università. Si verrà a creare un contesto culturale ragguardevole».

Si percepisce la potenzialità enorme del progetto, anche in vista di una riqualificazione sociale della zona. Come dialogate con l’attuale amministrazione comunale?

J: «Il consiglio comunale, attraverso una visita diretta al nostro cinema, ha approvato una mozione per stimolare la richiesta di aprire vecchi bandi ministeriali per la ristrutturazione. E la mozione è stata approvata all’unanimità. C’è quindi grande attenzione anche da parte dell’amministrazione».

“L’obiettivo è trasformare lo spazio Ri-Ciak in un luogo di aggregazione socialità svago e cultura per tutta la comunità. (…) Contestualmente l’associazione è molto attiva nel contesto cittadino con attività culturali per diffondere capillarmente la bellezza dell’arte cinematografica anche in convenzione con la vicina università. L’importanza di questo progetto risulta ancora più preziosa se considerato il contesto in cui si colloca l’ex cinema Ciak, ovvero il quartiere di Veronetta. La riqualificazione e attivazione del cinema diventa un elemento fondamentale per rigenerare tutta la zona (…) A supportare l’associazione ViveVisioni nella ricerca di altre iniziative di bandi per finanziamenti pubblici e privati ed eventualmente supportare la partecipazione tramite concessioni e partenariati.”

Stralcio tratto dalla mozione

J: «Una mozione passata con il 100% di voti favorevoli. Un coronamento di tanti anni di discussioni».

F: «E finalmente possiamo partecipare ai bandi che prevedono la ristrutturazione perché altrimenti tanti altri fondi, ad esempio del PNRR, sono rivolti a chi la sala cinematografica già la possiede».

Jaja Chiara Zambelli e Franca Rizzi

Anche perché i lavori da fare per mettere a norma il cinema saranno molti, oltre che costosi…

J: «Il bando che appena uscito è rivolto invece proprio alle nostre necessità finalizzato ad abbattere le varie barriere architettoniche a cui noi avevamo già pensato proprio per la natura comunitaria del progetto”.

F: «Ovviamente il bando è un co-finanziamento e coprirà circa il 60% delle spese, le restanti andrà cercata. Però quando il progetto parte concretamente ci sarà dell’entusiasmo palpabile».

J: «Ci tengo anche a dire che, al di là, di questo non è scontato esser stati capaci di collaborare tra generazioni diverse verso un obiettivo comune. Tanti soci non sono così giovanissimi e magari il cinema aprirà quando alcuni di loro non ci saranno più, ma continuano a far crescere il progetto perché è giusto farlo. La responsabilità che ho, in quanto presidente, è molta e prima di prendere una decisione ne parliamo moltissimo tra di noi. E stiamo riscontrando molto mutuo soccorso, ribadendo l’importanza delle relazioni e di connessioni impensate. Prima, ad esempio, ci prestavano lo schermo. Adesso lo abbiamo comprato e parte della raccolta fondi serve proprio a questo. Ogni volta che facciamo un’attività è un modo per aumentare la nostra rete. Proprio perché Ri-Ciak richiede uno sforzo personale importante in termini di tempo siamo aperti costantemente a nuovi ingressi nella nostra realtà».

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