«Volevo far conoscere l’esperienza di personaggi straordinari che la storia ha dimenticato». Con questa affermazione la scrittrice Alexandra Lapierre ha esordito alla presentazione del suo ultimo libro, Belle Greene (edizioni e/o, 2021) intervistata da Giorgio Gizzi, della libreria Arcadia di Rovereto, lo scorso 23 febbraio.

Alexandra Lapierre non è nuova nel narrare le vicende di donne sorprendenti ma dimenticate dalla storia. Figlia del celebre scrittore e filantropo Dominque, autore celeberrimo de La città della gioia, negli anni ha dato alle stampe ArtemisiaLe AngelicheLa Regina dei mariLa dissoluta e Tutto per l’onore.

La copertina di Belle Greene, ultimo libro di Alexandra Lapierre, pubblicato nel 2021 da edizioni e/o

Grazie alla sua scrittura oltre ad essere tradotta in venti Paesi è stata anche nominata Cavaliere dell’Ordine delle arti e delle lettere dal ministero della Cultura francese.

L’interesse per il soggetto del suo ultimo romanzo ha origini lontane: durante una delle sue ricerche sulla vita di Fanny Stevenson (cui dedica un romanzo pubblicato nel 1995) al Morgan Library Museum di New York, l’autrice scopre la figura di Belle Greene (1879 – 1950) che ricoprì il ruolo di direttrice della biblioteca per quarantatre anni.

Belle contribuì enormemente alla composizione della collezione libraria e all’acquisizione delle opere d’arte, collaborando con il fondatore, il banchiere John Pierpoint Morgan.

Un lavoro di archivio

Erudita, elegante, disinvolta, con il vezzo di mentire sull’età, Belle da Costa Greene, nome che si era inventata, attraversò la prima metà del Novecento celando un segreto che non svelò neppure a Bernard Berenson, il celebre storico dell’arte rinascimentale cui fu legata per decenni.

La costruzione del libro è stata frutto di una ricerca approfondita negli archivi di quanti conobbero ed ebbero rapporti di lavoro o di amicizia con Belle. Non c’erano altre fonti disponibili, perché Belle distrusse tutte le lettere che aveva ricevuto, forse per assicurarsi che non venisse mai a galla la verità sulla sua vita. Il lavoro di ricerca di Lapierre è durato tre anni, ma leggere le lettere di Belle è servito, a suo parere, a «sentire proprio la sua voce e restituirla nei dialoghi del libro».

Il segreto nelle proprie origini

Ma di quale segreto si trattava? Belle aveva origini afroamericane e, secondo le leggi del tempo, non avrebbe potuto svolgere un lavoro di prestigio tra i bianchi, frequentare le loro case e intrattenere rapporti di amicizia con loro.

Il riconoscimento dei diritti civili ai neri avvenne subito dopo la guerra di Secessione, ma già nel 1877, negli stati del Sud, e progressivamente negli altri, vennero approvate leggi che ristabilirono la segregazione e lo sfruttamento della popolazione di origine afroamericana, anche nel caso in cui, nel succedersi delle generazioni, avessero acquisito un altro colore della pelle e tratti somatici simili ai bianchi.

Alexandra Lapierre durante la presentazione del libro Belle Greene alla libreria Arcadia di Rovereto, foto Laura Bertolotti.

Di fatto lo stupro delle donne schiave era invalso e non perseguito dalla legge, accettato sia per il piacere del “padrone” sia per accrescere il numero della popolazione assoggettata. Quella pratica portò a un diffuso meticciato e qui si inserisce la storia di Belle.

La regola dell’unica goccia di sangue

Lapierre ha ricordato la “regola dell’unica goccia di sangue” (One drop rule) che bastava per determinare chi fosse black, «anche se era troppo bianco per i neri e troppo nero per i bianchi». Tuttavia alcuni decisero di passare la cosiddetta “linea del colore”, fingendosi bianchi.

Quel fenomeno andò sotto il nome di the passing, perseguito severamente negli stati del Nord e punito anche con la morte in quelli del Sud, fino all’approvazione del Civil Right Act, nel 1964.

Coloro che decidevano per il passing dovevano tagliare completamente tutti i fili che li legavano alla loro comunità, rinunciando ad avere qualsiasi rapporto con parenti e amici, trasferirsi altrove, pena la possibilità di essere scoperti. In cambio potevano accedere a una diversa e più completa istruzione e vedersi schiudere opportunità di lavoro in qualunque ambito.

É la storia di Belle che, insieme alla madre e ai fratelli, compì coraggiosamente tale passo e diventò una personaggia molto in vista nella società del tempo, una viaggiatrice, amica di politici, corteggiata da uomini ricchissimi che la desideravano come moglie e che lei puntualmente respingeva. Infatti, la maternità e la nascita di un figlio, con un diverso colore della pelle, avrebbe potuto svelare le sue origini e far crollare il castello che aveva accuratamente costruito.

Una donna moderna e complessa

Un ritratto di Belle da Costa Greene del 1914.

Il libro si apre con una lettera indirizzata a Belle: in essa, l’unico nipote, da lei amato come un figlio, scopre di avere radici afroamericane attraverso le ciniche parole della fidanzata.

Per lo shock della scoperta il giovane si toglie la vita, tuttavia la lettera non arriva a conoscenza della zia, ma la sua morte le causa un grave dolore e forse ne anticipa la fine.

Accanto all’accurata traduzione di Alberto Bracci Testasecca, il volume si correda di una ricca documentazione bibliografica, impreziosito da alcune fotografie che ritraggono Belle da Costa Greene.

Oltre a narrarne le vicende, Alexandra Lapierre, che da anni vive tra Francia e Italia, ha sottolineato più volte la modernità dI Belle, la sua incredibile vitalità e curiosità e quanto entusiasmante per lei sia stato incontrarla.

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