Dopo una primavera all’insegna della pioggia e del sole timido, l’estate sembra finalmente alle porte, promettendo giornate lunghe e calde che invoglieranno molti a frequentare le nostre montagne. Negli ultimi anni, però, abbiamo assistito a una sorta di “assalto” alle Terre Alte, che non sempre si è tradotto in benefici per il territorio e i suoi abitanti. Per fare il punto della situazione, abbiamo incontrato Federica Mirandola, imprenditrice e presidente della sezione CAI di Tregnago, intitolata al grande alpinista Ettore Castiglioni. La nostra chiacchierata si è soffermata su numerosi temi, con particolare attenzione al futuro della montagna veronese e, nello specifico, della Val Fraselle.

Presidente Mirandola, quali sono i punti di contatto, se ci sono, tra la gestione di una sezione CAI e quella di un’azienda?

Federica Mirandola

«Nella gestione della sezione CAI di Tregnago mi sono rispecchiata molto nella mia esperienza aziendale. Vista anche la complessità gestionale raggiunta dalle sezioni del Club Alpino Italiano, credo che la mia impostazione mentale, quella tipica dell’ambito aziendale, possa essere utile anche nella gestione di una sezione CAI. Siamo tutti volontari, ma ci viene richiesta una gestione burocratica e amministrativa professionale. Negli anni, poi, sono aumentate la burocrazia e le responsabilità. Andare in natura, affidandosi alla scoperta della bellezza, affrontando pure l’imprevisto, nello spirito del CAI delle origini, non è più possibile. Ora noi continuiamo ad assolvere il compito di accompagnare le persone a esplorare il territorio e la bellezza delle montagne, ma questo deve essere fatto con garanzie e margini di sicurezza che rendano minima l’imprevedibilità degli accadimenti. Diciamo che il mantra di base deve essere “sicurezza, sicurezza, sicurezza”. Noi accompagniamo anche bambini e talvolta persone con disabilità motoria e, a tale proposito, ci siamo dotati di una joelette. Non possiamo quindi improvvisare o mettere a rischio l’incolumità delle persone che ci sono state affidate. Servono dunque assicurazioni e accompagnatori addestrati a gestire gruppi, cose che solo una trentina di anni fa erano impensabili.»

Come sono cambiati, in questi ultimi anni, i frequentatori della montagna?

«Negli ultimi anni c’è stato un enorme boom nella frequentazione della montagna, a partire dal dopo COVID. Da un lato questo è un bene: il fatto che le persone abbiano scoperto la montagna e l’ambiente è di per sé un dato positivo. Spesso, però, il positivo si ferma qui. Moltissimi degli “ultimi arrivati” in montagna sono degli autodidatti che non conoscono il territorio e improvvisano percorsi o sentieri, privi delle conoscenze minime e dell’attrezzatura di base essenziale per affrontare terreni e variabilità meteorologiche, quasi sempre trascurate o minimizzate. Chi invece frequenta le nostre sezioni e partecipa alle nostre escursioni ha già nel DNA un certo tipo di preparazione. Qualsiasi escursione, anche la più semplice e banale, richiede informazione e preparazione.»

Camminare e ricercare bellezza è spesso sinonimo di fatica. Quanta voglia c’è di cercare bellezza e di sottoporsi alla fatica necessaria per poterla ammirare?

«Bellezza e fatica è un binomio che prevede un approccio culturale. Per andare in montagna bisogna essere preparati. Non si tratta di un centro commerciale e quindi un luogo votato al consumo, ma un territorio da rispettare e ammirare senza danneggiarlo. Non è facile fare cultura di montagna, poiché la montagna andrebbe prima di tutto vissuta. Per raggiungere più persone possibili anche noi ci siamo aperti ai social. Non dobbiamo denigrarli, ma anche noi adeguarci e utilizzare, per le nostre finalità, quella che è una trasformazione della società. Sui social passa molta comunicazione, specie quella veloce e superficiale, e noi dobbiamo saperla intercettare per renderla maggiormente efficace e costruttiva.»

La targa dedicata a Ettore Castiglioni, posta di fronte al Municipio di Tregnago

Ci descrive la Sezione “Ettore Castiglioni” di Tregnago?

«Sono stata affascinata da questa sezione circa una dozzina di anni fa. Ancora adesso, ritrovo al suo interno persone conosciute in quegli anni. È una sorta di affetto che continua. Credo che in questa sezione il fattore umano rappresenti ancora un grande valore. Questa sezione è formata da persone con cui puoi dialogare e che ti trasmettono storie, competenze, voglia di lavorare e costruire sempre nella direzione intrapresa ventisei anni fa al momento della fondazione. Credo che ciò che anima questa sezione sia un amore viscerale che porta le persone, i componenti del direttivo, i singoli soci impegnati nella gestione della sezione, a continuare la nostra storia di amore per la montagna, il suo territorio, la sua gente e il suo ambiente. Siamo un bel mix di persone nuove e vecchie il cui confronto alimenta positivamente la nostra storia. L’anno scorso ricorreva l’ottantesimo anniversario della morte del grande alpinista Ettore Castiglioni e il venticinquesimo anno dalla nascita della nostra sezione a lui intitolata. In quell’occasione sono stata felicissima di festeggiare le persone, i soci che ci hanno permesso di diventare ciò che siamo ora. Per quello che mi riguarda anch’io lascerò un piccolo segno del mio passaggio; il sassolino che porterò sarà parte di quel grande mucchio di sassi e rocce che formano il nostro zoccolo duro di partenza.»

Un momento della commemorazione per gli 80 anni dalla morte di Ettore Castiglioni.
La presidente, Federica Mirandola, è sulla destra.

Il CAI di Tregnago ha in gestione Malga Fraselle di Sotto. Nei fine settimana estivi i vostri volontari e volontarie tengono aperta la malga che così funge da punto di appoggio e accoglienza per gli escursionisti. Nel 2023 Veneto Agricoltura ha portato a termine il recupero di Malga Fraselle di Sopra, circa 160 metri più in alto. L’anno scorso la malga è stata assegnata a un gestore privato tramite bando pubblico. Ora si parla sempre più concretamente di una nuova strada, anzi di un raccordo stradale, tra malga Fraselle di Sotto e di Sopra. Questo farebbe ipotizzare un utilizzo della malga diverso da quello finora raccontato. Costruire una nuova strada dove, in teoria non si potrebbe, e a rigor di logica non si dovrebbe, non significa alzare ancora una volta l’asticella… ma con quale idea di montagna futura?

«Percorrendo i sentieri di montagna ci siamo resi conto che la frequentazione di questi luoghi, per come la intendiamo noi, negli ultimi anni è cambiata molto. Noi apprezziamo maggiormente i piccoli gruppi, quelli di una quindicina di persone, perché questa dimensione permette di assaporare meglio il luogo in cui ci si trova a camminare. Quando le nostre volontarie e i nostri volontari rientrano dall’aver trascorso il fine settimana in malga, ci raccontano di aver respirato, assaporato il silenzio, osservato animali e contemplato le stelle. Questi racconti rappresentano quella che è, per noi, l’essenza di Malga Fraselle di Sotto. Magari durante la giornata, dalla malga passa una famigliola, qualche escursionista col cane, persone che si fermano a rinfrescarsi, chiedere informazioni, bere un caffè oppure ripararsi da un temporale… ecco, passare da questa visione romantica e sentire parlare della costruzione di una strada e della ristrutturazione di un edificio con un futuro probabilmente più “commerciale”, si scontra con l’idea di quanto, come sezione CAI, abbiamo costruito in tutti questi anni. Faccio fatica a pensare che questo territorio possa trasformarsi in qualcosa di altro. Fino ad oggi l’alta Val Fraselle è stato un luogo fantastico, immerso nella natura dove fiori, piante e animali selvatici la fanno da padroni. Diciamo che noi siamo un po’ “spaventati” da tutte queste ipotesi di cambiamento.»

Chi ha vinto il bando di assegnazione di Malga Fraselle di Sopra, già gestisce una realtà commerciale nel comune di Selva di Progno. Difficile immaginare che questo privato possa prendere in gestione un bene pubblico a scopo benefico.

«L’atteggiamento di una sezione CAI verso la montagna è sicuramente diverso da quello di un privato. Ora come ora è ancora presto per dare una valutazione. Certo è che solo l’idea di costruire una strada, per quanto sia strada forestale, va a cambiare e deturpare irreparabilmente un luogo e l’equilibrio mantenuto finora.»

Malga Fraselle di Sotto

Se la soluzione fosse davvero quella dell’ipotesi peggiore con un piccolo rifugio in alta quota, raggiunto da una strada forestale, quale sarebbe la posizione del CAI di Tregnago?

«Diciamo che non sarebbe quello che finora noi abbiamo cercato di portare avanti e di mantenere. Anche noi avremmo potuto partecipare al bando e invece abbiamo preferito continuare a occuparci e a mantenere la “nostra” malga nel modo migliore possibile. Verso la montagna noi abbiamo un approccio culturale, non commerciale.»

Da una nuova strada in alta Val Fraselle a una ciclopista di 168 km che attraverserebbe tutto il Parco Naturale Regionale della Lessinia. Cosa pensa di questo ulteriore progetto?

«Il Parco deve rimanere Parco. Se vogliamo trasformare tutto, immobili e territorio, con finalità commerciali, allora non ha più senso parlare o realizzare Parchi. Siamo noi ad aver bisogno della Terra, non il contrario. È nostra responsabilità lasciare qualcosa di bello a chi viene dopo di noi. Se, invece, vogliamo fare di tutto e di più perché tutto sia usufruibile e riconducibile a business, allora casca tutto il palco. Pensiamo forse che modificare o deturpare l’ambiente sia una buona cosa?»

C’è chi dice che per risolvere il problema dell’abbandono della montagna sia necessario fare interventi strutturali.

«Le Terre Alte sono state abbandonate anche perché mancavano e continuano a mancare i servizi essenziali per la vita di una comunità. Prova a vivere in un posto dove non esiste nulla. Asili, scuole, negozi di alimentari, Poste, farmacie, uffici…. Proviamo solo a pensare, per un momento, di dover accompagnare a scuola un figlio partendo da una contrada non servita da autobus o pulmini di linea… tutti i giorni, due volte al giorno, in un territorio complicato come quello montano. Con le famiglie patriarcali di una volta si poteva in qualche modo supplire, ma con la struttura delle famiglie del 2025 tutto questo è praticamente impossibile. I supermercati giù in valle hanno fatto scomparire quasi ovunque i piccoli negozi dei paesini e questo è un problema oggettivo di non poco conto. Non credo che realizzando una ciclabile si risolvano questi problemi. Per “costruire” progetti in montagna occorre utilizzare molta testa. È inutile fare isole scollegate, ma elaborare un progetto con una visione complessiva. Bisogna ragionare con uno sguardo largo, avendo sempre al centro la cura per la montagna e per le persone che la vivono. Provo a riportare tutto questo ragionamento al mio lavoro. Da azienda ti puoi inserire in un determinato territorio solo dopo un accurato lavoro di studio e preparazione. Non si possono seguire impulsi personali o improvvisazioni. Tutto deve avere un senso e un equilibrio.»

Per quanto riguarda il futuro lei è più pessimista o ottimista?

«Personalmente sono propensa a nutrire speranze perché col pessimismo non si vive né si lavora e da soli non si vive da nessuna parte.»

Foto da Unsplash di Ales Krivec




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